San Valentino, la festa degli innamorati tra storia e tradizioni locali
LUCIANA IAMARTINO
Il tema dell’amore è presente in ogni buona azione che compiamo. L’amore è l’essenza della vita, senza di esso non ci sarebbe futuro. Ci assicura reciproca felicità, può essere casto, platonico, sensuale, passionale, travolgente, ma anche tormentato e non corrisposto.
Viene decantato nella letteratura, nella musica, attraverso l’arte, il teatro, il cinema, perché l’amore è il tema più importante nella vita dell’essere umano, che scatena sensazioni di vario genere, è un sentimento così soggettivo, che non sarà mai uguale per tutti, ma ciò che lo accomuna è quel battito nel cuore che non si può controllare.
Da sempre, l’amore è quel sentimento che riempie le nostre giornate, ci fa gioire, ci fa piangere, ci fa disperare, ma sicuramente senza amore non si può vivere. Si capisce che è amore quando da lontano noti il suo sguardo e gli atteggiamenti cambiano, diventando incontrollabili, il cuore inizia a battere all’impazzata e la respirazione è accelerata. Sensazioni meravigliose, presenti sin dagli albori dell’umanità.
L’amore ci insegna a non odiare e a non commettere più quei grandi errori ed orrori che sono stati commessi nel passato.
La nostra regione è ricca di storie d’amore tormentate e travagliate, le quali, purtroppo, non si concludono tutte con un “Lieto Fine”.
Ricordiamo la struggente storia d’amore di Delicata Civerra e Fonzo Mastrangelo: due giovani vissuti a Campobasso alla fine del Cinquecento, appartenenti a due confraternite diverse, Crociati e Trinitari, sempre in combutta tra loro per il predominio sulla città. La leggenda narra di un amore reciproco, un amore tenero, educato, mai sconcio, il tipico amore cinquecentesco, circondato dall’eleganza, dall’educazione, che si atteneva al codice della cavalleria, a cui ogni nobile Signore Feudale, doveva ispirarsi e rispettare.
Invano fu il tentativo dei giovani innamorati, di convincere i genitori ad essere favorevoli alla loro unione. I giovani furono allontanati: Delicata fu rinchiusa all’interno di una torre umida e fredda, la famosa Torre Terzano, e pian piano la giovane donna si ammalò, ma difese sempre il suo grande amore, senza scendere a compromessi con il padre. Il giovane Fonzo, non sopportando più di vivere senza la sua amata, si arruolò nella Milizia Militare, offrendo la sua spada al suo Signore che combatteva nelle Fiandre. La pace tra le due fazioni, si ebbe durante la Quaresima del 1587, ad opera di Fra Geronimo, il quale, riuscì a convincere le due confraternite a “deporre le spade” e a mettere da parte gli antichi dissapori. Fonzo Mastrangelo, saputo della pace avvenuta, rientrò a Campobasso e corse dalla sua amata, ma la fanciulla, ormai in fin di vita, le spirò tra le braccia dopo averle donato un anello.
Un destino crudele che non ha concesso ai due giovani di coronare il loro sogno d’amore. Ma il sorriso stampato sulle labbra della fanciulla, ci insegna la costanza e il coraggio che ha avuto Delicata fino alla fine, senza mai arrendersi e senza mai rinnegare il suo grande amore.
E ancora, ricordate la storia della Fata di Castropignano?
Il simbolo di questa leggenda è il Cantone della Fata, una grande roccia posizionata sul lato Nord del suggestivo Castello D’Evoli. La leggenda narra di una ragazza talmente bella da essere chiamata “La Fata”, promessa sposa di un giovane fortunato del posto. All’epoca però, vigeva la legge dello “Ius Primae Noctis”: il diritto da parte del Signore Feudale, in questo caso un Duca, di poter trascorrere la prima notte di nozze con la moglie di un servo. Una legge terrificante, alla quale la giovane donna, non voleva sottostare.
Era una notte tempestosa, la Fata inseguita dalle guardie del Duca, si diede alla fuga e non riuscendo a trovare via d’uscita, si gettò nel vuoto, proprio dalla roccia denominata poi, il Cantone della Fata.
La giovane si sottrasse così al disonore per amore: “meglio morire che essere usurpata della propria virtù”. Ancora un gesto estremo in onore dell’amore.
A Sepino invece, si racconta la drammatica storia d’amore tra una nobile fanciulla e un Capo Brigante, ambientata nel periodo Borbonico. La vicenda narra che nel settembre del 1862 vengono derubati e assassinati da trenta briganti a cavallo due giovani sposi sul ponte del fiume Tammaro nella piana di Sepino.
Ma perché tanta efferatezza nei confronti di due giovani sposi, Carolina Cinelli di Morrone e Luigi Stanislavo di Frasso, che coronato il loro sogno d’amore, si apprestavano a raggiungere il loro nido D’amore?
La voce popolare parla di delitto passionale. Sembra che la giovane donna, in precedenza amoreggiasse con Michele Caruso, ma quando la famiglia della fanciulla seppe che il Caruso, da sottufficiale dell’Esercito Borbonico si era dato alla “macchia” dopo lo sbandamento delle truppe di Ferdinando II, respinsero le sue offerte amorose, costringendo la ragazza a sposare il Fusco. Il Capo Brigante Michele, preso dall’ira, assaltò la carrozza nell’intento di uccidere solo lo sposo e non la sposa. Ma la sposa, istintivamente, fece da scudo con il suo corpo e la giovane fanciulla morì. Il Capo Brigante, nella disperazione più assoluta, uccise anche lo sposo. Un amore tormentato ed ossessivo che portò all’arresto del brigante.
Anche nella città marittima di Termoli, si racconta una stravagante storia d’amore
Si dice che una ragazza abitante in via Fratelli Brigida, faceva l’amore con un giovane del borgo vecchio. La mamma di lei contraria a questo amore, la chiudeva in camera affinché non potesse scendere nel giardino, dove era solitamente incontrare l’innamorato. Il giovane, non potendo più raggiungere la sua bella, da buon Romeo salì per la finestra. In tal modo gli incontri furono più frequenti. Un giorno la madre della ragazza, entrando improvvisamente nella camera dove era chiusa sua figlia, si trovò dinanzi lo spettacolo dell’amore. Ella sentendosi, per quella scema, smarrita e stupefatta, non ricordò se per entrare aveva usato in quell’attimo la chiave di quella stanza, e volgendo lo sguardo alla sua cintola, la notò collocata al posto abituale. Pertanto, ancora più disorientata, essendosi ricordata di averla appena usata, esclamò di getto: “Chiave ‘ncinde e Micheline dinde”.
Questa di Termoli è l’unica che ha un lieto fine, perché dato che la ragazza era stata usurpata, la loro unione venne consacrata.
Queste famose storie vengono tutt’ora narrate poiché ricche di significato simbolico ed insegnamenti. L’amore è sempre stato un sentimento presente in ogni epoca e cultura ed ha provocato mille vicende esemplari degne di ricordo.
Oggigiorno a causa della pandemia è quasi impossibile soddisfare i propri sentimenti e bisogni amorosi ma con la fantasia e un po’ di pazienza è possibile sopportare la lontananza dalla persona amata e resistere ad essa.