Diciotto comuni dicono no all’Egam e pensano al referendum: “L’acqua è un bene pubblico, non una merce per fare affari”
CRISTINA SALVATORE
“Noi vogliamo che l’acqua resti un bene pubblico, che non venga considerata merce al servizio di chi ci vuole speculare e di chi vuol fare affari con un bene di prima necessità”. È quanto chiedono a voce alta i sindaci dei comuni di: Campodipietra, Castelpizzuto, Belmonte Del Sannio, San Polo Matese, Roccamandolfi, Campochiaro, Pescolanciano, Acquaviva d’Isernia, Guardiaregia, Busso, Sant’Agapito, Sepino, Civitanova del Sannio, Bonefro, Cantalupo nel Sannio, Montefalcone nel Sannio, Castellino del Biferno e Longano.
Comuni che, insieme, hanno sottoscritto un ricorso rivolgendosi non solo ai vertici regionali, ma anche alla Corte dei Conti, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero degli Interni.
Nella conferenza stampa indetta tra le mura del Palazzo della Provincia di Campobasso, attraverso le parole di del sindaco di Campodipetra, Peppe Notartomaso, si arriva anche ad auspicare l’indizione di un referendum popolare affinché venga data voce al popolo intero, l’unico in grado di poter decidere democraticamente delle sorti di un bene prezioso come l’acqua.
Le basi su cui poggiano le osservazioni portate all’attenzione pubblica, nell’ottica della massima collaborazione istituzionale, hanno fatto emergere una grave responsabilità erariale.
La legge richiede che atti amministrativi comportanti impegno di spesa debbano avere massima copertura finanziaria.
Le delibere dei comuni che hanno ritenuto di aderire senza che vi fosse copertura finanziaria, secondo le dichiarazioni dell’avvocato Massimo Romano, hanno posto in essere degli atti nulli: “Per questo si è ritenuto di attenzionare la questione – le parole di Romano – anche alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Dipartimento degli Affari Regionali e al Ministero degli Interni relativamente all’osservatorio sulla finanza pubblica locale. Perché c’è una grandissima attenzione al contenimento della spesa pubblica e, probabilmente, il percorso che la Regione Molise ha inteso intraprendere, segue una via sbagliata. La Regione – prosegue l’ex consigliere regionale – ha ritenuto di intervenire con una legge che però deve essere fatta bene altrimenti porta a cristallizzare delle storture che i sindaci hanno già posto all’attenzione della magistratura amministrativa, dato che tra pochi giorni ci sarà un pronunciamento del TAR Molise sul ricorso proposto. La proposta di legge, che è stata adottata dalla giunta regionale, all’articolo 17 afferma che le disposizioni adottate con delibera di giunta regionale numero 285 (che sarebbe l’atto impugnato al TAR) sono espressamente richiamate con efficacia legislativa dalla data della loro entrata in vigore. Quindi – conclude Romano – dopo otto mesi dalla istituzione dell’Egam, i sindaci hanno fatto ricorso su un presupposto che non era sufficiente. La Regione si è difesa attraverso una proposta di legge che dice che tutto il percorso ha valore di legge con efficacia retroattiva. Peccato che il percorso sia sbagliato perché occorreva la delibera di consiglio e occorreva la legge”.
Aderire all’Egam, per i sindaci dei diciotto comuni “ribelli”, è come fare un ‘salto in un fosso’, considerando che i dati positivi di un tale modello gestionale non esistono.
“Se il Governo – le parole del sindaco di Campodipietra, Notartomaso – avesse voluto raggiungere l’efficienza avrebbe dovuto istituire premi e penali che avrebbero fatto bene alla gestione. Cosa che non è accaduta e noi vogliamo evitare di incappare in questo tranello. Il servizio idrico integrato ha alcune falle perché probabilmente anche noi amministratori, negli anni, abbiamo sonnecchiato. L’accentramento del potere in mano a pochi – chiosa Notartomaso – è qualcosa che va contro la democrazia. Contabilizzare il prelievo di acqua è, ad esempio, una cosa ragionevole e va fatto per tutti. Noi siamo tra coloro che pensano che ci voglia solidarietà tra comuni, istituzioni e regioni. Alcune cose vanno corrette, vanno evitati picchi di stranezze e questo non significa che il tutto possa risolversi se interviene il privato. Noi chiediamo certezze ma un conto è la gestione e altra cosa è il sistema nel suo complesso. Una solidarietà nei confronti dei comuni altri è giusto che ci sia ma attraverso una contabilizzazione dei prelievi per tutti. Una sorta di trasferimento a favore di un fondo che gestisca la cosa pensando anche a chi non ha la fortuna di avere l’acqua. Ma da qui a dire che la tariffa debba essere unica credo che non sia giusto. Gli sprechi – conclude – si pagano ma saranno i cittadini a giudicare. Il privato non può fare meglio del pubblico perché le criticità non sono nate per caso”.