Precipita dal quarto piano del Cardarelli, Asrem condannata a risarcire il paziente
Una storia che ha dell’inverosimile. Un uomo di anni 42, nel 2013 era stato trasportato d’urgenza al pronto soccorso dell’ospedale “Cardarelli” di Campobasso per tentato suicidio. Aveva assunto una massiccia dose di tranquillanti perché da molto tempo soffriva di depressione, ma i sanitari, invece di ricoverarlo in Psichiatria, dove avrebbe trovato maggiore e adeguata assistenza e sorveglianza, lo avevano sistemato nel reparto di Medicina Generale. Il paziente, inoltre, era stato lasciato libero di muoversi all’interno della struttura ospedaliera, da solo e senza assistenza. Nel pomeriggio del 13 agosto, dunque, aveva potuto raggiungere la finestra di una stanza del quarto piano e lanciarsi nel vuoto. Nonostante tutto il paziente era sopravvissuto per la seconda volta, ma aveva riportato lesioni gravissime e un’invalidità permanente che l’ha reso totalmente inabile a qualsiasi vita sociale e lavorativa. Per questa storia dolorosa e incredibile, l’avvocato Vincenzo Iacovino ha chiesto e ottenuto dal Tribunale di Campobasso l’accertamento della responsabilità della struttura sanitaria. Il GOT Michele Dentale, tramite il consulente nominato dal tribunale, ha dichiarato che “la terapia farmacologica somministrata al paziente sarebbe dovuta essere sempre associata a una stretta sorveglianza, cosa che invece è mancata”.
Il Consulente ha, inoltre, precisato che “il paziente già al momento del ricovero richiedeva valutazioni mediche e una presa in carico di tipo psichiatrico, cosa che avrebbe dovuto portare alla eliminazione del rischio di ogni gesto auto lesivo, proprio perché il paziente era stato ricoverato per tentato suicidio …. La patologia, peraltro accertata da anni, imponeva un monitoraggio e una sorveglianza durante il ricovero e a tal fine non sono risultate sufficienti le sole consulenze psichiatriche ma sarebbe stato necessario un affiancamento di psicologi per un adeguato supporto terapeutico. Peraltro i farmaci somministrati al paziente indicavano espressamente la necessità di un monitoraggio clinico più stretto dovuta al fatto che il rischio di suicidio aumenta nella prima fase del trattamento”. Per il Tribunale, dunque, l’Asrem è gravemente inadempiente. Il giudice ha sottolineato che qualsiasi struttura sanitaria, nel momento in cui accetta il ricovero di un paziente, stipula un vero e proprio contratto dal quale discendono due obblighi: il primo è quello di fornire al paziente le cure richieste dalla sua condizione, il secondo è quello di assicurare la sua protezione, a seconda della patologia. Per il Tribunale l’obbligo di sorveglianza da parte dei medici e del personale sanitario è tanto più stringente quanto maggiore è il rischio che il degente possa causare danni o patirne, come avvenuto nel caso di specie. Per il giudice è indubitabile che gli operatori della struttura presso la quale tuttora il paziente è ricoverato, dopo oltre quattro anni, fossero pienamente a conoscenza della gravità della situazione e avessero quindi l’obbligo specifico di garantire una sorveglianza idonea a evitare che il paziente ricoverato per tentato suicidio, fosse lasciato in condizioni di provare ancora a uccidersi, come poi ha effettivamente fatto, lasciandosi cadere da oltre 20 metri di altezza.
Per queste ragioni l’avvocato Vincenzo Iacovino ha chiesto e ottenuto il risarcimento dei seguenti danni: danno biologico (lesione all’integrità pisco fisica) temporaneo totale per 331 gg per euro 47.664.00; danno biologico permanente del 90% per euro 879.362,00; danno alla vita di relazione per euro 231.756,50; danno morale per euro 289.685,00. Per un totale di euro 1.448.478,12 a cui vanno aggiunti gli interessi e le spese legali.
L’avvocato Iacovino annuncia di aver ricevuto mandato dai familiari del paziente, paralizzato e tuttora allettato, per ottenere anche il risarcimento del cosiddetto “danno parentale” per tutti i disagi che sono conseguiti da questa tragica vicenda di malasanità.