Cronache marziane / Unioni civili, quando pronunciare “stepchild adoption” rischia di far cadere la dentiera. Tra paure, incomprensioni e pensieri divergenti
CRISTINA SALVATORE
Se n’è parlato fino allo sfinimento, è l’argomento più discusso del momento (dopo il Festival di Sanremo) e quello che ha diviso l’opinione pubblica tra favorevoli, contrari e scettici: sto parlando del pluricriticato disegno di legge Cirinnà che disciplina le unioni civili e la stepchild adoption.
Da un sondaggio lanciato attraverso la testata giornalistica CBlive, che sostanzialmente chiedeva ai cittadini molisani di esprimere la propria opinione in merito alla delicata questione, il risultato ha visto un numero cospicuo di persone favorevoli alle unioni civili, ma contrario all’adozione del figlio del partner da parte delle coppie omosessuali.
Volendo approfondire la questione ‘de visu’, una bella mattina di febbraio sono uscita di casa con la mia agenda per gli appunti e ho fermato diverse persone al fine di ottenere una risposta esaustiva a riguardo.
Vengo al dunque: tra chi credeva io fossi una testimone di Geova e chi una molestatrice seriale di pensieri altrui, sono riuscita a farmi rilasciare giusto due frasi in croce solo quando ho precisato che: a) non avevo intenzione alcuna di convincere nessuno a diventare fan di un’altra divinità suprema che non fosse Dio o il Mago di Arcella; b) che non cercavo alcun tipo di firma ‘contro la droga’ (e tra l’altro non ho mai capito l’utilità pratica del rilasciare uno scippo volante al fine di eliminare per sempre il consumatore compulsivo di sostanze stupefacenti).
Ad ogni modo qualche anziano di buon cuore si è pure fermato, ma giunto il momento di pronunciare le parole ‘stepchild adoption’ ci siamo resi conto che la dentiera era a rischio ‘caduta libera su Corso Vittorio Emanuele’ e quindi sorvolare è parsa a tutti la soluzione più indicata. Sicuramente le persone di una certa età si sono rivelate le più simpatiche e disponibili in assoluto, quelle con le idee ben chiare su tutta la complessa questione: “No. Solo il matrimonio esiste e solo tra uomo e donna”. Argomento ‘adozione del figliastro’, neanche contemplato.
I più giovani, invece, si sono dimostrati sostanzialmente favorevoli sia alle unioni civili che alla stepchild adoption. Purtroppo in tanti sono riusciti a risalire solo al significato della parola che segue ‘stepchild’, confondendo la prima con stress-child, magari. Ho cercato di darmi una spiegazione in merito pensando a piccoli cuccioli di uomo che urlano dentro i supermercati perché vogliono a tutti i costi la ‘ruspa giocattolo’: scopo del gioco? Buttare giù i cd ROM che hanno visto sul tavolo dei genitori molisani leghisti (giuro che esistono!). Risultato finale ottenuto? Lo STRESS (child) epocale degli sciagurati in fila alle casse.
Io sono giunta alla seguente conclusione: quello che, fondamentalmente, porta la maggioranza delle persone a schierarsi contro questo benedetto ddl Cirinnà, è la dilagante paura dell’utero in affitto (tra l’altro non menzionato nel disegno di legge, ma praticato da anni in gran parte del mondo quasi esclusivamente da coppie etero) e dell’adozione del “figliastro” da parte del genitore dello stesso sesso. La gente quando sente parlare di ‘affitti’ non ci capisce più nulla, parte prevenuta. Già la parola ‘in vendita’, secondo una ricerca di mercato, è più rassicurante.
Pensiamo alla gente che ogni giorno mette in vendita un rene per tirare avanti: nessuno scandalo, nessuna protesta, nessuna manifestazione eclatante. I reni appartengono a questa gente disgraziata e ognuno, del proprio corpo, può fare ciò che vuole. Ma l’affitto dell’utero proprio no. L’affitto spaventa, costa, va dichiarato e l’inquilino non lo puoi cacciare prima dei 9 mesi sanciti. Anche se l’utero non è il tuo, nessuno ti insemina con pistola ad acqua (a tua insaputa) mentre dormi… no. Non se ne parla. L’affitto neanche a pagarlo.
Il discorso, poi, che un bambino con due mamme (o due papà) non possa essere cresciuto bene, è alquanto scontato. Ci vogliono per forza una mamma e un papà senza se e senza ma. Neanche una vedova di guerra va bene: una mamma e un papà. Tocca quindi controllare che nelle case degli italiani le donne facciano le mamme/femmine e gli uomini i papà/maschi. Che si amino in eterno e che non riproducano il gene omosessuale (dato che un gay o un lesbica sono sempre il frutto di un accoppiamento naturale tra appartenenti del sesso opposto). Dunque, se una mamma/donna lavora tutto il giorno per portare lo stipendio a casa non trovando neanche il tempo di depilarsi, mentre un papà/uomo, disoccupato, passa la settimana tra lampade, sfoltimento sopracciglia ad ali di gabbiano e iniezioni di botulino (per restare giovane in eterno come la natura impone), va bene oppure no? Giusto per sapere.
Ultima questione: gli esempi cosiddetti ‘sbagliati’ (quelli che in tanti, dicono, siano da condannare, da non seguire, da evitare o da punire, quelli per cui forse varrebbe davvero la pena una mobilitazione di massa sentita), sono gli abusi continui sui minori da parte di adulti senza scrupoli, le violenze domestiche, gli omicidi in famiglia, i tradimenti seriali, le mortificazioni psicologiche quotidiane, la vigliaccheria e la discriminazione o l’amore tra persone dello stesso sesso? Facciamo un altro sondaggio.