25 novembre 2017, la consigliera Lembo invitata a Montecitorio dalla Presidente Boldrini
Sabato 25 novembre 2017 , Giornata internazionale contro la violenza di genere, la consigliera di Parità della Provincia di Campobasso, Giuditta Lembo, Autorità per i diritti e pari opportunità della Regione Molise, sarà presente a Montecitorio, tra le invitate dalla Presidente Laura Boldrini per il loro impegno pluriennale nel contrasto alla violenza. L’idea della Boldrini è quella di avere un appuntamento speciale in cui il Parlamento ascolta le donne impegnate nei propri territori a tutelare le donne e tutti i soggetti vittime di discriminazioni. Quello a Montecitorio non sarà l’unico appuntamento, dato che le strade di Roma verranno inondate dalla manifestazione di “Non una di meno”. L’orientamento generale è quello di formulare proposte e azioni, nella speranza generale che si riesca ad esorcizzare questo drammatico fenomeno. “Sono onorata dell’invito della Presidente Laura Boldrini – afferma la consigliera Lembo – vedersi riconosciuto il proprio lavoro insieme all’impegno profuso da oltre 15 anni su questo tema, è un impulso ad andare avanti e continuare come Istituzione con ruoli ancora più incisivi anche a livello nazionale, a stare al fianco delle vittime. Un invito e un riconoscimento che giungono a ridosso della conclusione del Corso di formazione universitario contro la violenza di genere e della prossima attivazione dei Codici rosa presso i Pronto soccorsi. Proprio ieri, la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, ha approvato sia le nuove Linee guida nazionali per le aziende sanitarie e ospedaliere in tema di soccorso alle donne, nello specifico si tratta di indirizzi per le Aziende sanitarie e ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza, sia il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020 pari a 33 milioni di euro all’anno di finanziamenti, insieme al lancio della campagna di comunicazione #sbloccailcoraggio, per tornare a pubblicizzare il 1522, il numero di pubblica utilità attivo dal 2006, a cui si possono rivolgere le donne che hanno subito minacce o violenza, le vittime di stalking o persone che sono a conoscenza di episodi di questo genere”.
“Governo centrale, regioni, comuni e province hanno approvato in modo unitario il piano antiviolenza per il prossimo triennio, si tratta di un bel segnale – commenta Giuditta Lembo – per tante donne che ancora oggi vivono il dolore di una violenza e situazioni di disagio che in qualche modo cerchiamo di prevenire, sostenendole anche nel difficile percorso che inizia dopo la denuncia. Il piano antiviolenza articola una serie di proposte per superare le discriminazioni e le violenze di genere in tutti gli ambiti in cui avvengono, a partire dal mondo del lavoro, ma anche nel linguaggio o nell’istruzione, fino ad arrivare a settori come la salute. Tra le azioni previste, figurano: reddito di autodeterminazione per le donne che decidono di uscire dalla violenza; nessun obbligo di denuncia nei Pronto soccorso senza il consenso della donna; più fondi per i centri antiviolenza; garanzia d’indipendenza e laicità dei centri; politiche per la genitorialità condivisa, come l’estensione dei congedi di paternità a tutte le tipologie contrattuali, non solo nel lavoro subordinato e non solo in presenza di un contratto di lavoro; investimenti sulla formazione e su percorsi di educazione nelle scuole e nelle Università che superino gli stereotipi di genere; specifica formazione nel mondo del giornalismo e dell’informazione per usare una terminologia appropriata quando si affrontano queste tematiche; finanziamenti ai consultori per garantire l’accesso alla contraccezione, all’informazione e alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili; apertura delle case pubbliche della maternità per evitare la violenza ostetrica durante il parto; riconoscimento della protezione internazionale per le donne di origine straniera che si sottraggono alla violenza, come ad esempio la tratta degli esseri umani; istituzione di banche dati sulle molestie nei posti di lavoro, sulle differenze di retribuzione salariale e sull’applicazione della legge 194/78 che regolamenta l’interruzione volontaria di gravidanza. Dal 2000 a oggi le donne vittime di omicidio volontario nel nostro Paese sono state 3mila: nel 2016 i femminicidi sono