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Sei anni fa ci lasciava il manager Sergio Marchionne

Il 25 luglio 2018 moriva all’Ospedale universitario di Zurigo Sergio Marchionne a soli 66 anni. Più passa il tempo e più si consolida la certezza che Sergio Marchionne, nato a Chieti in Abruzzo e cresciuto in Canada, sia stato il più grande global manager degli ultimi vent’anni. Nel nostro Paese, nonostante sia stato un personaggio divisivo, aumentano le iniziative per ricordarne il grande valore. Così, la Format School UniMarchionne, deputata a gestire un importante Master in crisi d’impresa non universitario per conto di Format, Ente di formazione professionale dauno fondato nel 2001 dall’attuale direttore Antonio Dell’Aquila, potrebbe rappresentare il primo passo concreto per la nascita dell’Università degli Studi in crisi d’impresa più grande al mondo, dedicata a Sergio Marchionne. Un’idea avuta anni fa dell’avv. Luigi Iosa, segretario generale del Premio “Donato Menichella”. Nel corpo docente del Master, anche se c’è riserbo, trapelano nomi di professionisti e manager di altissimo livello. Tra questi. spiccano i nomi di noti docenti universitari, che insegnano anche all’estero, nomi di importanti economisti, alcuni di loro allievi dell’economista pescarese Federico Caffè, uno dei principali diffusori della dottrina keynesiana in Italia, e di top manager di caratura internazionale. Ci sarebbero un ex top manager bancario e di Cassa Depositi e Prestiti, l’ex numero due di Nokia, uno dei più grandi esportatori di vini italiani nel mondo, un top manager di Divella, il presidente di Confindustria Puglia, nonché l’ex numero due dei Servizi Segreti militari italiani (AISE) e un noto critico d’arte e letterario abruzzese. Inoltre ci sarebbe anche un ex magistrato, che ha contribuito a fare la storia dell’antimafia in Sicilia come stretto collaboratore di Falcone e Borsellino. Perché in Italia occorre l’UniMarchionne?
https://mowmag.com/attualita/il-futuro-della-classe-dirigente-passa-per-l-unimarchionne-luigi-iosa-dedicato-al-piu-grande-manager-italiano
La classifica delle migliori università del mondo (e il miglior risultato di sempre per un’italiana)

QS University Rankings 2025, la classifica delle migliori università del mondo. PoliMi primo in Italia e 111esimo al mondo, seguito dalla Sapienza di Roma e dall’Alma Mater di Bologna. Il Politecnico di Milano continua la sua scalata nella classifica QS delle migliori università del mondo. Quest’anno è 111esimo su 1.503 atenei. In questo modo entra di diritto nel «top 8 per cento» mondiale. E’ il miglior risultato di sempre per un’università italiana. L’ingresso nel club delle prime cento, che fino a qualche anno fa pareva un obiettivo irraggiungibile, non è più così lontano. Anche la Sapienza e l’Alma Mater di Bologna — rispettivamente 132esima e 133esima — continuano a guadagnare posizioni. Ma in generale il cammino delle italiane resta in salita: difficile competere con sistemi come quello britannico che spendono il doppio di noi (in rapporto al Pil) o con quello americano che si conferma al vertice della classifica con il Mit di Boston. La posizione di eccellenza del PoliMi non è una novità. Nella classifica dei migliori corsi di laurea pubblicata da QS pochi mesi fa, era fra le prime dieci al mondo sia in Architettura e in Design che in Ingegneria meccanica e aeronautica. Ma quest’anno c’è anche un altro exploit da segnalare, quello dell’università di Bologna che scala 21 posizioni piazzandosi subito dietro la Sapienza. Entrambe si distinguono per l’eccellente posizionamento in quello che è considerato l’indicatore più importante di questa classifica: la reputazione accademica, in cui l’Alma Mater è prima in Italia e 69esima al mondo, seguita a ruota dalla Sapienza (70esima). Terzo il PoliMi (90esimo), che può contare anche su un’ottima fama presso i datori di lavoro (82esimo). Al quarto in Italia si conferma l’Università di Padova che rispetto all’anno scorso perde però ben 17 posizioni (è 236esima). Quinto il Politecnico di Torino che invece scala 11 posti e ora è 241esimo. Segue la Statale di Milano che anch’essa scende di 9 posizioni collocandosi al 285esimo posto. Nessun altro ateneo nostrano riesce a piazzarsi fra i primi trecento al mondo. Delle 42 università italiane classificate, quindici salgono in classifica, nove mantengono la stessa posizione e le restanti diciotto perdono terreno.

Uno dei fattori che più penalizza il nostro sistema in queste classifiche è il rapporto studenti-docenti: 20 a uno, contro 17 in Francia, 15 nel Regno Unito, 12 in Germania. Un altro è la scarsa internazionalizzazione: i nostri atenei continuano a essere poco attraenti sia per gli studenti che per i docenti stranieri. A frenare i primi, oltre alla barriera linguistica (i corsi in inglese restano una minoranza), c’è il costo medio delle rette, fra i più alti dell’Europa continentale (circa mille euro, secondo l’ultimo rapporto Udu). Mentre a disincentivare i docenti ci pensano l’esiguità degli stipendi e la scarsità dei fondi per la ricerca, oltre a un sistema di reclutamento ingessato e poco trasparente.

La top ten mondiale.

La classifica è guidata anche quest’anno dal Mit che da tredici edizioni è saldamente in testa al ranking. Sorpresa, invece, al secondo posto dove si impone l’Imperial College di Londra che guadagna quattro posizioni, supera Oxford (terza) e relega un’altra star, Cambridge, al quinto posto. Unica università continentale in questa decina è l’università politecnica Eth di Zurigo, che si conferma settima. Per l’Asia c’è la National University di Singapore, ottava.
QS World University Rankings 2025: Top 10

1. Massachusetts Institute of Technology (MIT), Stati Uniti (1 nel 2023)
2. Imperial College London, Regno Unito (6)

3. University of Oxford, Regno Unito (3)

4. Harvard University, Stati Uniti (4)
5. University of Cambridge, Regno Unito (2)

6. Stanford University, Stati Uniti (5)

7. ETH Zurich, Svizzera (7)

8. National University of Singapore (NUS), Singapore (8)

9. UCL, Regno Unito (9)

10. California Institute of Technology (Caltech), Stati Uniti (15).

(Fonte Corriere della Sera del 6 giugno 2024).

In altri termini, per migliorare il livello delle nostre Università. occorrono necessariamente: l’internazionalizzazione, più corsi in lingua inglese, maggiore innovazione, più pratica, più ricerca, meno tasse e più meritocrazia.

Luigi Iosa

Redazione

CBlive

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