Storie di giovani / Da Campobasso ad Amsterdam, il riscatto di Paola: “La paura del cambiamento rende statici”
MARIA CRISTINA GIOVANNITTI
“La mia sensazione è quella di aver perso tempo e voglio recuperarlo” colpiscono le parole di Paola Montino, una laurea umanistica in tasca, la consapevolezza che in Italia non avrebbe mai lavorato per quello che ha studiato ed alle spalle tanti lavoretti saltuari e precari svolti a Campobasso. Così, tre anni fa, decide di dare una svolta alla sua vita trasferendosi ad Amsterdam dove, tra le normali difficoltà iniziali, oggi lavora in un’azienda farmaceutica senza “dover ringraziare nessuno”.
Lascia Campobasso, dove torna come “turista di casa”, quella città dalla mentalità chiusa che non favorisce il cambiamento e la libertà di scelta ma che al contempo è, per la giovane Paola, la città del “cielo blu, il cibo buono e le sere fresche d’agosto”.
Così ci racconta della sua esperienza fatta di varie difficoltà per integrarsi, di pregiudizi da scardinare – “quando si parla di italiani viene sempre fuori Berlusconi” – e dei tantissimi stimoli lavorativi che vive oggi.
Campobasso–Amsterdam, un biglietto di sola andata. Quando e perché fai questa scelta? “Lasciare l’Italia anche solo per fare un’esperienza di vita-lavoro all’estero era in realtà qualcosa che volevo fare da tempo. Ho sempre pensato che allontanarsi da tutto quello che ti è familiare può in qualche modo aiutarti a diventare una persona diversa, magari con più di una sfaccettatura! La difficoltà nel trovare lavoro mi ha poi convinto ancora di più che questa fosse la scelta giusta, fossilizzarsi in qualcosa che non ti piace finisce sempre per spegnerti. A dire la verità, ora che sono all’estero da tre anni penso che avrei dovuto farlo prima”
Quando vivevi a Campobasso di cosa ti occupavi? “Avendo una laurea umanistica occuparmi di quello che mi piace è sempre stato più o meno impossibile. Ho sempre lavorato, cercando di farlo nel modo migliore e più entusiastico possibile, cambiando mille lavori e mille ambienti, ma senza mai un vero riconoscimento. Ho lavorato nelle scuole, nei centri di formazione e anche in uno studio commerciale”
Ora che sei ad Amsterdam che lavoro fai? “Lavoro in un’azienda farmaceutica e sono nel customer service management. L’ambiente di lavoro è davvero stimolante: persone di ogni nazionalità venute ad Amsterdam con le stesse mie motivazioni e il mio stesso entusiasmo, gente davvero di ogni parte del mondo. Lavoro in inglese, italiano ed olandese. All’inizio è stato senz’altro difficile e impegnativo, a volte stressante, ma per la prima volta non ho l’impressione di dover ringraziare qualcuno per il lavoro che faccio! Anzi, direi che sono gli altri a ringraziare me”
Quanto è stato difficile integrarsi? “Integrarsi completamente non è facile…direi impossibile. Gli olandesi sono davvero simpatici, alla mano e molto tranquilli, ma comunque hanno una cultura diversa dalla nostra e questo non può non condizionare i rapporti. Io sono una persona che sta bene un pò dapertutto, quindi tutto sommato ho accettato le differenze e anzi ne faccio tesoro…mi piace essere diversa”
Come viene visto l’italiano, all’estero? “Beh, purtroppo a volte quando si parla di italiani viene sempre fuori Berlusconi e questo certo non aiuta. Scherzi a parte, quasi tutti gli italiani che ho conosciuto ad Amsterdam sono arrivati qui con la voglia di lavorare e guadagnare e lavorano tutti molto, davvero, quindi in realtà nelle aziende sono ben visti. Ad Amsterdam ci sono all’incirca 177 diverse nazionalità, gli abitanti sono abituati a convivere con gente così diversa che essere italiano o indiano non cambia poi molto”
Quanta molisanità porti con te? “Italiana lo sarò sempre, porterò sempre con me quest’impronta. Per quanto riguarda la mia molisanità in particolare, difficile da dire, forse la sensazione di dover sempre fare qualcosa di meglio per poter uscire dal guscio! L’idea di doversi in qualche modo riscattare. Ma a dire il vero, qui non sono molisana, ma semplicemente italiana”
Campobasso, cosa ‘odi et amo’ della tua città? “Non odio nulla di Campobasso, è una parola troppo grande. Non mi piace la mentalità chiusa e piccola e non mi piace sapere che questa mentalità in un certo senso impedisce di sentirsi liberi. Una delle cose che mi ha più colpito quando sono arrivata ad Amsterdam è stato realizzare che nessuno ti scruta, nessuno crede di poterti giudicare guardandoti. Una grande liberazione! Cosa amo di Campobasso? La mia famiglia, le sere fresche di agosto, il cibo, il cielo blu”
Qual è la più grave ‘colpa/difetto’, secondo te, del Molise che non permette la crescita? “Come ho già detto, secondo me la mentalità incide molto su come una città possa crescere. La paura del cambiamento rende statici, ti fissa in un punto e ti fa credere che sia la met .ma non è così e purtroppo lo vedi solo quando cambi aria. Questo è per me il più grande difetto di Campobasso, volersi a tutti i costi proteggere”
Tra i tuoi progetti futuri c’è anche quello di tornare nella tua città? “Mentirei se dicessi che al momento quello di tornare a Campobasso sia uno dei miei pensieri. Tornerò sempre come ‘turista di casa’, ma non sono sicura che sarò mai più di questo. Per ora ho solo l’impressione di aver perso tanto tempo e voglio recuperarlo muovendomi e vivendo…non voglio nemmeno pensare che Amsterdam sia la mia ultima meta”