Chi riuscirà a sbrogliare la matassa del Parco Nazionale del Matese?
Domenico Rotondi
L’incredibile vicenda del Parco Nazionale del Matese si arricchisce di un nuovo capitolo dettato dalla politica regionale campana, anche alla luce delle recenti azioni di protesta messe in piedi sia dagli agricoltori che dagli allevatori. In effetti, tale ente, pur essendo stato istituito dal legislatore ai sensi dell’art.1, comma 116 della Legge finanziaria numero 205, del 27 dicembre 2017, su una superficie di quasi centomila ettari che riguarda l’omogeneo versante molisano ed il territorio ricadente nelle province di Caserta e Benevento, non risulta essere ancora costituito, malgrado abbia ricevuto sulla carta una dotazione finanziaria di trecentomila euro per il 2018 e due milioni di euro per ciascuno degli anni a seguire.
Tale paradossale condizione sta determinando la perdita di opportunità, finanziamenti e dotazioni di bilancio per i Comuni inseriti nella perimetrazione redatta dagli organi tecnici del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, in barba finanche alla messa a punto dei programmi comunitari straordinari legati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ragioni per le quali ci si trova di fronte ad una vera e propria vertenza territoriale che, coinvolgendo direttamente operatori del mondo agricolo, imprenditori e protagonisti della società civile, evidenzia l’immobilismo politico delle strutture regionali campane e molisane rispetto ai preoccupanti dati economici riportati ultimamente dagli istituti statistici, in quanto la mancata costituzione dell’Ente Parco sta indiscutibilmente aggravando le crisi strutturali vissute dall’agricoltura matesina.
Sta di fatto che, in Italia e in Europa, i Parchi nazionali, oltre a salvaguardare gli ecosistemi e la biodiversità, valorizzano concretamente le produzioni tipiche di qualità e l’allevamento zootecnico di precisione, riuscendo a promuovere le eccellenze locali sui mercati con evidenti benefici per la filiera commerciale di prossimità.
Un modello economico innovativo che sta mettendo al riparo i comprensori collinari e montani di pregio dalle spirali speculative internazionali, accentuatesi a seguito degli incessanti conflitti bellici in Ucraina ed in Medio Oriente. Per di più, gli Enti naturalistici dell’Appennino stanno portando avanti politiche lungimiranti e sostenibili, capaci di contenere le preoccupanti emergenze ambientali, tra cui la crescita invasiva dei cinghiali e delle altre specie dannose. Sostanzialmente, in detti ambiti si sta promuovendo sempre di più un modello sinergico fra il mondo scientifico, gli organi forestali di vigilanza e le strutture veterinarie al fine di contenere le suindicate problematiche mediante l’attivazione delle qualificate figure dei “bioregolatori” e dei “selecontrollori”.
Anche per queste ragioni, Roberta Gaeta, nella veste di consigliera regionale della Campania per il gruppo ‘Azione Centro democratico Demos Europa Verde Più Europa’, ha presentato, nei giorni scorsi, una nuova interrogazione alla Giunta De Luca, volta a chiarire definitivamente i termini dell’annosa questione.
Nel contempo, non si sono fatte attendere le campagne informative da parte delle associazioni ambientaliste nazionali, con particolare riferimento alle azioni promosse dalle sezioni campane e molisane di Italia Nostra, nonché dal gruppo dirigente di Legambiente Molise.
In definitiva, ci si trova nel mezzo di un pantano da cui necessita uscire al più presto. Chi riuscirà a sbrogliare l’incredibile matassa?