Cronache marziane / Campobasso saluta il bagno pubblico (mai utilizzato) di Piazza della Repubblica
CRISTINA SALVATORE
Campobasso ha detto addio allo storico bagno pubblico costruito venti anni fa in un angolo a caso di Piazza della Repubblica.
Per capirne di più bisogna tornare indietro nel tempo, precisamente al 1997 quando le chiavi della città furono consegnate nelle mani dell’allora sindaco Augusto Massa che regnò per volontà popolare dall’aprile del 1995 al giugno del 2004. Negli anni successivi lo stato di salute della memorabile toilette a gettoni fu presa a cuore dai successori Giuseppe di Fabio, prima, e Luigi Di Bartolomeo, dopo, che rilevarono quanto fosse utile quell’ombra per chi riusciva a parcheggiarsi accanto. Fino a quando venne presa di mira dall’attuale sindaco del capoluogo, Antonio Battista, che incuriosito provò ad infilare un gettone e mai più gli fu restituito.
Ma occorre tornare indietro. Tutto nacque da un profondo quanto imbarazzante equivoco: passeggiavano da quelle parti, in un pomeriggio assolato d’estate, il sindaco Massa e i suoi fidi operai di Palazzo quando, quasi in prossimità della piscina comunale, il primo cittadino esclamò “sarebbe bello farci un bagno”.
Gli addetti ai lavori, non potendo immaginare che Massa si riferisse proprio al classico bagno nella vasca, con cuffia e occhialini, costruirono a sua insaputa una graziosa toilette a pagamento, nel punto preciso in cui venne espresso il desiderio. Ancora oggi si cerca qualcuno che sia riuscito ad entrarci almeno per una sciacquata di ascelle, o che lo abbia visto pulito per più di due secondi in fila, ma è più facile trovare un astemio a Corpus Domini che un testimone oculare del funzionamento del servizio. Ci sono stati più errori in quel progetto che in tutti i compiti di grammatica accumulati nella D’Ovidio accanto. Venti lunghissimi anni in cui tutte le donne di Campobasso hanno giurato di preferire un’ascella pezzata il giorno del proprio matrimonio che l’ipotesi di una seduta su quel water. D’altra parte è risaputo che il genere femminile intero ha più paura di uno schizzo organico sulla tavoletta che di un uomo con i pinocchietti.
Ecco perché noi donne impieghiamo sempre un tempo che si avvicina a quello della partenza della differenziata quando, con la scusa di voler consumare un caffè, approfittiamo del bagno di un locale tirato a lustro per un bisogno urgente. Camminiamo lentamente per evitare lo schiacciamento a pressione di probabili gocce sospette sparse ovunque sul pavimento. Ci laviamo le mani anche prima di staccare la carta igienica dal rotolo (quando assente, abbiamo sempre una scorta di fazzoletti nella borsa pronti per queste occasioni) per sistemarla ben benino sul bordo del water, facendo attenzione a non toccare neanche con un unghia finta – mai e poi mai!- la ceramica o la ciambella di plastica. Anzi, quella, se è stata alzata in precedenza, resterà così fino alla nascita di un nuovo messia. Ma comunque il gesto di tappezzare il gabinetto di scottex è solo il retaggio di una vecchia passione per il découpage, perché noi donne siamo solite chinarci ad una distanza di sicurezza che somiglia molto più ad una serie da venti di squat. Nessuna mai si appoggerà su un sanitario pubblico neanche protetta da mille strati di carta da forno.
Lasciamo la toilette solo dopo aver tenuto le mani in ammollo tutta la notte come fossero fagioli secchi, altrimenti non ci sentiamo al sicuro da germi e batteri del colera, ed usciamo chiudendo la porta con il gomito e reggendo la borsa con gli incisivi. Se calcolassimo in minuti la frequenza con cui noi donne abbiamo necessità di entrare in un bagno, verrebbe fuori un’altra vita che avremmo potuto spendere per viaggiare, conoscere nuove persone e praticare uno sport a livello agonistico. Per anni noi donne, passando lungo la discesa che conduce alla piscina comunale, siamo state costrette a tapparci il naso come se avessimo ritrovato le carcasse dei pesci di Fukushima dietro le siepi, grazie a quei giovani che “noi la possiamo fare in piedi. Ovunque!”. Persino Gilotti anni addietro chiudeva la porcilaia per non far entrare la puzza.
Ora quel bagno tanto caro non c’è più. Da Palazzo San Giorgio hanno spiegato che il pensiero di eliminare un disservizio simile era nell’aria da circa un anno ma le misure di sicurezza impartite dalla Prefettura in occasione del Corpus Domini hanno accelerato lo smantellamento. Qualcuno avrebbe voluto tenerlo ancora lì, sperando in una rimessa a nuovo, ma a quanto pare sarebbe costato meno tirarci su una Spa piuttosto che ripulire vent’anni di incrostazioni e cattivi odori. Neanche l’esercito con gavettoni di acido muriatico e pompaggi a pressione avrebbe sortito effetto. E questo perché da due decenni di quella toilette se ne sono tutti lavati le mani.