Sanzione disciplinare per un poliziotto a colloquio con la dirigente. Il Tar accoglie il ricorso sul provvedimento punitivo. L’avvocato Rossi: “Garantiti i diritti della Costituzione all’interno della pubblica amministrazione”
Non ci sarà nessuna sanzione disciplinare per un assistente capo della Polizia di Stato di Campobasso che, nel rappresentare alla propria dirigente alcune problematiche dell’ufficio, si era visto impartire una punizione dai suoi superiori per aver utilizzato toni inappropriati e offensivi.
Quel provvedimento, infatti, è stato impugnato dai legali dell’assistente capo della Polizia, gli avvocati Guido Rossi e Raffaele Fallone e, ora il Tribunale Amministrativo Regionale con la sentenza numero 529 del 2017, ha accolto il ricorso.
La vicenda era sorta a seguito di un colloquio, in una stanza privata, tra il ricorrente e la sua dirigente. Al termine del confronto la dirigente, ritenendo che il dipendente avesse utilizzato toni inappropriati, aveva avanzato una sanzione disciplinare. Nelle memorie difensive, i legali del poliziotto avevano, però, chiesto l’ammissione dei testimoni, con la cui esclusione, non era stato concesso al dipendente di difendersi adeguatamente.
A dirsi soddisfatto della decisione del Tar Molise è l’avvocato Rossi, per il quale “il provvedimento punitivo non è stato avallato da alcun elemento di riscontro”.
“E’ una sentenza – così commenta il legale – che rende giustizia e che fissa dei paletti fondamentali per l’emissione di provvedimenti sanzionatori. I valori costituzionali, come il rispetto del contraddittorio e del diritto di difesa, debbono essere sempre garantiti, soprattutto da chi assolve un ruolo fondamentale all’interno della pubblica amministrazione. Sanzionare un dipendente come il ricorrente, dal foglio matricolare esemplare, senza prove, senza consentirgli un’adeguata difesa e alla luce di acredini, significherebbe – conclude l’avvocato Rossi – ledere i valori garantiti dalla costituzione”.