ANDREA VERTOLO
Tra i freddi e silenti colli attorno Recanati, gli stessi che diedero voce a sentimenti di Leopardi, un solo grido ha riecheggiato oltre il fischio finale della partita. Non su un foglio di carta rimarrà indelebile, né tanto meno nella storia del nostro Paese, ma nella terra della poesia, per un minuto, la voce che ha riempito il cielo di Recanati intonava con forza “Noi siamo il Campobasso”.
La partita dell’Epifania, contro i giallorossi della Recanatese, si è presentata avvolta da un clima surreale. Il freddo pungente, sotto un cielo plumbeo, faceva da cornice a un impianto sportivo vuoto, orfano anche del semplice mormorio della gente.
L’ingresso del tifo rossoblù all’interno della piccola e unica tribunetta, zuppa dalla lieve ma costante pioggia, è stato accolto da un silenzio simile a quello più sacro delle chiese. Gli ultras locali, di solito presenti, non hanno fatto comparsa in questa gara casalinga, allora a spezzare questo angosciante muro di silenzio sono stati gli ultras giunti da Campobasso, pochi di numero, ma buoni per la qualità del tifo offerto in tutti i novanta minuti, raggruppati dietro le solite ‘pezze’ “Smoked Heads” e “Nucleo Zasso”.
“Cos’è il piacere?” chiedeva il Genio a Tasso, in una delle tante opere leopardiane che fecero grande il poeta. “Il piacere è un desiderio, non un fatto” si rispose esso stesso. Di certo Leopardi non ha mai avuto una sciarpetta della Recanatese al collo, ma forse avrebbe saputo amare anche il vivere dei novanta minuti accompagnati da un desiderio, che spesso, in questo sport, non diviene facilmente un fatto. La partita dei lupi, intanto, prendeva la stessa strada di tante altre partite passate, con i tifosi desideranti una vittoria, e il gol, degli altri, che arrivava puntuale. Così sul finale del primo tempo si registrava: Recanatese 1 Campobasso 0.
Nei pensieri e sui volti dei presenti, giunti in poco numero dal capoluogo molisano, trovava comodo spazio la delusione. Mentre il freddo insistente, che ghiacciava mani e nasi, era lo stesso freddo che avrebbe riservato l’intera piazza rossoblù alla propria squadra, se quel risultato non fosse stato cambiato. Infondo sono ancora profonde le ferite subite in questa prima parte della stagione, tanto che basta un niente per riaprirle nuovamente. Eppure la squadra di mister Favo meriterebbe tanto rispetto e anche un po’ di calore in più. Oltre ai risultati, che stanno arrivando, quasi in silenzio, oltre la forte tenacia dei giocatori rimasti e di quelli appena giunti, c’è finalmente anche la rabbia, l’orgoglio di chi con il pallone vuole continuare a sognare.
E cosi, mentre i cori della Nord intonavano desideri di vittoria, il piacere, per questa volta, è divenuto un fatto. Non ce ne vogliano Torquato Tasso e il Genio, protagonisti del celebre dialogo di Leopardi, ma il piacere è anche quello di chi, lottando in campo o sui gradoni, torna a casa a testa alta dopo una vittoria, prima desiderata e poi, con grinta, realizzata.
Ed ecco, allora, che un pallone sporco, nel bel mezzo del secondo tempo, si alza in aria di rigore. Un ragazzone tutto cuore e muscoli arriva ad impattarlo di piatto al volo, a pochi passi dalla porta giallorossa. Gol di Gabrielloni, “quello nuovo”, un ragazzo che ha ancora tanto da correre.
L’esultanza del centravanti rossoblù è teneramente dedicata alla madre e al padre presenti al ‘Tubaldi’, mentre la palla torna di nuovo al centro del campo. I decibel dal settore ospiti possono così alzarsi.
Gli ultras rossoblù con tutta la propria voce incitano alla carica. Ancora un altro giovane, ancora un nuovo acquisto, ancora un ragazzo che vuole la palla tra i piedi per tanti anni. E’ Tascini, che supera al limite dell’area tutta la difesa marchigiana, il tiro è smorzato dalle gambe di un difensore, la palla scavalca prima le mani del portiere, poi, come fosse in ritardo, continua ostinata la sua direzione verso la porta, un altro difensore cerca di spazzarla via alla disperata, ma non può far niente, la palla supera la linea abbandonandosi alla rete, il Campobasso è in vantaggio. Dagli spalti si esulta come meglio si può, con felice incredulità ci si abbraccia e ci si lascia ad un grido di liberazione. Le ferite, anche dopo questa trasferta, possono finalmente trovare tregua.
Adesso soffia un vento meno freddo, su questi ragazzi con addosso i pesanti colori rossoblù. Si abbracciano in campo al fischio finale, si prendono per mano, la rincorsa è verso la Nord. “Ci devi credere” si canta sugli spalti “non mollare mai”.