SERGIO MARCHETTA
Il viaggio nell’arte continua e oggi fa tappa nel mondo della pittura e del sogno. Seduta accanto a me su questa panchina in pieno centro storico c’è una giovane artista campobassana: Sara Iafigliola. Il rosso e il bianco di cui è vestita sono in piena armonia con il tono primaverile e caldo di questa giornata, ma non posso permettermi di azzardare valutazioni cromatiche in presenza di una ambasciatrice dei colori. Quindi, dopo aver superato lo scoglio della “tremarella da intervista” metto mano alle domande.
Sara, a che età hai intuito che l’arte avrebbe rappresentato una parte essenziale nella tua vita?
“Forse non l’ho mai intuito. Credo di averlo sempre saputo e di averlo scelto fin da molto piccola quando tra una bambola e un temperino preferivo quest’ultimo. O quando a un programma televisivo o a una videocassetta preferivo i fogli e i colori. Poi ho preso la decisione di frequentare l’Accademia di Belle Arti di Napoli dove mi sono laureata in Arte Visiva e Discipline dello Spettacolo”.
Recentemente ti sei classificata seconda al Premio Antonio Carena a Rivoli con l’opera ‘Silenzio’. Che valore ha per te il silenzio, quanto è importante saperlo “ascoltare” per riuscire a creare arte?
“Per me è stato un grosso onore ricevere un riconoscimento così importante. Per quanto riguarda il silenzio sono convinta che sia importante, forse fondamentale. Può diventare malinconia e, un attimo dopo, trasformarsi in un casino assordante. E’ come un colore. Potente. Forte. Bisogna saperlo ascoltare. Bisogna amarlo; soltanto dopo diventerà ciò che vogliamo”.
Secondo te esistono cose impossibili da dipingere?
“Su una mia borsa c’è scritta questa frase: ” Chi ama crede nell’impossibile ” (E.B. Browning). No, non esiste nulla di impossibile da dipingere”.
A una donna non si domanda mai l’età. Ma io ti chiedo: quanti anni ti senti? Quando smette di essere adolescente un’artista?
“Un’artista forse non smette mai di essere adolescente. Picasso sosteneva che serve una vita intera per imparare a disegnare come i bambini. Forse il vero segreto sarebbe quello di non crescere mai, di assomigliare a Peter Pan, imparando a volare e a sorridere, sempre! La mia età? Forse ventiquattro anni. Ventiquattro perché è uno dei miei numeri preferiti. Ogni tanto magari da dividere; quindi qualcuno in meno”.
In quale colore ti identifichi? Sei un colore netto o una sfumatura?
“Sono un colore netto, ben definito. Mi identifico nel bianco che – se sfregato velocemente – sprigiona l’arcobaleno. Il bianco è ritenuto un “non colore” eppure è tanto deciso, forte, rispettoso, tagliente, sincero”.
La pittura è un’espressione artistica “muta”, nel senso che non si avvale della parola per comunicare. Questo la rende meno diretta o le conferisce un valore aggiunto?
“E’ un valore aggiunto per chi, ponendosi di fronte a un’opera, sa di farlo nella libertà più totale. L’arte è semplice se la si guarda senza farsi troppe domande, senza cercare di afferrare a tutti i costi qualcosa che potrebbe anche non esserci. Diventa immediata e diretta quando la si guarda col cuore, quando non si ha paura di voler vivere le emozioni”.
Sara non è solo una pittrice ma una comunicatrice a tutto tondo: cosa lega i concetti di moda, arte e natura? Parlaci delle tue esperienze in questi ambiti.
“Ho iniziato a fare la modella a quindici anni e ho scoperto un mondo affascinante ma che ho sempre vissuto come una forma di gioco. A partire da questa esperienza ho vissuto delle occasioni in cui ho potuto abbinare l’arte alla moda. ‘Fun Teamwork’ è un progetto ideato da Anna Mignogna, proprietaria di un negozio di abbigliamento nel centro storico di Campobasso. E’ un modo semplice e simpatico di giocare con la collezione primavera-estate, di mescolare arte e natura con i sogni e con i colori. Un progetto completo che integra i miei quadri tra jeans, magliette e foulard. Opere in esposizione e in vendita come gli abiti in vetrina; per incuriosire e per tentare di portare l’arte fuori dalle Gallerie e catturare l’attenzione del passante”.
