‘Impara l’arte’ presenta Jada e Valentina: due obiettivi per un’unica passione
SERGIO MARCHETTA
Il viaggio lungo le strade dell’arte oggi giunge a una tappa fatta di immagini e fantasia: incontro due ragazze poco più che ventenni ma dotate di una tenacia e una chiarezza di intenti che stupisce al primo impatto. Al tavolo di questo locale di Oratino che ospita la loro prima mostra ci sono Jada Bisonni e Valentina Fusiello: due donne molto diverse, sia nella loro manifestazione estetica che nel temperamento; eppure è tangibile la profonda intesa che le lega. La loro comune passione per l’arte di fotografare le unisce fino a trascendere le affinità professionali per arrivare a un’amicizia solidissima anche se ancora giovane. Riservo a Jada le mie prime domande.
Il tuo motto è “fotografare è una buona ragione per svegliarmi ogni mattina”. Quanto si mescolano in te vita e fotografia?
“Fino a diventare una cosa sola, fin da quando ero molto piccola. Ho iniziato a ‘corteggiare’ la macchina fotografica da bambina e ricordo che chiedevo a mia madre un rullino nuovo per ogni gita scolastica. La sorpresa da parte sua quando sviluppavamo la pellicola era di vedermi fotografata in pochissime occasioni: già da allora mi sentivo più a mio agio nello scattare piuttosto che nel mettermi in posa. Diciamo che ho iniziato ben presto a coltivare la mia inclinazione, seppur inconsapevolmente. Poi, circa cinque anni fa, mi sono resa conto di questa vera e propria vocazione artistica introducendomi seriamente nel mondo della fotografia”.
Passione e vocazione sono un’esigenza molto legata alla tecnica e allo studio?
“Certo. I sentimenti e le emozioni devono avvalersi sempre della curiosità e della conoscenza delle attrezzature che si utilizzano. Tutto sempre con il giusto equilibrio”.
Prima di scattare una foto c’è sempre una fase riflessiva, ispiratrice oppure anche l’improvvisazione può risultare efficace?
“Anche se ti capita di avere a disposizione solo due secondi per scattare una foto inevitabilmente ti viene in mente il modo in cui la vorresti realizzare. C’è sempre l’osservazione alla base di uno scatto”.
Esiste la foto brutta?
“Sì, esiste. Anche se magari tecnicamente valida”.
In cosa trovi ispirazione?
“In me stessa, nel presente, guardando lavori di altri artisti. In questo ordine”.
La fotografia ha il grande pregio di conservare il passato attraverso le immagini. Che valore ha per te il ricordo?
“Io scatto fotografie anche perché purtroppo non ho un’ottima memoria. Questa passione mi aiuta anche a non dimenticare”.
Cosa preferisci fotografare?
“Ho iniziato dai paesaggi per appassionarmi anche ai ritratti dopo essermi avvicinata all’utilizzo della Reflex. Ultimamente invece, dopo aver attraversato una fase compositiva fotografando oggetti, soprattutto esaltando l’abbinamento fiori e acqua, sono arrivata a concepire l’idea del progetto che ha ispirato la mostra attualmente allestita: integrare il paesaggio e il ritratto mediante una serie di scatti progressivi”.
Oggi i mezzi tecnologici e mediatici, soprattutto i social network, ci consentono di esprimerci in maniera immediata e diretta attraverso le foto. Secondo te mettere la fotografia a disposizione di tutti è un bene o un male?
“E’ un bene nella misura in cui ci sia sempre un presupposto di osservazione se non di studio della fotografia stessa; non è un male cercare di riprodurre un’immagine ma occorre sempre sforzarsi di comprendere come si arriva a scattare una buona foto”.
Quali caratteristiche sono essenziali per un buon fotografo?
“La conoscenza della tecnica, il saper cogliere i dettagli e il saper mettere lo studio a servizio della passione”.
Qual è il senso del fotoritocco?
“Io credo molto nella post produzione ma sempre con rispetto dei limiti che preservano la naturalezza della foto, compresi i difetti oggettivi che possono essere presenti. Il fotoritocco a me serve per personalizzare ma non per truccare uno scatto”.
Si può ricercare la perfezione attraverso la fotografia?
“Si può arrivare alla foto tecnicamente perfetta. Questo sì”.
