Indennità di frequenza e disturbi specifici di apprendimento, importante vittoria nelle aule giudiziarie molisane
Nuovo importante tassello per la tutela concreta dei diritti dei minori con disturbi specifici di apprendimento. Il Tribunale di Campobasso, infatti, nel mese di maggio 2019, ha riconosciuto il diritto di un minore a beneficiare dell’indennità di frequenza prevista dalla legge n. 289 dell’11 ottobre 1990, condannando l’INPS al relativo versamento a partire dal momento della presentazione dell’istanza amministrativa.
La vicenda, in particolare, riguarda un ragazzo che presenta dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia, con conseguenti disturbi della sfera emozionale. In possesso di regolare certificazione di DSA rilasciata dall’ASReM ed altra documentazione medica, i genitori hanno presentato all’INPS la domanda per ottenere l’indennità di frequenza, ma la competente commissione medica gli ha negato tale diritto. Questi ultimi, dunque, hanno deciso di rivolgersi ad un legale per difendere i propri diritti nelle aule giudiziarie.
Orbene, l’esperto nominato dal giudice, ha rilevato che “questi disturbi invalidanti, attualmente, determinano problematiche relazionali così gravi da dare diritto ai benefici invocati”. Su tali basi, il Tribunale ha omologato la consulenza e riconosciuto in capo al minore la sussistenza del requisito sanitario per accedere al beneficio economico dell’indennità di frequenza.
“Si tratta di una decisione molto importante – spiega l’avvocato Giuliana Iannetta, legale promotore del ricorso – perché l’Inps molto spesso esclude il diritto all’indennità di frequenza ai minori con disturbi specifici dell’apprendimento. La legge n. 170 dell’8 ottobre 2010, che ha riconosciuto e regolamentato per la prima volta i DSA, e tutte le successive disposizioni, infatti, pur prevedendo forme di tutela e sostegno per i soggetti che presentano questi disturbi, sono apparse restie a stabilire dei benefici economici in loro favore. Non bisogna dimenticare, tuttavia, che le famiglie di questi ragazzi devono sostenere diverse spese, basti pensare a quelle per le sedute di logopedia, i corsi di potenziamento o l’acquisto di specifici mezzi informatici. Tutti strumenti che gli consentono di rimanere al passo con i coetanei e raggiungerne i medesimi livelli di apprendimento. L’indennità di frequenza, dunque, rappresenta un aiuto concreto per questi bambini e le loro famiglie. Sempre più spesso, però, l’unica strada percorribile per vedere riconosciuto questo diritto diventa quella giudiziaria”.
L’APPROFONDIMENTO. I disturbi specifici di apprendimento, generalmente noti con l’acronimo DSA, rappresentano specifiche difficoltà, che hanno assunto rilievo nel corso degli ultimi decenni, fino ad essere specificamente definite e regolamentate con un’apposita normativa nazionale, la legge n. 170 dell’8 ottobre 2010. Quest’ultima, in particolare, vi riconduce la dislessia (difficoltà nella lettura), la disgrafia (difficoltà nella realizzazione grafica della scrittura), la disortografia (disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nei processi linguistici di transcodifica) e la discalculia (difficoltà negli automatismi del calcolo e dell’elaborazione dei numeri). Si tratta, dunque, di una serie di disturbi che “si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana”. In virtù dei peculiari riflessi che tutto ciò può avere nella vita dei ragazzi che li presentano, la normativa ha evidenziato l’esigenza, in presenza di specifica diagnosi rilasciata dalle strutture sanitarie competenti, di apprestare alcune tutele e diritti per favorirne il successo scolastico, ridurne i disagi relazionali ed emozionali ed assicurarne eguali opportunità di sviluppo delle capacità in ambito sociale e professionale.