Uscita straordinaria dei Misteri, la donzella romana non piace ai campobassani. È polemica e sul web spunta l’hashtag per difendere le tradizioni
Quando la politica rischia di rovinare anche gli eventi più attesi dai cittadini
Due volti sorridenti e due contrariati. È emblematica la foto scattata in occasione della presentazione della donzella che, il prossimo 2 dicembre, avrà l’onore di salire sull’Ingegno di Sant’Antonio Abate, in occasione della sfilata straordinaria dei Misteri, voluta per celebrare i 300 anni dalla nascita del Di Zinno.
I sorrisi dell’assessore regionale alla Cultura, Vincenzo Cotugno e della giovane Chiara Rossi, sembrano quasi stridere con i volti contratti di Liberato Teberino, dell’associazione Misteri e Tradizioni, e quello del sindaco di Campobasso, Antonio Battista.
E se “a pensar male si fa peccato, ma si indovina”, quel semplice fotogramma sembra più che simbolico per evocare una non condivisione di intenti. Lecito anche immaginare che forse la cosa non sia nemmeno circoscritta al singolo episodio, tra l’altro non gradito a molti campobassani.
Ma andiamo con ordine.
L’annuncio relativo al nome della ragazza che dovrà resistere alle tentazioni del diavolo avviene a sorpresa nella sala gremita del museo di via Trento.
Se più di qualcuno si poteva aspettare che a salire sul celebre carro non potesse essere di nuovo la bella Sarah Khalaf, di certo in pochi si immaginavano che la preferenza potesse ricadere su una giovane che con la città di Campobasso ha poco a che fare.
La 23enne non è né nata, né tantomeno cresciuta in Molise, a differenza di chi l’ha preceduta che, seppur con un padre egiziano, è vissuta nel capoluogo molisano, dove tra l’altro è titolare di un’attività commerciale e volto noto della redazione sportiva di Telemolise.
E proprio questo è il nodo della polemica.
Come fa a rappresentare la città chi non ne conosce da vicino le tradizioni? Un pensiero che sui social sono in molti a esprimere.
“Ci vogliono le molisane. Non capisco il perché mettere gente di fuori regione”, dice qualcuno. “La donzella deve essere campobassana. Chi ha assunto tali decisioni a sorpresa credo debba dare delle spiegazioni. I Misteri appartengono ai cittadini”, risponde subito qualcun altro.
“È stata rovinata l’unica tradizione che abbiamo”, dice ad esempio il giovane campobassano Gennaro Niro che, provocatoriamente, nel gruppo Facebook ‘Campobasso Insieme’ lancia l’hashtag #giùlemanidaimisteri.
“Chiara non ha nessuna colpa, è una bellissima ragazza, ma le sue origini sono dell’Alto Molise e credo che questo aspetto non andava trascurato”, rimarca Niro che tiene a evidenziare come, proprio in questa data che celebra i 300 anni dalla nascita del padre degli Ingegni, le ‘regole’ non andavano cambiate.
“Una processione religiosa o una passerella di bellezza? Un rito secolare o un agone politico? Una parata di figuranti o un defilé di amenità?”, chiosa invece un altro cittadino, Valerio Mancini, in una lettera aperta ai giornali. Un trafiletto messo nero su bianco dove l’autore avanza l’ipotesi di come si stia correndo il rischio di trasformare “un rito secolare in una sorta di tappa per Miss Italia con candidature e selezioni per aspiranti donzelle”.
Così, mentre in città la questione ha infuocato il dibattito, una riflessione d’obbligo sarebbe da fare più che altro sul metodo utilizzato dall’assessorato regionale dei Molisani nel Mondo che ha sostenuto il nome di Chiara Rossi.
Perché accettare senza alcuna remora la proposta di un’associazione di molisani a Roma? Che ruolo ha avuto la politica in tutta questa storia?
C’è forse qualcuno che ha deciso per tutti? E se sì, perché qualcun altro non ha fatto valere l’espressione della volontà dei cittadini del capoluogo che amministra?
Dare un marchio regionale a iniziative culturali non dovrebbe rientrare in attività istituzionali e meno politiche?
Regione e Comune, al di là degli schieramenti delle rispettive amministrazioni, non dovrebbero lavorare in sinergia per il raggiungimento di alcuni obiettivi?
La risposta che appare più che scontata non lo è, invece, in un piccolo Molise dove in tempi di campagna elettorale tutto sembra concesso. Anche lavorare in maniera disarmonica a una manifestazione che avrebbe, invece, dovuto unire tutti.
Un’altra occasione persa per la città di Campobasso e per la regione, dove l’odore di una politica in fermento ha già innescato subdoli meccanismi di conferenze stampa fatte non tanto per divulgare contenuti, quanto piuttosto per veicolare simboli e schieramenti della prossima tornata elettorale.