tornati a crescere rispetto all’anno precedente (+5,6%, da 142 a 150), trend sostanzialmente confermato dai 114 casi piu’ di uno ogni 3 giorni – dei primi dieci mesi di quest’anno. L’incidenza femminile sul numero di vittime totali di omicidi non e’ mai stata cosi’ elevata, 37,1%: nel 2000 si attestava sul 26,4%. Sono numeri di una strage infinita quelli delineati nel quarto Rapporto Eures sul femminicidio in Italia, pubblicato alla vigilia della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza. Un dato particolare che riguarda un aspetto specifico della violenza di genere è costituito dalle molestie e dai ricatti sessuali in ambito lavorativo: sulla base di una rilevazione svolta dall’ISTAT nel 2016, si stima che un milione e 403 mila donne abbiano subito, nel corso della loro vita lavorativa, molestie o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Rappresentano circa il 9 % delle lavoratrici attuali o passate, incluse le donne in cerca di occupazione. In particolare, i ricatti sessuali per ottenere un lavoro, per mantenerlo o per ottenere progressioni nella carriera hanno interessato, nel corso della loro vita, 1 milione e 100 mila di donne (pari al 7,5% delle lavoratrici). I dati riferiti dal Ministro dell’Interno mostrano una crescente tendenza (in termini assoluti) alla denuncia: si è passati infatti dai 9.027 atti persecutori denunciati nel 2011 ai 13.177 del 2016, con un aumento del 45%. Nei primi nove mesi del 2017 però si è registrato un calo del 15,7%. Anche nel G7 delle pari opportunità tenutosi a Taormina si è parlato di violenza contro le donne, ed è stato presentato un documento sottoscritto dalle rappresentanti di Canada, Gran Bretagna, Usa, Francia, Germania, Giappone (unico rappresentante uomo), con la presenza anche della commissaria Ue, Vera Jourova. Il documento impegna i governi ad avviare un percorso concreto contro le discriminazioni subite dalle donne, sul lavoro, a casa, nella quotidianità, partendo da una ammissione ufficiale, non scontata:“nessun paese ha ancora la parità di genere de facto” e, dal momento che non c’è sviluppo senza un riequilibrio di genere, su questo tema serve un “cambio di mentalità”. Si prevedono azioni per la crescita dell’occupazione femminile (ridurre entro il 2025 il divario del 25%), per la presenza in politica e nei luoghi decisionali. In particolare, la violenza sulle donne occupa nel documento uno spazio strategico e tutte le rappresentanti – nella conferenza stampa finale – hanno confermato il loro impegno anche a sostegno delle vittime della tratta. Tutte hanno convenuto che si tratta di una sfida impegnativa e da affrontare con serietà e determinazione e con un impegno reale. Interessanti anche i dati del progetto Revamp presentati il 14 novembre scorso al Ministero della Salute, a cui ha partecipato l’Istituto Superiore di Sanità e l’Ospedale Galliera di Genova che fa parte della rete ospedaliera che raccoglie i dati sulla violenza nell’ambito dell’Injury Database europeo (IDB). Se ai Pronto soccorso la violenza è la seconda causa di accesso delle donne, un grande allarme riguarda l’accesso delle bambine, delle quali il 17,9% è vittima di aggressioni sessuali. La ricerca dimostra che le violenze incidono fortemente sullo stato di salute della donna e, anche quando non fatale, o causa di interruzione di gravidanza, il trauma ha delle conseguenze invalidanti, come per gli episodi di ustione, avvelenamento o intossicazione. I risvolti negativi possono ripercuotersi anche sulla psiche, con problemi di salute che includono il Post Traumatic Stress Disorder (Ptds), depressione, abuso di sostanze e comportamenti auto-lesivi o suicidari, disturbi alimentari, sessuali. – Occorre investire con continuità nella prevenzione e nella protezione delle vittime – conclude la consigliera Lembo – occorre prevedere misure di sostegno medico, psicologico e legale alle vittime e azioni istituzionali di prevenzione nel settore educativo e dell’informazione nonché costituzioni di parte civile e se è indifferibile l’approvazione di ogni norma necessaria, occorre nel contempo acquisire la consapevolezza che la violenza contro le donne è socialmente, prima ancora che penalmente, inaccettabile. Obiettivo però fondamentale è cambiare l’approccio culturale, scommettendo soprattutto sui giovani, affinché si facciano portatori del cambiamento”.