Riforma della scuola, il senatore Roberto Ruta ha votato no alla fiducia a Palazzo Madama
Il senatore Roberto Ruta si è dissociato dal Partito Democratico, non votando la questione di fiducia sul testo della cosiddetta ‘buona scuola’.
“Ho chiesto invano con altri colleghi di separare il provvedimento per le assunzioni dal resto della riforma. Ho detto si all’assunzione dei centomila precari ma ho chiesto invano di prevedere un piano triennale di assunzioni per evitare discriminazioni verso i docenti del TFA, dei PASS o i docenti c.d. immobilizzati – ha affermato a Palazzo Madama il senatore campobassano -. Ho detto si alla valutazione dei docenti ma ho proposto che venissero introdotti criteri oggettivi per assegnare le premialità stipendiali, criteri nazionali definiti in legge o definiti dall’Aran (l’agenzia per la rappresentanza negoziale per le pubbliche amministrazioni, Istituzione pubblica il cui presidente è nominato dal Presidente della Repubblica).
Ho detto si alla possibilità per i presidi di scegliere i docenti ma solo per il potenziamento dell’organico, lasciando le graduatorie come strumento aureo per l’assegnazione delle cattedre ai docenti.
In tal senso ho depositato emendamenti e sono intervenuto più volte in commissione Istruzione del Senato, per spiegare, da docente, le ragioni del dissenso registrato da chi vive quotidianamente la scuola, manifestato con l’adesione quasi unanime allo sciopero del 5 maggio scorso.
In tal senso voglio dire con forza che nel programma elettorale di Italia bene comune, coalizione PD – SEL, al quale mi sento vincolato perché su quello abbiamo chiesto il consenso popolare, abbiamo scritto testualmente ” Vogliamo cambiare la scuola insieme agli insegnanti, – insieme e non contro – , per combattere la dispersione scolastica, fenomeno che è il vero nemico della crescita economica, della legalità e del successo formativo personale.”.
In tal senso avrei investito quei 200 milioni di euro di premialità, dandoli alle scuole di aree urbane disagiate dove forte è la dispersione scolastica perché, come mirabilmente detto da Don Lorenzo Milani, ” se si perdono i ragazzi più difficili la scuola non è più scuola: è un ospedale che cura i sani e respinge i malati.”.
La scuola non ha bisogno di autoritarismo ma di autorevolezza; i docenti devono essere assegnati alle scuole in base alle graduatorie e devono essere valutati ma in base a criteri oggettivi e non in base ad una valutazione arbitraria del dirigente scolastico: la scuola deve compiere il proprio percorso su basi democratiche affidandosi non alla bontà delle persone e nello specifico dei presidi ma alla bontà delle regole.
La scuola è la formazione sociale più importante dopo la famiglia – ha concluso nel suo intervento in Aula – e come sottolineava Piero Calamandrei “si può ben dire che a lungo andare la scuola è più importante del Parlamento, della Magistratura e della Corte Costituzionale, perché trasformare i sudditi in cittadini è miracolo che solo la scuola può compiere”, per questo deve vedere esaltati il dettato costituzionale della responsabilità in quanto comunità educante così come quello della libertà d’insegnamento. Semplicemente e grandemente”.