Cultura

“Non aprire che all’oscuro”: Brunetti incontra studenti e migranti. Negli scatti della mostra il destino che unisce ogni uomo

Un momento dell’incontro all’ex Gil

ANDREA VERTOLO

“Dentro quelle casse, tra quelle lastre, due straccivendoli in mezzo alla strada ci mettevano le mani, come a cercare chissà che cosa. Sono lastre di fotografie antiche, notai subito, e le comprai immediatamente. Le portai in cantina, mi chinai su di esse, erano del 1904. Un secolo separava me da quelle fotografie e, impresso su quelle casse, lessi la scritta: Non aprire che all’oscuro”. Con questo racconto Flavio Brunetti ha accolto ieri, sabato 27 febbraio 2016, i migranti dei centri di accoglienza di Campobasso, affiancati anche da alcune classi delle scuole elementari. Una visita guidata, quella tenutasi nello spazio espositivo della ex Gil, con la quale lo stesso ideatore e realizzatore della mostra ‘Non aprire che all’oscuro’ , ha voluto salutare gli ultimi due giorni dell’esposizione, inaugurata lo scorso 14 gennaioe che ha registrato un altissimo numero di visitatori.

Le fotografie esposte mostrano, attraverso i volti dei protagonisti, un importante tracciato della storia e della terra del Molise. I segni del lavoro nei campi, impressi nelle facce scure delle donne. Le scarpe degli uomini logore e sporche di fango, immortalate, insieme alla serietà dei volti, nel flash del fotografo. Immagini di povertà e di fame, rappresentate dal volto di bambini con in mano un mela e un borsellino vuoto, aperto, per dire al padre, emigrato in America, che bisogna fare in fretta mandare dei soldi.

“Sono felicissimo – ha affermato Brunetti – di poter fare da guida ai bambini e ai migranti. Sono loro il futuro di questa Europa. Le foto mostrano un periodo della nostra storia molto importante dove gli uomini, per sfamare le proprie famiglie, dovevano emigrare in America. Noi – ha continuato – oggi siamo l’America agli occhi di questi migranti, per questo è importante che loro, insieme ai nostri bambini, conoscano la nostra storia”.

Nella sala, di fronte alle tante fotografie, si alternava lo stupore e la curiosità dei bambini delle scuole e quello dei migranti, provenienti dal Pakistan e dall’ Afghanistan, incuriositi dalle storie di quegli uomini fotografati, tanto lontani nel tempo, ma così vicini nell’esperienza di vita vissuta.

“Questo incontro  – ha concluso Brunetti – è il motivo vero di questa mostra, che vuole lasciare un messaggio a tutti. Noi, su questa faccia della terra, siamo tutti connessi, legati da un unico destino”.

Redazione

CBlive

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