CRISTINA SALVATORE
Pochi giorni prima dell’incontro calcistico tra la Vastese e il Campobasso, la Prefettura del capoluogo molisano ha fatto sapere di aver riservato appena cinquanta biglietti per i tifosi ospiti. Non solo. Per acquistarli sarebbe stato necessario recarsi nelle ricevitorie individuate dalle società sportive esibendo un documento di identità.
La felicità dei cugini abruzzesi, che speravano di poter sedere sugli spalti del Selvapiana per sostenere la loro squadra del cuore, è andata in frantumi come la crostatina del Mulino Bianco dimenticata nello zainetto. E’ stata fatta a pezzi e poi infilzata con uno stecchetto di legno, come avviene per la carne di pecora che dà vita ai rinomati arrosticini.
Il pericolo era infatti dietro l’angolo: magari qualche tifoso ribelle avrebbe potuto estrarre uno spiedino dallo zainetto e prendere a punzecchiate le pacche degli avversari fuori nel parcheggio. E poi la terribile assonanza tra il nome di città “Vasto” e il verbo “devasto”, più che coincidenza forse era inquietante presagio.
Dall’altra parte, invece, i sostenitori del Campobasso, famosi per il lancio delle mozzarelle appassite stile ‘bomba a mano’, hanno incassato il colpo mostrandosi totalmente solidali con il dolore di quelli che, in fondo, risultano essere i nostri ‘parenti’ più stretti. Almeno fino a qualche giorno fa. In realtà l’intenzione iniziale era quella di far arrivare a Campobasso tutta Vasto, compresa le vicine San Salvo, Ortona e Fossacesia, però le difficoltà da superare sarebbero state di gran lunga maggiori rispetto alla soluzione, alla fine, messa in atto.
L’idea originaria, comunque, era questa: si volevano creare dei reparti, all’interno dello stadio, in cui separare uomini da donne e bambini da adolescenti. I cristiani da una parte e i testimoni di Geova dall’altra. I non credenti, fuori. Perché se non credi in Dio non è possibile che tu possa avere fede per i colori di una maglia. Gli omosessuali avrebbero dovuto fare coming out al momento dell’acquisto dei biglietti, dichiarando di non essere arrivati allo stadio per importunare i giocatori delle due squadre in campo, mentre gli eterosessuali sarebbero stati sistemati lontano dal reparto riservato alle donne. Questo per evitare qualsiasi tipo di approccio capace di sfociare in un rifiuto stizzito con tanto di sonora sberla in faccia.
Nel corso della perquisizione, prima della grande muraglia per intenderci, gli addetti alla sicurezza avrebbero dovuto predisporre uno stand presenziato da un veterinario ASReM pronto ad inoculare un microchip dietro il collo degli spettatori. Passati avanti, un apparecchio fatto arrivare dalla Russia avrebbe provveduto all’identificazione delle impronte digitali e al rilascio di un pass, ma non prima di aver dichiarato la propria appartenenza o meno ad uno schieramento politico, e se sì, quale. I sostenitori di ‘Noi con Salvini’ avrebbero avuto l’obbligo di sedere lontano dal reparto dei testimoni di Geova e degli omosessuali, i Pentastellati nel mezzo, per creare un compromesso tra i primi e gli elettori di sinistra presenti e, infine, gli anarchici avrebbero potuto sedere in panchina, per effettuare sostituzioni nel caso in cui arbitro e guardalinee fossero stati vittime di infortunio dovuto al lancio di stecchini appuntiti e caciocavalli superiori all’etto.
I bravi in matematica, davanti, per tenere il conto dei goal; quelli brillanti nelle lingue, dietro i tabelloni, per scrivere correttamente ‘goal’.
Capite bene che un sistema del genere sarebbe costato molto di più alla città e, quindi, il compromesso dei ‘cinquanta e sto’, tutto sommato, era davvero il più pratico e veloce.
E invece no, perché i nostri cugini abruzzesi se la sono presa e hanno deciso di disertare. Alla fine si sono rivelati talmente tanto pericolosi da far saltare in aria duemila euro di introiti.
La società si è detta rammaricata, idem i tifosi del Campobasso che, domenica, durante la partita, si sono ritrovati a intonare sfottò simpatici tra loro, e, mossi da pietas, ad incoraggiare la squadra avversaria mentre si avvicinava in area di rigore, annoiandosi come poche volte accade durante una partita di calcio. Perché, in fondo, lo sport è simile ad uno spettacolo teatrale: ci sono cori, colori e coreografie. Essere estromessi ancora prima di aver provocato disturbo, come chi lancia bottigliette di plastica e popcorn contro il maxi schermo al cinema, potrebbe sembrare discriminante e offensivo. E poi, Hornby, un famoso scrittore britannico, sosteneva che “stare allo stadio, è l’unico modo per condizionare l’evento”. Non posso sapere se abbia ragione o meno. Piuttosto, com’è finita la partita?