Giubileo dei carcerati, Bregantini: “Spostare gli occhi dal passato al futuro”
Si è svolto nella solennità della festa di san Leonardo, patrono dei carcerati, il giubileo dei carcerati come ultimo evento giubilare diocesano alla vigilia della chiusura dell’Anno Straordinario della Misericordia indetto da papa Francesco.
L’evento giubilare dei carcerati iniziato il 4 e il 5 novembre si è concluso presso la Casa Circondariale di Campobasso con il gesto simbolico dell’apertura della Porta Santa nella Cappella del carcere e la Celebrazione Eucaristica presieduta dall’arcivescovo di Campobasso –Bojano mons. GianCarlo Bregantini, concelebrata dal cappellano don Pasquale d’Elia e altri presbiteri della fraternità salesiana.
Presenti i detenuti della I e IV sezione, gli agenti della Polizia Penitenziaria guidati dal comandante Ettore Tomassi, dai volontari dell’associazione “Semi di Libertà”, dello Sportello di Solidarietà, della Cooperativa Sociale “Voli di Libertà” e da tutto il personale della casa circondariale di Campobasso.
Venerdì e sabato si sono alternati, dunque, momenti di riflessione e di incontri come la proiezione di un film sul perdono per tutti i detenuti ‘comuni’ con una breve discussione per affrontare il tema del Giubileo; pranzo con i detenuti della II sezione con i volontari e i cappellani e nel pomeriggio Santa Messa con i ‘collaboratori’ presieduta dal vescovo e cena tra volontari, cappellani e ‘collaboratori’. Complessivamente sono 110 i detenuti del carcere di Campobasso che, nella loro diversa provenienza e la diversità dei riti e delle religioni, hanno preso parte ugualmente all’iniziativa giubilare.
Parole iniziali di ringraziamento nello sfondo dell’ omelia del vescovo seguite da un messaggio carico di suggestione: la Porta, l’accoglienza, la vita, la pazienza, la speranza. «Dopo le affettuose esortazioni di don Pasquale – ha introdotto il vescovo – bisogna dire il grazie a tutti coloro che rendono l’Eucarestia suggestiva e partecipata. Il rito della Porta ha ovunque un messaggio carico di suggestione. La Porta – ha indicato Bregantini – ha un forte significato soprattutto in questo luogo! Questa è l’immagine, è il simbolo della nostra vita accompagnata dai sentimenti di ringraziamento e di incoraggiamento. E con un ieratico e rinnovato riferimento alla figura materna, il vescovo ha sollecitato tutti a porre lo sguardo sulla mamma. Il grembo che accoglie, lo sguardo che orienta, le mani che sorreggono sono le immagini principali che il vescovo ha descritto nel cuore dell’omelia per specificare la forza della Madre che con tenerezza “accoglie”, “invita”, ”guida”, “corregge”, “perdona”.
«Come la mamma vi ha generati e ha aperto la porta del suo cuore – ha indicato il presule di Campobasso – così alla fine della vita su quella porta del cielo vi accoglierà la Mamma Celeste».
L’immagine biblica della Madre sulla “soglia” genera continuità, riconciliazione e speranza. Un’ immagine e un invito dove «ogni cella diventi una Porta della Misericordia». Dunque un messaggio sociale di speranza e di perdono, centrale per il giubileo dei carcerati che il vescovo Bregantini lo ha declinato nella triplice indicazione:
«La prima porta è il grazie alla mamma, ai i figli e alle persone care.
Sempre nella famiglia ci sia un cuore aperto e per tenere aperto il cuore ci vuole il perdono che è la capacità di mettersi insieme.
La seconda porta è quella delle relazioni tra noi. Chi ci aiuta a togliere la paura è Gesù Cristo. Lui è la vera porta, lui è la stima la pazienza.
La terza porta è quella di sentire che la porta deve aprirsi alla società. Carcere e società quindi con l’auspicio di essere figli della Resurrezione. Guardare il futuro ma con la speranza che Lui ci dà. Spostare gli occhi dal passato al futuro»
E verso la conclusione il vescovo ha soggiunto che «il Giubileo è il filo che rimette insieme le perle perché diventino una unica collana con la capacità di mettere i nostri sentimenti l’uno accanto all’altro. Possa il Signore tramite la sua misericordia spezzare le nostre paure le catene e l’odio; la vergine Maria porta del cielo possa venirci incontro come una mamma. Possa aprire la porta del cuore e del paradiso!»
Con uno slancio sul fondamento biblico della giustizia riparativa infine il Pastore di Campobasso ha concluso con l’esortazione che «chi ha commesso un reato deve pagare il suo prezzo ai soggetti offesi, ma deve poterlo fare sul sentiero della redenzione e con dignità». Ricostruire quindi le relazioni umane recuperando la cultura della giustizia riabilitativa e riparativa, realizzando l’invito del Pontefice durante l’Angelus di stamani -6 novembre 2016 – che «la giustizia penale non può avere solo dimensione punitiva, ma deve aprirsi alla speranza».