Siamo abituati ad abbinare al concetto di pittura elementi come olio, pennelli, tempera, ma si può dipingere anche con la sabbia?
“Si può dipingere con qualsiasi cosa si voglia. Con ogni elemento naturale in grado di parlare, comunicare, trasmettere. Sì, si può dipingere con qualsiasi cosa”.
“I colori parlano di tutto. Raccontano la voglia di leggere e di ascoltare; i colori arrivano e bussano quando trovano la porta chiusa; entrano con irruenza quando la porta è spalancata. La tela è un barattolo enorme di Nutella. Nutella e marshmallow. Le marsh sono nascoste però. Se non lo fossero il “gioco” finirebbe e scomparirebbe la magia nel trovarle, il gusto di assaporarle all’improvviso in un pomeriggio quasiasi di un giorno fantastico”.
Oggi vivere di arte è una sfida di sopravvivenza; ma se avessi l’occasione di fare della tua passione un lavoro a tempo pieno spostandoti lontano dalla tua terra, quanto ti costerebbe fare i bagagli?
“Vivere di arte è una scelta di vita. Di trascorrere gli anni magari non con la massima tranquillità economica ma sicuramente con un milione di sorrisi al secondo. La mia valigia? E’ già pronta: colori, pennelli, qualche tela e gli affetti più cari. E’ il bello del dipingere: cancella le distanze, ti dà la possibilità di portare tutto con te senza troppe difficoltà. Una sconfitta per la mia regione che purtroppo non accoglie ma allontana”.
Quanto sogna un’artista?
“L’artista non smette mai di sognare. L’artista vive nel sogno. Egli vede le stesse cose sia ad occhi aperti che ad occhi chiusi anche se non sempre le racconta. A volte li dipinge. E li colora”.
Recentemente hai allestito una mostra intitolata ‘Il colore dei pensieri’: di che colore sono i tuoi pensieri oggi? Che aspettative o progetti hai per il prossimo futuro?
“I miei pensieri sono neri, rossi, grigi, bianchi (sempre), blu, gialli (uno), uno solo celeste. Sono pensieri di sabbia. Pensieri belli. Per tutto il 2015 collaborerò con la galleria ArtDesignFactory di Rivoli, Torino, in seguito all’assegnazione del Secondo Premio di cui parlavamo prima. In genere progetto poco; sogno molto di più. Voglio lavorare ancora per poter dire, presto, che avevo ragione io. I sogni realizzati ripagano più di un posto fisso dietro una scrivania”.
Quando abbiamo programmato il nostro incontro avevo chiesto a Sara di portare con sé una delle sue opere ed è giunto il momento che lei me la presenti. Quindi tira fuori dal suo involucro una tela monocromatica e particolare anche nella forma. Le chiedo di parlarmene.
“Questo quadro si chiama ‘Favole’, un acrilico su tela, blu come le profondità del cielo e del mare; un colore che lascia sempre immaginare qualcos’altro. Questo concetto è sottolineato dall’inserto di spaghi che arricchiscono l’opera di significato. A me non piace suggerirti quello che la tela teoricamente dovrebbe dirti ma vorrei che ogni volta fosse l’osservatore a riconoscersi nei questi colori. Magari a partire dal titolo del quadro”.
La nostra chiacchierata si conclude mentre l’odore di ragù da qualche finestra s’infila lungo le stradine del centro storico. Anche se non ha mai tolto gli occhiali da sole Sara si è aperta risposta dopo risposta come un uscio carico di cromatismi. Ha affacciato il suo mondo fatto di sogni e colori sulla nostra curiosità e si è lasciata conoscere attraverso la sua ansia buona di creare. Si è rivelata attraverso le sue innumerevoli sfumature ma è rimasta quello che è nella vita: trasparenza e forza. Proprio come sono le donne che hanno emozioni da raccontare; e proprio come l’arte pretende da chi ha l’audacia di viverne. Tutto in un equilbrio che mi ha stupefatto. Dopo aver conosciuto Sara te ne torni a casa con un sorriso semplice, con la voglia di amare la pittura senza fare troppe domande, con un caleidoscopio di sensazioni nella testa e con un rettangolo blu per sognare ancora a colori.