Ancora pale eoliche nel territorio matesino?
LUCIANA IAMARTINO
Si fa presto a dire “green“.
Nei tempi che viviamo, nei quali necessariamente si è portati a guardare con maggiore attenzione all’uso, anzi all’abuso, che l’umanità fa del pianeta Terra, le energie rinnovabili si propongono come strumento di primo piano per affrontare la questione climatica, e a tale scopo la UE prevede investimenti assai ingenti.
Ma non tutti sono d’accordo a continuare lo sviluppo delle rinnovabili seguendo la stessa strada intrapresa da 20 anni, durante i quali l’eolico è stato imposto senza regole ed il fotovoltaico sta debordando da tetti nelle aree agricole a botte di centinaia di ettari.
In una recentemente lettera aperta di associazioni come Italia Nostra, Amici della terra, LIPU, Comitato nazionale del paesaggio, Ente Nazionale Protezione animali, Mountain Wilderness ed altri, “le politiche ampiamente deregolamentate hanno determinato un forte impatto negativo sul territorio nazionale, in termini di consumo di suolo agricolo, gravissimi danni paesaggistici, incidenza sugli habitat naturali e la biodiversità, con lo snaturamento di ampie aree del nostro Paese, in barba alla tutela del paesaggio, valore costituzionalmente protetto e sperperando ricchezze naturali, protette a loro volta dalle direttive europee”.
“Il piccolo Molise – afferma Oreste Rutigliano, già Presidente nazionale dell’Associazione Italia Nostra – ha già pagato un alto prezzo, in particolare alle troppe e mal collocate centrali eoliche. Ora, pur con l’arrivo del Parco Nazionale del Matese, nonostante il disastro della montagna di Morcone con oltre 100 torri in Campania, ma a ridosso del Molise, vengono riesumati progetti del 2012, già ibernati dalla opposizione popolare e dalle Soprintendenze, a San Giuliano e Cercepiccola sul crinale della Castagna, sotto il centro storico di Cercemaggiore, ma anche incombenti sulla conca Montana del Tammaro sul Regio Tratturo e sull’area archeologica che include Saepinum. Se il parco dovesse apportare a Sepino, San Giuliano, Cercepiccola, dei benefici turistici e occupazionali, questo parco eolico li annullerebbe.
Non si intende qui entrare nella controversa questione sul valore aggiunto che gli impianti eolici conferiscono alla produzione di energia verde. Se ai danni citati si aggiunge la caratteristica “Random” dell’energia eolica, allo stato della tecnologia impiegata, si ottiene un’energia intermittente per un massimo di 1800 ore annue su 8500 totali e che ancora non si può conservare e cioè stoccare in idrogeno o batterie”.
Continua Rutigliano: “che il danno ci sia è comprovato. Nella vicina Morcone la società eolica Dotto Morcone s.r.l. è sotto processo per la distruzione ed il deterioramento degli habitat all’interno del sito protetto SIC, ora ZPS, “Pendici Meridionali del Monte Mutria”, cioè nel Matese, che è, come è noto, uno dei principali bacini imbriferi d’Europa.”
Vi è di più: il Molise, nonostante i processi di spopolamento, perde suolo: lo dice l’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), e la notizia è stata ampiamente riportata. Eppure, non è paragonabile a quanto è accaduto nel versante campano, in massima parte riconducibile all’ installazione di pale eoliche negli ultimi due anni: nel comune di Morcone il consumo di suolo pro-capite 2018-2019 è stato di 22 volte superiore a quello della Provincia di Benevento, di 132 volte superiore a quello della Regione Campania, di 55 volte superiore a quanto avvenuto nell’Italia intera. Numeri ancora peggiori risultano nel comune di San Lupo.
Combattere l’eolico è un’impresa ardua ma possibile.
Nei territori interessati da “eolico selvaggio”, con le caratteristiche predatorie tipiche della colonizzazione e dello sfruttamento, non si è innescato alcun meccanismo di sviluppo: al contrario, essi sono stati ulteriormente spopolati. Il profitto è andato alle multinazionali, l’elemosina a chi ha ceduto le terre (e non le ha più coltivate) e a qualche amministrazione acquiescente. Alle comunità è rimasto un territorio violentato e svalorizzato.
Eppure, un principio largamente condiviso (v. fra tante 58 Consiglio di Stato, sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2710) prevede che, nel contemperare gli impatti delle grandi opere con gli interessi locali, si tenga conto, in definitiva, del modello di sviluppo che s’intende imprimere ai luoghi stessi.
Il modello di Sviluppo il Matese già lo ha: è quello del Parco Nazionale, istituito dal Parlamento italiano con legge del 2017, e non ancora realizzato per l’inerzia delle due regioni interessate, ed in particolare della Campania.
Ciononostante, l’intendimento è chiaro: la Regione Molise ha aderito al Parco Nazionale e, recentemente, il Consiglio regionale ha deliberato una sostanziale adesione alla perimetrazione proposta da Ispra, che include Saepinum e tutela in definitiva tutto l’asse, di valore archeologico e religioso, oltre che naturalistico e paesaggistico, che va Castelpetroso a Pietralcina. Se si coniugano tali asset con la valorizzazione dei piccoli comuni (legge nazionale), la SNAI (strategia nazionale delle aree interne), la presenza del Regio Tratturo (con il recente inserimento della transumanza fra le tutele UNESCO), le potenzialità di sviluppo sostenibile dell’area sono chiarissime ed esigibili.
E, vera follia, comprometterle consentendo ancora palificazioni eoliche selvagge che ne snaturerebbe le potenzialità.