Senza lavoro o lontani da casa: Gianmarco e Sergio il volto dei papà moderni
LUDOVICA COLANGELO
Hanno rivestito per generazioni intere il ruolo del genitore dedito al lavoro, deputato a portare la “pagnotta” a casa, lasciando alle donne e alle mogli l’educazione dei figli. Negli ultimi anni, però, in molti hanno oltrepassato le barriere dei ruoli per contribuire, in ogni aspetto, alla vita familiare. Ora non sempre sono la forza economica più importante del focolare domestico, sono coloro che, se necessario, si recano a fare la spesa e che aiutano nelle faccende domestiche. In alcuni casi seguono, insieme alle donne, i figli in ogni attività. È questo il mondo dei papà moderni, incarnato bene da Gianmarco Galuppo, trentenne molisano con, in tasca, una laurea in filosofia. “Al momento non ho un lavoro vero e proprio, da poco è terminato il contratto con il Servizio Civile. Nel frattempo sto preparando dei progetti di scrittura e faccio il papà”, racconta Gianmarco.
In una società dove il posto fisso è un miraggio e la disoccupazione è a portata di mano, il trentenne molisano, rappresenta a pieno il volto di una società che cambia.
“La mia compagna lavora ed io, – dice – quando lei non è a casa, cerco di stare con il bimbo”
Un mondo che non offre sicurezze per creare una famiglia ma, nel quale, le giovani coppie affrontano anche in modo più attento la vita da genitori. “Nella cura di nostro figlio ci alterniamo. Cerchiamo, però, di mantenere i ruoli distinti. Io, ad esempio, mi occupo di più del gioco”, dice infatti Gianmarco.
Scelte compiute con un po’ si sana incoscienza o ragazzi in grado di adattarsi ad una società che cambia? “Vorrei avere una maggiore sicurezza economica, questo sì. Importante, però, è non avere nulla da rimproverarsi. Negli ultimi anni non ci sono molte alternative. I tempi sono cambiati. Non possiamo attendere il posto fisso per creare una famiglia e magari rischiare di non avere né una sicurezza economica e né le energie adatte per prendersi cura di un bambino. Le forze che ho ora, infatti, non le potrò avere tra qualche anno.”
Allo stesso tempo, ci sono però ancora dei papà che non vedono i figli crescere e, in molti casi, non sentiranno nemmeno il primo pianto del loro bambino. Sono i tanti papà costretti a scappare dalla terra d’origine per cercare fortuna altrove. È questa la storia di molte persone come Sergio Wally nato in Gambia e residente in Molise da tre anni. Il ventenne che lavora, di notte in un’azienda avicola , in Africa ha una donna che lo ama ed un figlio in arrivo. “Sono emigrato all’ età di 17 anni e – racconta Sergio – quando sono andato via dal Gambia già conoscevo quella che, nell’ ottobre scorso, è diventata mia moglie. Ora aspettiamo un bambino, però, io potrò far rientro in Africa solo tra due anni”.
Questo è il volto dei tanti papà migranti, costretti, per povertà o per guerra a fuggire dalla loro terra e vivere distanti da mogli e figli. È il volto dei sacrifici più duri, pur di garantire, ai propri cari, una vita dignitosa. “Mi fa male – dice con dispiacere il giovane – non vedere mio figlio crescere nella pancia di mia moglie. So già che non ci sarò nelle prime ore di vita di mio figlio e questo non mi rende affatto felice. Mi piacerebbe essere in Gambia, purtroppo, però, nel mio Paese c’è tanta povertà. Così io devo lavorare in Italia per poter sostenere economicamente la mia famiglia”.
Ginmarco e Sergio sono volti di una società che cambia, ma anche di una generazione che non ha voglia di arrendersi, ma che è capace di mutare in base alle esigenze e alle situazioni, affrontandole con coraggio.
A tutti coloro che ogni giorno affrontano dei sacrifici per far crescere i propri figli nel migliore dei modi: Buona festa del papà!