Quando gli amici che vivono nel nord Italia ci comunicano di aver avuto il dolcissimo pensiero di venirci a trovare a Campobasso, cogliendo anche l’occasione per visitare le bellezze del Molise, noi abitanti del capoluogo molisano spesso siamo combattuti tra quel senso di gioia e impazienza alla notizia di una visita tanto gradita e quel senso di sconforto dettato dal fatto che uno di loro, Ambrogio, ha giustamente deciso di portare il suo amato chihuahua a pelo lungo “Fufi” con sé e quindi tocca dirgli che, a Campobasso, non solo non c’è un parco per cani … ma non c’è proprio un parco (da sempre), né una pista ciclabile degna di questo nome e né la possibilità di girare nel centro storico senza fare lo slalom tra le automobili parcheggiate pure sopra le fioriere. Comunque alla fine prevale sicuramente la gioia di mangiare e bere insieme a oltranza e quindi ogni problema sfuma come il vino sull’arrosto.
Arrivati a casa, una delle domande più frequenti che spesso fanno gli amici “nordisti” è: “ma qui proprio non si usa la bicicletta per andare in centro?”. Effettivamente siamo proprio un popolo di pigroni noi campobassani: il fatto che non viviamo sulla Pianura Padana ma sul cucuzzolo di una montagna, non viene neanche preso in considerazione dai nostri ospiti come deterrente per giustificare le uscite di massa in auto. E comunque non è vero che non prendiamo la bici. La prendiamo nel cortile di casa per arrivare fino alla macchina in garage. Anzi, dirò di più, tante volte sotto le feste di Natale, attorno al fuoco di un camino, i nostri nonni ci narravano le gesta di eroi coraggiosi, ciclisti della domenica che scendevano dalle contrade arrivando addirittura sul Castello Monforte o a Ferrazzano.
Comunque, parlando e straparlando, ci accorgiamo che si è fatto tardi e ci prepariamo ad uscire con i nordisti. La maggior parte di noi campobassani, in quel preciso momento, ha il dovere morale di avvisare l’intera famiglia di non aspettarli per la cena perché si va a fare “l’apericena”. La risposta più disarmante arriva direttamente dalla bocca della nonna che con le lacrime agli occhi esclama: “ma come fate a cenare solo con una pera?”. Tocca prendere due ore di tempo e spiegare a tutto il parentado che al nord i nostri amici fanno anche l’aperipranzo alle 12, e la notizia è qualcosa che turba profondamente la serenità della famiglia campobassana al pari dell’annuncio a casa: “mamma, papà, nonna… sono vegano.”
Perché noi qui al sud alle 12 siamo capaci di fare colazione con un bel cornetto inzuppato nel latte, incuranti del fatto che, due ore più tardi, saranno presentati in tavola due chili di lasagne al forno e un intero porco arrosto con patate da consumare rigorosamente con tutta la famiglia riunita attorno al tavolo, avi in foto sopra le mensole compresi. Roba che se hai il coraggio di dire che hai poca fame perché ti sei appena strafogato di Milk Pan di Iannetta… come minimo scatta la competizione della nonna e quindi devi finire pure gli gnocchi al ragù di dinosauro del giorno prima. Mai insinuare il dubbio nella testa della nonna che, anche solo una volta nella vita, hai preferito la cucina del rivale.
Altra nota dolente dell’uscita in città con gli amici nordisti è rappresentata dal problema “cacca di cane sparsa in terra come coriandoli a Carnevale” (e la colpa non è del cane). Al nord, come i nostri ospiti ci spiegano, raccogliere le deiezioni dei nostri compagni di pelo è un obbligo morale e civile, pena una bella multa che credo superi di gran lunga il valore di ogni ‘pupù’ sul mercato mondiale.
A tanti possessori campobassani di cani ( non tutti, ovvio) che evidentemente in testa hanno solo una scimmia che batte i piatti, raccogliere la cacca dei loro pelosi appena ‘atterrata’, fa schifo. Preferiscono pestarla con le ballerine o ballarci dentro il tip-tap con le infradito piuttosto che alzarla con una paletta. Alcuni addirittura, quando prendono un pet, chiedono all’allevatore se per caso la scienza ha trovato un modo per far nascere questi compagni di vita senza buchini scomodi sul di dietro.
Al nord poi gli animali entrano ovunque: negozi, super, bar, ristoranti. Ovunque. Noi invece, a Campobasso, dobbiamo trovare il coraggio di dire al nostro amico Ambrogio che Fufi non potrà entrare quasi da nessuna parte. Da noi l’unico animale a cui è consentito l’accesso nella maggior parte degli esercizi commerciali è esclusivamente l’acaro della polvere ma solo se ben nascosto sotto il colletto della camicia e appartenente ad una specie priva di peluria sul tronco.
Però, in fin dei conti, quando gli amici nordisti ci vengono a trovare, noi qui al sud siamo davvero capaci di trasformare le nostre case nelle loro case e il nostro divano nel divano di Fufi.
Le famiglie campobassane appena arriva l’ospite vanno subito ad informarsi presso gli appositi enti sulle pratiche di adozione. E questo calore, questa disponibilità, questo senso di forte accoglienza è la cosa che più resta nel cuore di coloro che hanno avuto persino il coraggio di prendere la Freccia del Molise pur di venirci a trovare. Alla fine del viaggio, Ambrogio e gli altri amici, torneranno a casa con la mente piena di bellissimi ricordi, con gli occhi colmi della bellezza dei nostri paesaggi incontaminati, con il cuore gonfio di amore ricevuto e dato e … la panza piena di gnocchi al ragù e ciambellone fatto in casa direttamente spinto giù in gola (con l’aiuto di un imbuto) dalla nonna, in stazione.