Ormai capita sempre più di frequente anche a Campobasso, dove la povertà, quella vera, fino a qualche tempo fa era poco visibile. Vedere migranti rovistare nei secchi dell’immondizia non è più un tabù nemmeno per la piccola città di provincia, capoluogo della ventesima regione d’Italia.
A piedi o in bici, dalle zone più centrali fino a quelle più periferiche: l’immagine è sempre la stessa. E fa male a chi a certe cose, in fondo, non ci era abituato.
Qualcuno posta le foto sui social ed è subito scontro tra posizioni differenti. Rovistando nei cassonetti dell’immondizia spesso i migranti lasciano i rifiuti a terra e qualcuno si infervora per una questione di “igiene pubblica”.
Ma cosa effettivamente cercano i migranti nei cassonetti dell’immondizia? Cibo qualche volta, ma non solo. Molto di più sono i migranti che vanno a caccia di abiti usati che non sempre gli vengono forniti.
Molto più spesso accade, invece, che con quello che riescono a recuperare cercano semplicemente di alzare qualche soldo, rivendendo capi d’abbigliamento e oggetti vari al giro che sta dietro al mondo dell’usato. Alcuni di loro si sono anche organizzati con delle asticelle di ferro, che li aiutano a rimescolare meglio in quello che c’è all’interno dei bidoni, dove spesso possono finire oggetti che, di fatto, rifiuti non sono.
Da Nord a Sud sono immagini sempre più diffuse, dalla vicina Venafro passando per Avellino, fino ad arrivare alla lontana Genova, dove nello scorso mese di marzo ha fatto scalpore l’ordinanza emanata da parte della Giunta del primo cittadino, Marco Bucci, che ha stabilito una sanzione di 200 euro per chi rovista nei cassonetti.
Dietro simili immagini si celano domande su un sistema di accoglienza che troppo spesso risulta inadeguato al pari di un’integrazione che, il più delle volte, rischia di divenire una parola senza alcun significato.