Mobilità sanitaria, saldo attivo per il Molise
Negli ultimi giorni si è discusso molto del rapporto pubblico-privato in sanità ed in particolare della mobilità sanitaria, anche se a volte da posizioni precostituite e con una visione politica del problema. Spogli da qualsiasi veste “di parte” che non ci appartiene, riteniamo che sulla questione sia doveroso fare chiarezza con alcune riflessioni di carattere tecnico che possano aiutare a comprendere la problematica.
Il Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.) garantisce l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini iscritti nel proprio luogo di residenza. Tale sistema prevede che ogni cittadino abbia facoltà di ottenere cure anche in un luogo diverso da quello di residenza, le cui spese restano a carico del S.S.N., in base al diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura riconosciuto sia dal Codice di Deontologia Medica (art. 24) sia dagli articoli 8-ter e seguenti del d.lgs. n. 502/1992 nonché della nostra Carta Costituzionale.
Per definizione, la mobilità sanitaria è quel fenomeno che coinvolge gli assistiti che usufruiscono dei servizi sanitari presso strutture che non appartengono alla propria Regione di residenza ed è costituita da due componenti complementari fra loro:
- Mobilità Attiva, che descrive l’attrazione esercitata dalle Strutture Sanitarie, siano esse pubbliche o private accreditate, in favore di utenti che risiedono in altre Regioni;
- Mobilità Passiva, che descrive la fuga dei propri assistiti, verso Strutture Sanitarie, siano esse pubbliche o private accreditate, fuori dalla propria Regione di residenza.
In Italia i dati mostrano che su tutto il territorio questo tipo di mobilità costituisce un fenomeno strutturale, e l’analisi dei dati mostra un andamento crescente del fenomeno; infatti, la percentuale di ricoveri in mobilità per acuti in regime ordinario e diurno è passata dal 7,4% dei ricoveri per acuti nel 2010 all’ 8,6% nel 2019.
Il Decreto Ministeriale 2 aprile 2015 n. 70 “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera” all’articolo 3 utilizza la mobilità sanitaria come uno degli elementi correttivi necessari anche al calcolo del fabbisogno di posti letto per mille abitanti a livello regionale, portando all’aumento o al decremento di questo parametro in base alle caratteristiche della mobilità e alla costituzione di bacini di utenza che superano i confini regionali, in modo che le piccole Regioni abbiano la possibilità di una mobilità interregionale fisiologica necessaria a garantire sostenibilità e qualità delle cure. Ai sensi dell’articolo 9, comma 2 dell’Intesa n. 82/CSR del 10 luglio 2014 concernente il nuovo Patto per la Salute per gli anni 2014-2016, le Regioni annualmente si accordano sulle regole tecniche per uniformare la procedura per la trasmissione di dati, definire tempi per l’invio, le contestazioni e le controdeduzioni mediante la definizione di un “accordo interregionale per la compensazione della mobilità sanitaria” che contiene le tariffe uniche convenzionali (TUC) che si basa sulle tariffe fissate dal Decreto Ministeriale 30 giugno 1997, che vengono aumentate del 10% per i DRG per le prestazioni più complesse e diminuite del 20% e 40% rispettivamente per i DRG chirurgici e medici appartenenti alla lista dei DRG ad alto rischio di inappropriatezza in regime di degenza ordinario. Al termine dello scambio dei dati il coordinamento delle Regioni produce una tabella di riepilogo degli importi di mobilità da utilizzarsi nel riparto dell’anno successivo.
La mobilità attiva rappresenta per le Regioni un credito, mentre quella passiva una voce di debito; ogni anno la Regione che eroga la prestazione viene rimborsata da quella di residenza del cittadino.
Le prestazioni oggetto della rilevazione coprono tutti gli ambiti della Sanità: i ricoveri, le prestazioni di specialistica ambulatoriale, l’attività operata presso i Servizi di emergenza-urgenza (pronto soccorso), la distribuzione dei farmaci (sia negli ospedali, sia nelle farmacie territoriali), l’attività della Medicina Territoriale, i trasporti (ambulanze, elisoccorso, etc.), la lavorazione degli emoderivati (sangue) e le cure termali.
La mobilità interregionale è un processo “a somma zero” a livello nazionale, nel senso che la somma algebrica dei saldi tra le Regioni è sempre pari a zero; quindi, non rappresenta mai un guadagno o una perdita per il livello Nazionale bensì un incremento o una riduzione del FSR per le singole regioni.
Nel meccanismo della mobilità gioca un ruolo fondamentale la natura di I.R.C.C.S. (Istituto di Ricerca e Cura a Carattere Sanitario) o di Struttura Sanitaria ad Alta Specialità per i quali, la normativa di seguito, detta specifiche regole. La Legge 28 dicembre 2015, n. 208, all’art. 1, comma 574 ha stabilito che “…. le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono programmare l’acquisto di prestazioni di assistenza ospedaliera di alta specialità, nonché di prestazioni erogate da parte degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) a favore di cittadini residenti in regioni diverse da quelle di appartenenza in deroga ai limiti imposti dalla spending review”.
Ciò significa che mentre per l’intero sistema accreditato è promossa la mobilità di alta specialità, come anche condiviso nella TUC, per gli IRCCS la norma vale per tutte le prestazioni.
E in Molise, qual è la situazione?
Nel 2023 la mobilità passiva, costituita per lo più da prestazioni di bassa/media complessità a carico delle strutture pubbliche ha avuto un valore di circa 80 milioni di euro, ha riguardato soprattutto le discipline di Ortopedia e Traumatologia, di Cardiologia, di Chirurgia Generale e di Ostetricia e Ginecologia, con un alto indice di “fuga” verso le regioni limitrofe e in particolare verso l’Abruzzo.
Nello stesso anno la mobilità attiva, costituita da prestazioni di alta/media complessità, ammonta a circa 100 milioni di euro ed è stata determinata dalle strutture private convenzionate con la Regione Molise.
Il saldo attivo, quindi, ammonta a circa 25 milioni di euro (5 milioni sono stati recuperati sulla specialistica del ‘19/’20).
Questo saldo positivo di mobilità diventa di fatto un incremento del finanziamento totale del fondo sanitario regionale di parte corrente, ragione per cui a seguito della compensazione si determina un maggiore ed ulteriore finanziamento del citato fondo che corrisponde alla decurtazione di quota parte del F.S.N. (Fondo Sanitario Nazionale) a carico della Regione da cui provengono i pazienti.
Il FSR del Molise per l’anno 2024, già ripartito anche se non ancora ufficiale, vede una parte indistinta, una quota per l’indice di invecchiamento e una quota per l’indice di deprivazione, per complessivi 635 milioni di euro, ai quali bisogna aggiungere i 25 milioni del saldo di mobilità per cui il fondo sanitario a disposizione della Regione Molise ammonta a circa 660 milioni di euro.
Quindi quest’anno il Molise riceverà 25 milioni di euro in più rispetto a quanto stabilito dal riparto nazionale e il fondo sanitario regionale non subirà alcuna decurtazione, permettendo così di far fronte agli impegni finanziari che abbiamo di fronte.
Chi ha la responsabilità di gestire l’assistenza sanitaria e garantire i LEA in questa regione deve spogliarsi di pregiudizi populistici e assumere decisioni che abbiano come unico obiettivo la salute dei cittadini.