Eolico selvaggio e devastazione ambientale sui crinali del centro – sud dal Matese al Pollino, la Rete dei Comitati di tutela ambientale Campania e Molise alla marcia di Potenza
La Rete dei Comitati di tutela ambientale di Campania e Molise, intervenuta anche nella marcia di protesta di ieri mattina, 16 maggio 2019, a Potenza, pone l’accento sul delicato problema dell’eolico selvaggio e della devastazione ambientale sui crinali del Centro – Sud dal Matese al Pollino.
“Come conferma la Sentenza del TAR Campania n. 4041 del 18.06.2018, riferita al territorio posto a confine tra il Comune di Colle Sannita in Campania ed i comuni limitrofi di Riccia e Cercemaggiore in Molise – spiega il Comitato in una nota – ci sono aree non idonee all’installazione di impianti eolici impattanti e non sempre le ragioni delle imprese possono prevaricare i diritti delle popolazioni locali, delle comunità, delle aziende zootecniche, delle imprese artigianali e commerciali, dei coltivatori diretti e degli operatori culturali”.
“È evidente – prosegue la nota – che c’è una sproporzione plateale tra la forza finanziaria delle multinazionali che gestiscono affari miliardari nella produzione d’energia ed il singolo residente, agricoltore o cittadino che si vede devastato il proprio territorio, messo a repentaglio la propria attività e penalizzato dalla vicinanza con mostri eolici rumorosi ed altamente impattanti. Per questo occorre raccordarsi tra ordini professionali, organizzazioni agricole, comunità locali, associazioni ambientali e culturali, enti di promozione del territorio, movimenti di volontari impegnati nella chiesa su questi temi, sindacati e istituzioni. La Rete delle Associazioni e dei Comitati di Campania e Molise è sorta per dare più forza alle singole mobilitazioni e per sviluppare un’azione coordinata tra esperienze maturate lungo il crinale appenninico del Centro-Sud che, partendo dalla Calabria prosegue per Basilicata, Puglia, Irpinia e Sannio fino al Matese e alla Maiella. Queste le considerazioni che hanno indotto una delegazione della Rete impegnata nella tutela della Valle del Tammaro ad intervenire questa mattina alla marcia contro l’eolico selvaggio che si è tenuta a Potenza. Nel capoluogo Lucano, cittadini e rappresentanti dei comitati, dal parco dell’Europa unita (Parco Mondo) in via Poggio tre Galli a Potenza sono arrivati fino al palazzo della Giunta regionale della Basilicata, dove si è tenuto un presidio. Una delegazione ha poi consegnato al Governatore della Regione un documento contenente delle richieste e in particolare il ritiro della Legge Regionale n.4 del 13 marzo 2019 sul raddoppio dell’eolico, l’approvazione di una moratoria su eolico selvaggio in Basilicata, l’approvazione del Piano paesaggistico regionale, il nuovo Piear (piano di indirizzo energetico ambientale) e la legge su inquinamento acustico. Nonostante il parere del Consiglio di Stato che ribalta la sentenza del Tar di Basilicata che aveva accolto il ricorso della società Familiari Energy s.r.l.s contro il provvedimento del Comune di Potenza con il quale l’amministrazione sospendeva l’installazione di dieci impianti eolici, la battaglia contro i giganti del vento sembra ancora lunga ed in salita”.
“La nostra sfida – chiosa il Comitato – è quella di frenare lo scempio dell’eolico selvaggio, la difesa del Parco Nazionale del Matese, la richiesta di rispettare la Direttiva Europea sui rifiuti, la salvaguardia del sito archeologico di Saepinum-Altilia, la mobilitazione per gli agricoltori, gli artigiani, i commercianti, gli allevatori, i ristoratori e per i cittadini della Valle del Tammaro, è prima di tutto una richiesta tesa a far rispettare le leggi, ad attenersi alle Direttive Comunitarie e ad evitare che il territorio venga fatto oggetto di azioni in contrasto con le proprie vocazioni. L’entità dei profitti ed il giro d’affari annuo che si registra nella gestione degli investimenti sulle rinnovabili, sui certificati verdi e sull’eolico, è tale che è sempre più difficile reggere l’urto di società che da Potenza ad Avellino, Benevento, Foggia ed il Molise, hanno mutato irreversibilmente i tratti dei crinali appenninici del Centro-Sud arrecando un danno ambientale a territori sventrati e defraudati di futuro senza che le comunità locali traessero alcun beneficio concreto per tali installazioni”.