Le cellule ganglionari sono neuroni della retina che convogliano direttamente al cervello le informazioni ricevute dalle altre cellule del sistema visivo. La loro morte è un fenomeno cruciale in diverse patologie che mettono seriamente a rischio la vista, come il glaucoma, la degenerazione maculare e la retinopatia dei bambini prematuri. Una possibilità di proteggere le cellule ganglionari è stata ora individuata dai ricercatori del Laboratorio di Neurobiologia Cellulare e Molecolare dell’Istituto Neuromed di Pozzilli.
Lo studio parte dal concetto secondo il quale la degenerazione delle cellule ganglionari è dovuta ad una serie di fattori tra cui l’eccitotossicità, dove il protagonista principale è l’acido glutammico, uno dei più importanti neurotrasmettitori, sostanze cruciali nella trasmissione di informazioni tra i neuroni. Un eccesso di acido glutammico, come avviene in diversi stati patologici, porta i neuroni a morte. Per questo motivo diversi studi stanno cercando di limitare l’azione di questo neurotrasmettitore.
La ricerca Neuromed, pubblicata sulla rivista Neuroscience, è riuscita, usando modelli animali, proprio nell’obiettivo di attenuare la morte cellulare causata dall’eccesso di acido glutammico. In particolare, i ricercatori hanno usato una molecola in grado di inibire uno specifico tipo di recettore, l’mGlu1, appartenente alla categoria dei recettori metabotropici per il glutammato. Negli animali trattati con questa molecola si è riusciti a ridurre la degenerazione delle cellule ganglionari della retina.
“Si tratta di un primo passo in avanti – dice la dottoressa Maria Rosaria Romano – verso la possibilità di intervenire farmacologicamente su un problema di grande rilevanza come quello della degenerazione retinica. Naturalmente c’è ancora molto lavoro da fare. Il recettore mGlu1 non si trova solo nei neuroni della retina, ma è coinvolto anche in altri processi nervosi molto importanti, come l’apprendimento motorio e la coordinazione dei movimenti. Il blocco del recettore potrebbe quindi causare diversi problemi. Saranno certamente necessari ulteriori studi per stabilire se questo tipo di terapia sia non solo efficace ma anche sicura”.