Il Casco respiratorio CPAP permette di sopravvivere alla Covid-19. Se la mascherina chirurgica è il simbolo indiscusso dell’anno 2020, per gli operatori sanitari il protagonista di questa pandemia è invece il casco respiratorio, presidio che la Società Italiana di Pneumologia ha identificato come scelta terapeutica ideale, da posizionare alla maggior parte dei pazienti con grave sindrome respiratoria da Covid-19.
La principale manifestazione clinica dei pazienti COVID-19 è l’intensa dispnea, mancanza di fiato dovuta ad ipossia acuta, con insufficienza respiratoria. In questi pazienti gli alveoli danneggiati recepiscono poco ossigeno, provocando una riduzione della pressione arteriosa di ossigeno (PaO2) e, nei casi più gravi, una Insufficienza Respiratoria Acuta.
In genere viene raccomandato il supporto respiratorio precoce con Ventilazione Non Invasiva (NIV) ma, nel 10% dei casi circa, può rendersi necessario un supporto ventilatorio di tipo invasivo, tramite intubazione oro-tracheale.
La Ventilazione Non Invasiva (NIV) è un sistema composto da un ventilatore collegato al paziente attraverso dei tubi che terminano con dei dispositivi diversi a seconda delle esigenze: possono essere utilizzate delle maschere nasali, naso-bocca o facciali, oppure un casco integrale. Il ventilatore eroga un flusso di aria all’interno dei polmoni, si tratta di aria arricchita di ossigeno. Rispetto alle maschere facciali, il casco permette una minore dispersione nell’aria delle goccioline (“droplets”) contenute nel fiato del paziente, questo riduce il rischio di contaminazione degli operatori sanitari.
Il casco respiratorio è uno scafandro trasparente con collare morbido alla base e due cinghie che si posizionano sotto le ascelle del paziente, permettendo al dispositivo di rimanere attaccato alle spalle, erogando la dovuta pressione di ossigeno. La ventilazione col casco, quando effettuata senza un ventilatore meccanico, connettendo direttamente il paziente ad un sistema a Pressione Positiva Continua delle vie Aeree, viene chiamata C-PAP.
Durante questa terapia è necessario monitorare costantemente diversi parametri fra cui: la saturazione trans-cutanea di ossigeno (SpO2), la frazione di ossigeno inspirata dal paziente (FiO2), la frequenza respiratoria e cardiaca ed il sistema sensorio. Sarà inoltre necessario rilevare la pressione parziale di ossigeno (PaO2), dell’anidride carbonica (PaCO2), ed il pH: questi parametri si rilevano attraverso un prelievo arterioso chiamato emogasanalisi. Per questo motivo è necessaria la presenza di personale medico e infermieristico addestrato e fortemente motivato, in grado di interpretare i dati rilevati dal monitoraggio e lavorare su turni di 24 ore.
Il monitoraggio è fondamentale perché nella polmonite da Covid-19, come in molte polmoniti interstiziali, i pazienti inizialmente stabili possono peggiorare improvvisamente a causa dell’ipossiemia, manifestando dispnea (respirazione difficoltosa), tachipnea (aumento del numero degli atti respiratori) e febbre alta.
Tuttavia grazie al ricovero in Unità di Terapia Intensiva Generale o di Terapia Intensiva Respiratoria , il Casco respiratorio CPAP/NIV permette di sopravvivere alla Covid-19 e all’Insufficienza Respiratoria Acuta da essa provocata.
Carola Pulvirenti
Si ringrazia per la gentile supervisione il Dott. Corrado Mollica, Specialista in Malattie dell’Apparato Respiratorio; Specialista in Fisiopatologia e Fisiokinesiterapia Respiratoria; Già Dirigente c/o AO S.Camillo-Forlanini- Servizio Terapia Intensiva Respiratoria (S.T.I.R.S.) Roma. Già Prof. inc. “a titolo gratuito” presso l’Università “Sapienza” di Roma.