Corpus Domini: tutto ciò che non sapevi…
LORELLA RUSSO
“Uno due tre scannétt’ allért!”: sembra quasi di sentirlo già, il grido in vernacolo che dà il via alla suggestiva processione dei Misteri, attesissima dai campobassani e non solo, che domani, domenica 22 giugno, si svolgerà come ogni anno lungo le strade della nostra città in occasione dei “festeggiamenti” per il Corpus Domini, con cui si chiude definitivamente il ciclo pasquale.
La solennità del Corpus Domini, o più propriamente del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, è una delle più importani dell’anno liturgico della Chiesa cattolica. Rievoca infatti la liturgia della Messa in Coena Domini del Giovedì Santo, cioè l’Ultima Cena del Signore con i suoi discepoli, prima della Passione. Per questo la festività era in origine celebrata il giovedì della seconda settimana dopo la Pentecoste, mentre dal 1977 è stata posticipata di tre giorni.
Tale solennità affonda le sue origini nel Medioevo, più precisamente nel 1246, quando, nella diocesi di Liegi in Belgio, per la prima volta venne celebrata la reale presenza di Cristo nell’Eucarestia, in risposta alle tesi di Berengario di Tours secondo cui tale presenza sarebbe solo simbolica. L’introduzione poi di questa festività nel calendario cristiano la si deve ad una donna, suor Giuliana di Cornillon, monaca agostiniana vissuta nella prima metà del tredicesimo secolo, che si fece portatrice di un messaggio rivelatole dal Signore in una visione, in cui le venne chiesto di prodigarsi per far sì che il vuoto dovuto alla mancanza di tale festività nel calendario liturgico venisse colmato.
Si dovette però aspettare il 1264 affinchè Papa Urbano IV estendesse la festività del Corpus Domini a tutta la Chiesa universale. Evento che secondo la tradizione sarebbe legato al Miracolo Eucaristico di Bolsena dell’anno precedente. Un sacerdote boemo di nome Pietro da Praga, nell’estate del 1263, iniziò a dubitare della reale presenza di Gesù nell’ostia e nel vino consacrati. Intraprese allora un pellegrinaggio verso Roma per pregare sulla tomba di Pietro e per placare i suoi dubbi di fede. Il pellegrinaggio rinfrancò il suo animo, ma durante il viaggio di ritorno verso la sua terra il sacerdote si fermò a Bolsena, dove i dubbi lo assalirono nuovamente e dove celebrò la messa, durante la quale avvene il “prodigio”: al momento della consacrazione l’ostia iniziò a sanguinare. Impaurito e confuso, il sacerdote avvolse l’ostia nel corporale di lino e si recò subito a riferire l’accaduto al papa Urbano IV, che riconobbe il miracolo e istituì dall’11 agosto 1264 la solennità chiamata Corpus Domini.
I Misteri, come la ricorrenza del Corpus Domini, traggono la loro origine dal Medioevo, quando nacquero come rappresentazioni sacre in lingua volgare, da svolgersi nelle principali occasioni dell’anno liturgico, a loro volta derivate dalle forme teatrali dell’antichità classica e perciò basate sulla partecipazione di personaggi viventi.
Dal Seicento, per volere della Chiesa, iniziò la progressiva sostituzione degli attori con statue di legno, al fine di riportare in primo piano la valenza religiosa di tali cerimonie.
Una delle manifestazioni più suggestive che si svolgono in tutta la penisola nel giorno del Corpus Domini è proprio il Festival dei Misteri della nostra Campobasso, dove evidentemente la prassi di aderire ai cambiamenti dettati dalla Chiesa dal Seicento non fu rispettata.
Nella mattina della festa solenne vengono trasportati lungo le vie principali del capoluogo i tredici carri dei Misteri, che rappresentato scene agiografiche ed episodi biblici.
A Campobasso dal XVI secolo, per la festività del Corpus Domini, si diffuse l’usanza di allestire delle rappresentazioni sacre su palchi di legno collocati presso le chiese della città.
Dal secolo successivo le Confraternite laiche locali introdussero la pratica di trasportare tali rappresentazioni, a spalla, in processione davanti al Santissimo Sacramento.
