I social hanno permesso a chiunque, con pochissime limitazioni, non solo di mettere per iscritto il proprio pensiero, ma anche di diffonderlo e farlo conoscere agli utenti del web.
Libertà, dunque, è la parola chiave dei nuovi media, ma i problemi etici? Ecco che si presentano quando la persona che scrive ricopre un ruolo importante.
Si può scrivere veramente quello che si vuole o bisogna rispettare alcuni principi?
È il caso del professore di Storia Contemporanea dell’Università degli Studi del Molise, Marco Gervasoni, che in queste ore ha accentrato, non per la prima volta, su di sé l’attenzione della stampa nazionale.
Il motivo? Un post sui social riferito alla copertina dell’Espresso dove è raffigurata la vicepresidente dell’Emilia Romagna Elly Schlein con scritto: “ma che è n’omo”.
Inevitabile la reazione degli utenti, tra cui molti politici nazionali, che hanno criticato l’ultima uscita di Gervasoni, come ad esempio lo stesso goverantore della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini, che ha twittato: “È semplicemente la vicepresidente di una bellissima regione che si chiama Emilia-Romagna, eletta dagli elettori e nominata dal sottoscritto. Lei è semplicemente, invece, un cialtrone”.
Indignato anche il leader di Azione, Carlo Calenda.
Ma dissenso, sdegno e prese di distanza arrivano anche dal Molise.
La capogruppo Pd in Consiglio regionale, Micaela Fanelli, esorta Gervasoni a chiedere scusa affermando che l’Università non ha bisogno di un simile docente.
Sulla stessa linea la Cigl. A esprimersi sulla vicenda sia Paolo De Socio che Pino La Fratta.
Ma i commenti in rete si moltiplicano di ora in ora e lo stesso docente Unimol ritorna su quanto detto senza compiere minimamente un passo indietro.
“Che palle. I Comunistelli ogni giorno chiedono di licenziarmi da professore ordinario di ruolo. spiacente per loro, non siamo in Corea del nord , i professori qui non vengono cacciati per le loro idee politiche: la libertà di parola e di insegnamento sono diritti costituzionali”, continua a scrivere Gervasoni sui suoi profili social.
Come anticipato, non è la prima volta per il docente, che a luglio 2019 sulla vicenda ‘Rackete’ aveva twittato:
“Ha ragione Giorgia Meloni, la Sea-Watch va affondata. Quindi Sea-Watch bum bum, a meno che non si trovi un mezzo meno rumoroso”. In quel caso, immediata fu la polemica, con l’indignazione dell’associazione nazionale partigiani, e altrettanto immediato fu il mancato rinnovo del contratto di insegnamento con l’Università Luiss.
Vien da chidersi ora se, anche l’Unimol, abbia almeno intenzione di voler prendere le distanze da un simile esempio.