A Isernia la personale di Leonardo Pappone ‘Flash City 4.0’

Autore Leonardo Pappone Leopapp titolo Hong Kong tecnica misto acrilico e vernici su juta formato 70x90 cm anno 2016L’esposizione ‘Flash City 4.0 – personale di pittura di Leonardo Pallone’, allo Spazio ‘Cent8anta’, comprende opere inedite ed opere recenti realizzate sul materiale preferito dall’artista: tele realizzate con la juta recuperata dai sacchi di trasporto del caffè. Proprio seguendo i passi dell’aroma mondiale per eccellenza, si intraprende un viaggio tra reale ed immaginario in una città che respira, vive, si erge, si scompone e si rinnova continuamente. Enigmatiche costruzioni che, modificano inesorabilmente il paesaggio naturale, fino ad apparire una sorta di organismo vivente indefinito con tutta la loro dolcezza ed aggressività. Forme diverse e colori cangianti in perenne metamorfosi, al di fuori di predeterminati termini spazio-temporali. Un ideale abbraccio alla complessità del nostro presente dove le città vivono una sorta di turbinio continuo fatto di contraddizioni e mescolanze di popoli, di culture e costumi.

Carmen D’Antonino , Storica dell’Arte scrive: “Addentrarsi completamente nelle opere di Leonardo Pappone significa attraversare un tempo senza fine e senza spazio nel quale prendono forma paesaggi urbani, labirinti geometrici, icone stilizzate di matrice primitiva avvolti da un linguaggio persuasivo ed astratto del colore.
Colore che non vuole rappresentare una determinata forma bensì coinvolgere, esperimento riservato agli artisti che hanno la capacità di far “parlare” i loro lavori.
Originale, se pur visto, è il mezzo per cui l’artista sceglie di lavorare; tele realizzate con la juta.
Si percorre un viaggio fiabesco in un città che si aggroviglia attorno ad una miriade di colori che “respirano” imprigionando la psiche dell’osservatore che immobile rimane esterrefatto difronte a tale bellezza.
Il brulicare e l’evolversi delle “Modern Cities”, la sovrapposizione continua delle cromie, la frammentazione delle forme diventano protagonisti di un movimento, con vaghi richiami futuristi, animati da una sensazione di movimento nella stasi, un ossimoro che produce un effetto inizialmente destabilizzante ma che trova nell’insieme il suo aspetto compiuto.
La sua natura bene si inserisce nell’arte contemporanea italiana in quanto risente del sogno americano che ha caratterizzato una intera generazione che traspare in modo inequivocabile nei richiami alla grandiosità dei paesaggi rappresentati di fronte ai quali l’uomo avverte un senso di piacevole smarrimento
Le linee, i pigmenti, i materiali usati volutamente esprimono un senso di irrequietezza esistenziale che non può non risiedere nello spirito più profondo di un artista.
Concludendo, nello sterminato panorama della pittura moderna un’artista come Leonardo Pappone ben si inserisce sul solco dal quale sono partiti “Sironi, Festa, Fioroni” ed altri grandi della pittura del Novecento italiano”.

