Operazione Pinocchio e via Quircio come Scampia, il 43enne si avvale della facoltà di non rispondere. Al vaglio del difensore il fascicolo accusatorio
Il 43enne finito in carcere per droga durante il blitz della Polizia si è avvalso della facoltà di non rispondere. L’uomo, nel carcere di via Cavour, è rimasto in silenzio dinanzi alle domande del giudice per le indagini preliminari, Teresina Pepe.
A confermarlo è il suo legale, l’avvocato Andrea Sellitto che, come già fatto a seguito dell’arresto, ribadisce come ci si trovi ancora in una fase investigativa e, soprattutto come, tutte le prove di colpevolezza a carico del suo assistito dovranno essere verificate nel corso dell’iter dibattimentale.
Cautela, dunque, sembra essere al momento la parola d’ordine. Anche perché alla base di qualunque strategia difensiva ci sarà lo studio dettagliato del fascicolo da parte dell’avvocato dell’uomo.
Solo allora si potrà decidere come agire ed, eventualmente, quale forma di revoca alla misura cautelare avanzare. “Il quadro accusatorio – ricorda l’avvocato Sellitto – è ancora tutto da verificare”.
Nessuna anticipazione di colpevolezza per il 43enne finito in manette nel corso di un’indagine che gli inquirenti hanno denominato ‘Pinocchio’ e che prende la denominazione proprio dal soprannome dell’uomo.
Accuse gravi quelle rivolte dagli investigatori al 43enne, ex compagno della donna reclusa già da qualche tempo, dopo essere stata sorpresa a spacciare droga in un B&B della città.
E le accuse mosse alla coppia riguardano proprio il traffico consistente di stupefacenti messo su da entrambi nell’appartamento di via Quircio, successivamente alla loro separazione, in diversi punti della città.
Secondo gli inquirenti, infatti, con la fine della loro relazione amorosa i due si sarebbero anche divisi il mercato e le zone dello spaccio, nelle quali la droga ci arrivava dalle vicine Campania e Puglia.
A finire in carcere a seguito dell’indagine Pinocchio altre tre persone. Ma le accuse più pesanti di un’operazione che ha fatto tremare anche i semplici assuntori – 49 dei quali sottoposti a perquisizione -, restano in capo alla coppia che avrebbe trasformato via Quircio nella Scampia del Molise.
Proprio in quella medesima strada, al civico numero 9, il via vai era continuo. Così come avrebbero riferito diverse segnalazioni da cui presero il via le indagini.
Insomma, un vero e proprio “bazar” della droga, come lo hanno definito gli inquirenti che avrebbero poi documentato come, dopo la fine della storia tra i due, in quell’abitazione era poi stata la donna a continuare l’attività di spaccio.
Un’attività che, a un certo punto, per i ripetuti controlli delle forze dell’ordine, ha dovuto cambiare forma. Ecco allora che lo smercio era diventato itinerante e le cessioni non avvenivano più tra le quattro mura, ma direttamente in strade centralissime del capoluogo oppure, in strutture ricettive, scelte come alcova.
All’ex compagno, secondo gli inquirenti, erano rimaste le zone più periferiche, il quartiere Cep e via san Giovanni, nonchè un centro limitrofo. Ma secondo la Polizia entrambi continuavano a compiere quei continui e ripetuti viaggi per accaparrarsi la merce. Gite fuori porta ripetute spesso per non compiere carichi dai grossi quantitativi, ma tali non far comunque mai restare a secco i clienti.
Con anche qualche più drammatico dettaglio, a livello generale è questo il quadro accusatorio ipotizzato dagli inquirenti.
Un quadro che però oggi, non può dare alcuna conferma di colpevolezza e che ovviamente “dovrà essere dimostrato in fase dibattimentale”, come ha avuto modo di ricordare nuovamente l’avvocato Sellitto.