Ti senti a tuo agio anche di fronte all’obiettivo?
“Mi piace tanto fotografarmi anche se non si tratta dei cosiddetti selfie, bensì di scatti che utilizzo per sperimentare, per crescere o semplicemente per ovviare all’assenza immediata di una modella quando arriva l’attimo di ispirazione”.
Lasceresti la tua terra d’origine per seguire la tua passione?
“Indubbiamente, anche se emotivamente mi costerebbe molto”.
A questo punto cedo la parola a Valentina, l’altra metà di questo connubio artistico.
Il vostro incontro da cosa nasce?
“Ci siamo conosciute attraverso Facebook. Ho iniziato a seguire la pagina di Jada e a notare le sue foto. Le ho proposto di scattarle delle immagini, ci siamo incontrate ed è stato un vero e proprio colpo di fulmine artistico a partire da passioni e idee comuni che poi sono diventate condivisione e assiduità sfociate nel progetto che rappresentiamo attraverso la nostra mostra”.
Dopo quanto tempo dal vostro incontro è nato questo progetto?
“Lo scorso febbraio ci siamo incontrate e ad aprile c’era già la bozza del progetto comune. L’idea di fondo è di Jada e si riconduce alla sua passione per tutto ciò che si lega al vintage. La soddisfazione più grande oltre l’idea è stata poi riuscire a concretizzare tutto in autonomia: un traguardo inspiegabile ma frutto di ore e ore di pensieri, lavoro, prove, ricerca”.
Cosa avete provato il giorno dell’inaugurazione della mostra?
“Abbiamo rischiato di svenire. Tremavamo e ci stringevamo le mani. Una sorta di matrimonio in cui andavamo a sposarci con la nostra passione.Una grande prova per noi stesse, per le nostre emozioni, per la cura dei dettagli”.
Come avete gestito la tempistica nell’organizzare l’evento?
“Dopo una prima fase di studio e di immaginazione ci siamo mobilitate per realizzare tecnicamente le immagini, reperire la modella, i costumi, l’oggettistica e le tante persone che ci hanno aiutato. A metà luglio le foto erano pronte e quindi siamo passate alla fase di selezione degli scatti e di allestimento vero e proprio”.
Avete un modo di lavorare simile o vi compensate?
“Dipende dagli aspetti. Io personalmente provengo dalla pittura per cui cerco di portare nella fotografia, soprattutto se si tratta di paesaggi, la mia esperienza con i colori fino a provare di assimilare l’immagine ad un quadro. In ogni caso, al di là di eventuali differenze stilistiche, abbiamo la massima intesa”.
Il fotografo è un curioso?
“Tanto. Un curioso nella ricerca di ciò che può colpire, nel provare a immedesimarsi nello sguardo di chi ammirerà la fotografia”.
Quanta difficoltà incontra un giovane che vuole fare della fotografia il proprio lavoro?
“L’arte è sempre qualcosa di difficile comprensione in questo senso; e può esserlo anche da parte di chi ti è vicino nella vita di tutti i giorni. Non è facile spiegare le lacrime di emozione che arrivano di fronte alla prima Reflex che si tiene tra le mani”.
Quanto conta il silenzio prima di uno scatto fotografico?
“Più che il silenzio è fondamentale la meditazione. E tanto lo è l’attesa prima del sentirsi pronti a lasciarsi andare a fotografare. Allo stesso modo di come accade nella pittura”.
Cosa rappresenta per te il sogno in quanto fotografa e in quanto donna?
“Il sogno è tutto; aiuta a creare contenuti: lottando per realizzare il tuo sogno mostri ciò che desideri, al di là di ciò che si vede. Quando fotografi le stelle non tutte sono visibili a occhio nudo; eppure l’obiettivo le riesce a cogliere completamente: un ideale astratto e meraviglioso proprio come lo sono i sogni”.
Parole immediate quelle delle due giovani fotografe, parole profonde come i loro desideri e luminose come un flash nel buio. Niente può rallentare l’arte quando le ambizioni si reggono sulla passione. L’obiettivo di Jada è come una sentinella che attende pazientemente l’alba da immortalare e quello di Valentina punta sempre verso le stelle più alte e la Luna: luci e colori che continueranno a fondersi in un lungo cammino che ammireremo sempre con il sorriso.