Solo nel 1740 le Confraternite di Sant’Antonio Abate, Santa Maria della Croce e della Santissima Trinità commissionarono allo scultore campobassano Paolo Saverio Di Zinno il progetto di sei “macchine” ciascuno, che avrebbero dovuto rendere più stabili le rappresentazioni sacre.
Fu così dunque che dall’ingegno dell’artista e dalle maestranze del ferro locali vennero create le straordinarie impalcature verticali che, dalla tavola inferiore che funge da base e su cui sono collocati gli attori adulti, si aprono in notevoli diramazioni, ognuna munita all’estremità di un’apposita struttura circolare destinata ad accogliere un attore-bambino.
Secondo la tradizione i Misteri progettati erano ventiquattro, ma sei di essi non ressero al collaudo e altrettanti andarono perduti durante il terremoto del 1805, più precisamente quelli rappresentanti il Corpo di Cristo, detto “Il Calicione” per la presenza di un grosso calice, la S.S. Trinità, S. Maria della Croce, la Madonna del Rosario che preveda tra l’altro la rotazione del corpo centrale intorno ad un asse, S. Stefano e S. Lorenzo. I restanti dodici, con l’aggiunta del tredicesimo Mistero del S.S. Cuore di Gesù, costruito dai fabbri della famiglia Tucci di Campobasso nel 1959 sulla base di un disegno attribuito al Di Zinno, sfilano in processione tutt’oggi.
Inoltre la tradizione vorrebbe che le “macchine” realizzate dal Di Zinno fossero costruite con una speciale lega, al contempo leggera, flessibile, ma resistente, in grado di dare maggior forza ed elasticità alla struttura, della cui composizione lui sarebbe l’unico depositario e che gli sarebbe stata rivelata in sogno da San Michele Arcangelo. Ciò spiegherebbe come mai i sei Misteri andati distrutti sotto le macerie del terremoto dell’Ottocento non siano mai più stati ricostruiti e perchè il Mistero aggiunto nel Novecento sarebbe il più pesante.
I Misteri, veri “quadri viventi”, che vengono trasportati in processione ancora oggi sono, in ordine di sfilata: Sant’Isidoro, San Crispino, San Gennaro, Abramo, Maria Maddalena, Sant’Antonio Abate, l’Immacolata Concezione, San Leonardo, San Rocco, l’Assunta, San Michele, San Nicola e il Sacro Cuore di Gesù.
Le allegorie sono ben chiare: dai santi protettori dei contadini e degli artigiani, al santo che insegna la vera forza e ci ricorda di esserlo nelle avversità, dalla lezione di Abramo sull’obbedienza dovuta a Dio, alla rappresentazione che simboleggia la misericordia divina, dall’allegoria della forza di resistere alle tentazioni, alla purezza della Vergine Maria, da San Leonardo che è emblema della difesa degli innocenti, a San Rocco che rivela il conforto da offrire agli ammalati, dall’allegoria dell’Assunzione, alla riproduzione della giusta punizione cui non possono sottrarsi i ribelli, dal miracolo di San Nicola, fino alla rappresentazione dell’Amore e della Grazia di Dio.
Un evento unico e suggestivo, che richiama da sempre l’attenzione di molti da ogni parte d’Italia, perchè evocatore di intense emozioni, che nascono anche grazie all’attenzione e alla dedizione con cui tale manifestazione è da sempre curata in ogni suo minimo particolare. La passione dunque scaturisce dall’interno, ma è forte anche all’esterno. Un connubio vincente, che certamente non è facile tradurre su carta, così come non lo è raccontare la bellezza di un’ opera d’arte o la fede di un credente. Ed in questo caso siamo in presenza di entrambe le cose, legate tra l’altro insieme da uno scenario insolito che fa da sfondo alla sfilata-capolavoro: le strade della nostra città. Su questo fondale si proiettano i movimenti delle vesti, dei capelli, delle braccia e delle gambe penzoloni dei giovani protagonisti, quasi sospesi nel vuoto, a metà tra cielo e terra, per il passo cadenzato dei portatori dei Misteri, che facendo oscillare le strutture di ferro, contribuisce a creare in noi l’illusione che davvero angeli, diavoli e santi stiano volando sopra le nostre teste.