Formazione in Neurochirurgia, bilancio positivo quello del Neuromed nell’ambito dell’addestramento internazionale dei Neurochirurghi
Sono state davvero numerose le attività di alta formazione promosse dal Centro di Medicina Necroscopica ‘Giampaolo Cantore’ dell’I.R.C.C.S. Neuromed che chiude l’anno in attivo sia dal punto di vista di presenze anche internazionali, sia in fatto di avanzamenti chirurgici nel trattamento multidisciplinare nello studio delle patologie che colpiscono il sistema nervoso centrale e periferico.
Il Centro in questi mesi ha accolto numerosi specialisti da tutto il mondo, Stati Uniti, Francia, Canada, Germania, Spagna, Svizzera e Asia per confrontarsi sulle ultime tecniche di intervento e per addestrare coloro che si affacciano a questa professione. L’ultimo in ordine di tempo è stato il corso promosso la settimana scorsa ‘Microsurgical Course – Dissection Techniques and Vascular Microanastomosis’ nell’ambito del trattamento degli aneurismi e delle patologie vascolari del cervello. Oltre alla parte teorica, di discussione dei casi clinici, i neurochirurghi hanno avuto la possibilità di fare pratica su modelli di placenta raccolti grazie alla collaborazione con l’Istituto Clinico Mediterraneo di Agropoli.
I corsi sono organizzati dai Neurochirurghi Neuromed Michelangelo De Angelis, Paolo di Russo, Arianna Fava e Nicola Gorgoglione.
“Ci troviamo alla conclusione del semestre delle attività del CadaverLab – commenta il professor Vincenzo Esposito, a capo della Neurochirurgia II del Neuromed – Siamo molto soddisfatti del successo che questo progetto ha riscosso in così poco tempo. Abbiamo avuto la possibilità di organizzare numerosi corsi rivolti ai giovani, con una grande partecipazione di iscritti e relatori, tra cui neurochirurghi famosi anche dall’estero. Quest’attività non è solo l’occasione per diffondere l’apprendimento in neurochirurgia ma anche per far conoscere la nostra realtà, nata in una situazione decentrata rispetto alle grandi città ma ormai molto conosciuta sia in Italia che all’estero. Possiamo definirci un ‘club’ – continua Esposito – per il clima rilassato che si vive qui e l’abbondanza di discussione scientifica. La formula che abbiamo adottato sta funzionando molto bene e ha attirato anche altre specialità in questo laboratorio, come l’odontoiatria e la chirurgia plastica.
Tutto questo non sarebbe stato possibile senza il duro lavoro dei giovani neurochirurghi coinvolti nell’organizzazione, del personale tecnico, dell’ingegneria biomedica e dei nostri infermieri. Questo è un messaggio importante: quando si lavora in gruppo e in un ambiente sereno, i risultati arrivano.
Siamo stati inoltre colpiti dalla qualità degli studenti stranieri che sono venuti a seguire i nostri corsi. Sono stati tutti molto impressionati dalla dedizione e dall’attenzione data. Stiamo anche cercando di aprire il CadaverLab a specialisti esterni e a partire dal mese di luglio avremo il primo fellow, un giovane specializzato che viene da Verona, che seguirà le attività del laboratorio. Questa nuova attività all’interno del CadaverLab è stata finanziata dalla Fondazione Asino”.
Nel corso dell’ultimo appuntamento di Pozzilli approfondite tecniche sofisticate e tecnologicamente avanzate che permettono allo specialista di trattare anche patologie vascolari rare e insidiose per il cervello.
“In neurochirurgia le microanastomosi nervose sono di importanza fondamentale, in particolare nei casi in cui i nervi sono stati danneggiati e necessitano di riparazione. – ha detto il professor Stefano Ferrarresi, Ospedali Riuniti di Bergamo – Queste tecniche, le uniche capaci di restaurare funzioni altrimenti perdute a seguito di traumi, si sono evolute notevolmente nel corso degli anni. Formare i giovani a queste tecniche presenta le sue sfide. Una è la difficoltà manuale di eseguire microsuture al microscopio ma con la pratica questa abilità si può sviluppare. L’altro ostacolo è la comprensione anatomica e la consapevolezza dei risultati delle varie tecniche, per fare la scelta giusta di trattamento. Questa conoscenza si acquisisce solo dopo 10-15 anni di esperienza pratica, studiando i risultati dei propri interventi. La presenza di un laboratorio come questo rappresenta un viatico per garantire che il lavoro possa continuare senza interruzioni. Inoltre, potrebbe servire come trampolino di lancio per formare le future generazioni di neurochirurghi”.
“Sono qui per parlare del bypass in neurochirurgia, una tecnica sofisticata e complessa – ha detto il professor Francesco Acerbi dell’Istituto Neurologico ‘Carlo Besta’ – e sono convinto che possiamo migliorarla ulteriormente con l’impiego di nuove tecnologie in sala operatoria, come la videoangiografia intraoperatoria e le tecniche mini-invasive. Il bypass ha ancora un ruolo da giocare nella neurochirurgia moderna. Mi preme sottolineare l’importanza della formazione per i giovani che si avvicinano a questa disciplina. Apprendere il bypass è un percorso complesso che richiede un’ampia conoscenza delle tecniche di base per le microanastomosi, la tecnica chirurgica che utilizziamo per queste procedure. Corsi come quello organizzato da Neuromed sono fondamentali per acquisire queste competenze. In merito alla questione della manualità rispetto all’arrivo delle nuove tecnologie in neurochirurgia, è un tema su cui rifletto spesso. Sebbene il futuro possa portare un maggiore utilizzo della chirurgia robotica, ritengo che la competenza manuale del chirurgo resterà sempre centrale. La macchina sarà sempre guidata dalla mente e dalla mano del chirurgo. Ecco perché è fondamentale continuare a sviluppare queste abilità. Infine, vorrei condividere le mie impressioni sulla mia prima visita al laboratorio di Neuromed. Sono rimasto molto colpito. Questo è uno dei laboratori più avanzati in Italia”.
Il corso ha affrontato anche temi più specifici e rari, come la malattia Moyamoya. “È una rara condizione che comporta il progressivo blocco delle arterie del cervello – spiega infine il professor Andrea Lanterna, degli Ospedali Riuniti di Bergamo – Il rischio è di ictus, emorragie cerebrali o ischemia causate dall’occlusione delle arterie. Può colpire soggetti di tutte le età, dai bambini di sei mesi ai giovani adulti. L’unico modo per trattare questa patologia è far arrivare il sangue al cervello attraverso altre vie, creando dei bypass con tecniche microchirurgiche. Queste tecniche si sono dimostrate molto efficaci nella prevenzione dell’ischemia e abbastanza efficaci nel prevenire le emorragie. Anche se è una patologia rara, più comune in Giappone, non è impossibile trovarla in Italia. In questi casi la chirurgia presenta una tecnica abbastanza particolare, di nicchia, molto utile non solo per la Moyamoya ma anche per altre patologie, come i complessi occlusivi o le occlusioni ateromatose delle arterie. Imparare questa tecnica può essere complesso, soprattutto a causa della rarità delle indicazioni. Tuttavia, se si opera in un centro di riferimento, la procedura diventa più familiare. L’apprendimento in laboratorio, come quello qui al Neuromed, facilita moltissimo questo processo e rappresenta il punto di partenza per iniziare a eseguire questo tipo di intervento sui pazienti”.