Il Gallerista,  Gennaro Petrecca,  scrive: “L’arte di Leonardo Pappone costituisce la riprova che le teorie di Jung hanno un fondamento scientifico certo, che la personalità umana è il più grande mistero dell’Universo, che in ciascuno di noi si verifica, per motivi inspiegabili, uno sdoppiamento se non una frammentazione della personalità.
L’aspetto di un uomo mite nei lineamenti del volto quasi monacale, calati in una divisa di Ufficiale che gli conferisce uno status austero, incline alla ubbidienza ed al comando, in ogni caso al pragmatismo, sono il lato B della personalità di un uomo in cui regna il disordine, quel caos primigenio dal quale attinge la vena di ogni artista che abbia prodotto qualcosa di interessante.
Nella fattispecie, posso certamente affermare che il lato B che nei famosi dischi a 45 giri riportava il brano secondario rispetto alla hit proposta sul lato A non è assolutamente inferiore al primo, anzi, per quanto di mio interesse, prevale sullo stesso rendendolo quasi marginale.
Pappone è inoltre un artista coraggioso nella misura in cui si inserisce in un filone già battuto da alcuni giganti di una genialità assoluta che hanno caratterizzato l’arte contemporanea lasciando un solco tracciato e difficilmente ripetibile in senso manieristico, pensiamo a Basquiat, ad Aboudia, a Bansky nella street art, ad alcuni futuristi, a Rauschenberg, a Pollock fino alle linee spezzate di Paul Klee tanto per citarne alcuni che mi vengono di getto.
Ma qual’e’ il filo conduttore di questo genere di pittura informale, poco compresa, direi quasi maledetta al pari di alcuni versi di Baudelaire, di Celine, dello stesso Carmelo Bene?
Certamente una inclinazione alla dannazione, alla visione della società ed al mondo che si vive come qualcosa di “altro” rispetto alla propria spiritualità, un mondo che diviene per l’artista fonte di ispirazione come una sceneggiatura teatrale che l’istinto più profondo vuole riportare su tela, in un installazione, fermare in uno scatto fotografico come immagine sublime, irripetibile.
Ho seguito la pittura di Pappone dall’inizio pur non conoscendolo di persona, e questo mi agevola in una analisi asettica, e mi ha sempre interessato questa evidente inquietudine di un uomo apparentemente “sano”, una pittura che ha avuto una sua evoluzione logica e sistemica in un graduale passaggio da una fase di art brut, più di pertinenza dei graffitari e molto di maniera, ad uno scivolamento verso la figurazione che ha definito meglio le capacità tecniche del suo pennello.
Una serie di landscapes e di city sono agglomerati visibili nel loro insieme ma frammentari, intermittenti, tratti discontinui, linee spezzate che ben rappresentano la frammentazione esistenziale dell’Io moderno, la solitudine nella moltitudine, quasi un segno che ognuno di noi lascia nel proprio passaggio terreno che in Pappone diviene un segno materico, di colore intenso, pastoso e violento. Cio’ nonostante i notturni, la luna occhieggiante nel fondo delle tele, un profilo montuoso che si intravede danno un senso di compiutezza estetica, di architettura che richiama involontariamente le iconografie classiche dei paesaggisti ottocenteschi.
Si tratta in definitiva di una pittura “animata” nella quale riecheggia il rumore di fondo delle metropoli attuali, dove ogni macchia di colore è un “non spazio” abitativo, in cui aleggia la vita, in cui si gioisce, si ama, si muore.
Il tutto nella compiutezza di una architettura complessiva studiata, meditata nella sua verticalità che richiama a quel senso di pace che l’uomo ha sempre cercato volgendo lo sguardo al cielo”.

PROFILO BIOGRAFICO: Leonardo Pappone nasce il 14 marzo 1958 a Montefalcone di Val Fortore (BN). Vive a Campobasso. Fin da giovanissimo si interessa all’arte e alla pittura, partecipando a mostre e concorsi nei quali riscuote fin da subito significativi consensi, sia di pubblico che di critica. L’arte tuttavia si manifesta come interesse primario extra-professionale, consentendogli di intrecciare rapporti con colleghi artisti, con i quali avvia numerosi progetti multidisciplinari, che sfociano in eventi culturali e rassegne d’arte dove accresce la propria notorietà all’interno dell’establishment accademico. Nel 1998 consegue l’abilitazione alla professione di Avvocato; diviene poi Pubblicista, curando la redazione di articoli e saggi per giornali, periodici e per la stampa specializzata. Fin dagli esordi artistici Pappone colloca al centro dei suoi lavori l’uomo con la sua affascinante dimensione segnica; nella ricerca di un proprio linguaggio sarà dunque stimolato dall’urgenza di ripercorrerne le tappe evolutive, dall’arte rupestre al fenomeno dei graffiti statunitensi, ma anche dai murales messicani e dagli intonaci orientali, dando vita a quella raffigurazione allegorica correlata alla matrice di protesta e dissenso dei movimenti di opposizione. Attratto, dunque, dalla Street Art e dalle tematiche dei writers metropolitani, Pappone elabora in arte un suo personale codice espressivo, che lo rende riconoscibile a tutti, sostenuto e incoraggiato dal “sistema mercato” e dalla critica. Ha all’attivo numerose mostre, sia personali che collettive, con un palmarès di ambìti premi e riconoscimenti ed affermazioni pubbliche. Si sono occupati della sua produzione numerose personalità del mondo dell’arte, tra cui Lorenzo Canova, Massimo Rossi Ruben, Silvia Valente, Antonietta Campilongo, Peppe Leone, Antonio Petrilli, Mario Lanzione, Nicola Maria Di Iorio, Maurizio Vitiello, Augusto Ozzella, Carmen D’Antonino . Le sue opere sono presenti in molti legati artistici e collezioni private, sia in Italia che all’estero. Firma le sue opere con lo pseudonimo di “LeoPapp”.

Redazione

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