Cronache marziane / Un viaggio nella Campobasso city tra terremoto, neve e Hipster. Perchè il Molise esiste e non si fa mancare nulla
CRISTINA SALVATORE
La domanda nasce spontanea: in Molise è arrivato prima il terremoto o l’inverno?
Ma andiamo per gradi, quelli Richter però.
Dopo mesi di temperature anomale che avevano fatto sperare tutti gli Hipster del capoluogo di poter continuare ad indossare pantaloni aderenti con risvoltino sopra la caviglia e annesso mocassino basso fino a maggio, mentre WWF e ricercatori delle università americane di Stanford e Berkeley lanciavano l’ennesimo e disperato allarme riguardo al problema del riscaldamento globale, all’improvviso l’inverno è tornato a fare il suo mestiere.
Coincidenza (?) ha voluto che la terra molisana (notoriamente soggetta a sismi di pericolosa entità da sempre) si ricordasse che, effettivamente, anche lei non stava lavorando come si deve da un po’. Quindi, a braccetto, neve e scosse sono arrivate con la precisa idea di ricordare agli Hipster di tutta la città che sarebbe preferibile indossare gli antiestetici ma caldi Moon Boot piuttosto che le Espadrillas, sottolineando che a gennaio ha sempre lavorato l’inverno e, quindi, scappare fuori a causa di un terremoto, sotto una tormenta di neve, con le ciabattine può risultare controproducente.
Ora, una delle poche cose certe che un cittadino campobassano sa o dovrebbe sapere è che nella sua città, in inverno, FA FREDDO! Non un freddo normale. Fa così freddo che se levi un guanto per cercare le chiavi dell’auto nella tasca, poi devi levare anche l’altro guanto per cercare la mano con cui stavi cercando le chiavi dell’auto nella tasca. E così via fino all’arrivo del 118 chiamato da una vecchina affacciata alla finestra per farsi i problemi degli altri. Eppure quando arriva la neve a Campobasso, anccora tanta gente commenta il fenomeno come se stesse fioccando a giugno in quel di Cuba.
Un’altra delle poche cose certe che un cittadino del capoluogo molisano sa o dovrebbe sapere (purtroppo) è che la terra può tremare, ma a questo non è proprio possibile fare l’abitudine, e lo capisco.
Quello che, invece, non capisco è come si possa pensare di aggiornare lo status sui social nel bel mezzo di una scossa di grado 4.3 Richter al posto di prendere in braccio la nonna azzoppata e cercare rifugio sotto l’uscio del muro portante di casa. Lo suggerisce pure la Protezione Civile nel protocollo di sicurezza assieme alla raccomandazione di star lontani da linee elettriche e telefoni.
Probabilmente il campobassano medio, vivendo in una città abbastanza tranquilla (per sua fortuna), pensa che un selfie mentre la nonna rotola giù dal divano con una tegola canadese in testa sia un evento da immortalare e condividere con gli amici milanesi.
Altro punto degno di nota è quello che si trova nel piano di emergenza redatto dalla Protezione Civile ed inserito nella guida per affrontare calamità naturali come il terremoto, ad esempio: “ Evita di andare in giro a curiosare e raggiungi le aree di attesa individuate dal piano di emergenza comunale.”
Giusto per chiarire una cosa: è dunque consigliabile, tra una scossa e l’altra, non scappare fuori per mettersi a curiosare se la vicina ha davvero buttato la plastica nel contenitore dell’umido o viceversa come ci era sembrato la sera prima. Bisogna piuttosto affrettarsi a trovare l’area di attesa e…attendere lentamente una morte dolorosa per assideramento.
Io vi dico la verità: dovesse tornare a tremare la terra anche oggi, correrò verso il termosifone e lo abbraccerò attendendo l’arrivo dei soccorsi, conservando nella mia mente l’unico pensiero che mi assilla da ieri sera alle 20.00: “Ma io, le gomme termiche, le ho fatte mettere o no?”.