Cronaca

Smaltimento illecito di rifiuti nel sottosuolo e nel fiume Volturno: in manette l’ex patron di ‘Foreste Molisane’. Accusato di minacce agli operai e di rivendere il latte scaduto

forestale1Una notizia rimbalzata su tutti i principali notiziari nazionali: il fatto avvenuto nella provincia di Caserta, ma che riguarda, tristemente, anche il confinante Molise. Il 75enne imprenditore Giuseppe Gravante, ex patron di ‘Latte Matese’ e proprietario di ‘Foreste Molisane’, è stato posto ai domiciliari e dovrà rispondere di alcuni reati, tra cui estorsione e smaltimento illecito di rifiuti. Quaranta anni dedicati alle sue aziende e, ora, l’amara confessione di uno dei suoi ex dipendenti: Gravante avrebbe costretto, sotto la minaccia del licenziamento, i lavoratori dell’azienda a sversare rifiuti zootecnici nel Volturno, sotterrando ogni altro tipo di rifiuti nei terreni della propria azienda agricola.

L’imprenditore è proprietario di alcuni allevamenti e di un grande stabilimento a Gioia Sannitica (comune che nel 2008 ha conferito a Gravante la cittadinanza onoraria, in quanto ‘re del latte’), dove fino al novembre scorso veniva imbottigliato il latte ‘Foreste Molisane’, azienda oggi sottoposta alla curatela fallimentare.

Secondo quanto si apprende dalla nota della Procura di Santa Maria Capua Vetere (il pm è Raffaella Capasso, delegata al Corpo Forestale), il dipendente avrebbe denunciato la vendita di latte scaduto, attraverso un sistema che prevedeva il riutilizzo dei resi, mescolato con il latte fresco, prima di essere rimesso in commercio.

sp__Foreste_MolisaneInoltre, in venti anni, dal 1994 fino a qualche mese fa, Gravante avrebbe costretto i dipendenti a sversare nel fiume Volturno gli escrementi provenienti dal suo allevamento, composto da circa 3.500 bovini. Secondo la Procura, l’inquinamento prodotto al corso d’acqua, quotidianamente, sarebbe stato pari a quello di una città di 24mila abitanti. Nel fiume Volturno sarebbero stati sversati, attraverso un sistema di pompe idrauliche e canalizzazioni, anche i reflui delle sale di mungitura, oltre alle acque di lavaggio delle stalle contaminate da detergenti e acidi altamente tossici.

L’ex dipendente è stato solo il primo a raccontare un’amara verità, rompendo “il muro di omertà che proteggeva l’illecita attività protrattasi per una ventina di anni”, confermata e rafforzata successivamente anche dalle testimonianze di altri ex lavoratori, grazie ai quali sarebbe stato appurato che le operazioni di sversamento avvenivano di notte o quando pioveva, per eludere i controlli, considerando che l’acqua piovana nascondeva quello che stesse accadendo.

Secondo una delle testimonianze, dal 1994 al 2008, quotidianamente venivano interrati e bruciati, su una superficie di 100 metri quadrati e a tre metri di profondità, tutti gli scarti dell’azienda, comprese bottiglie in tetrapack, in p.e. e in pet, nonché etichette di carta e plastica, per un equivalente di 6,5 tonnellate al giorno. Il risparmio per l’azienda, in termini di smaltimento dei rifiuti, era di circa 72mila euro all’anno, pari a circa un milione di euro nel periodo di riferimento.

Il Corpo Forestale dello Stato, con uomini e mezzi messi a disposizione dall’Esercito Italiano e con la collaborazione dei tecnici dell’Arpa Campania, effettuerà gli scavi nella zona, attualmente sottoposta a sequestro, al fine di analizzare e campionare ciò che è stato occultato nel sottosuolo.

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