“Servono medici e servono subito. Per questo è indispensabile riformare, immediatamente, il sistema di accesso alle facoltà universitarie di Medicina, modificando la legge 264 del 1999 che ha istituito il numero chiuso”. Così la consigliera regionale del Partito Democratico, Micaela Fanelli, che fa sapere si depositare a breve in Consiglio regionale “una proposta di legge alle Camere ai sensi dell’articolo 121 della Costituzione, che chiede all’Assemblea di esaminare, approvare e presentare alle Camere del Parlamento la pdl.
Una proposta che si affianca e potenzia la bella notizia diramata in queste ore dall’Università del Molise, dove il Ministero della Salute ha autorizzato nuove scuole di specializzazione in area medica, che consentiranno, senza costi a carico della Regione, di potenziare la nostra sanità pubblica con quarantanove nuovi specializzandi l’anno.
In Italia, e ancor di più in Molise infatti, la carenza di personale sanitario rappresenta un problema ormai antico, che ha assunto connotati drammatici nel corso della pandemia da COVID-19, ma che prescinde da emergenze come quest’ultima.
Non a caso, sin dalle primissime manifestazioni epidemiche si è reso necessario adottare strumenti normativi ad hoc proprio al fine di supplire alla carenza di risorse umane nell’ambito del servizio sanitario nazionale.
Già con decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, infatti, sono state introdotte misure – confermate e rafforzate dal successivo decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 – atte al conferimento di incarichi di lavoro autonomo a personale sanitario collocato in quiescenza. Ma, anche a regime, lo svolgimento di turni massacranti, con la privazione di ferie e riposi settimanali, rappresenta, ormai, l’unico modo per garantire il funzionamento del sistema sanitario nazionale.
L’attuale disciplina legislativa ha contribuito alla creazione di un sistema che si scontra gravemente con il quadro costituzionale. In particolare, si deve evidenziare che l’attuale sistema di accesso alle facoltà di medicina, fondato sul superamento dei test d’ingresso – in grandissima parte incentrati su materie che non sono oggetto di approfondimento nel corso degli studi scolastici e, talvolta, su materie completamente avulse sia dal percorso scolastico che da quello, poi, accademico – implica una preparazione specifica, tesa esclusivamente al superamento di quei medesimi test. Al fine di acquisire il tipo di preparazione necessario, si rende di fatto necessario svolgere appositi (e costosi) corsi di formazione privati, con conseguente grave lesione del principio di eguaglianza, oltre che del diritto allo studio, così come declinato dalla Costituzione.
Infatti, nell’attuale contesto normativo, gli studenti appartenenti a famiglie con maggiori risorse economiche – potendosi permettere la frequenza dei corsi privati sopra citati – hanno molte più chance di superare il test d’ingresso e possono concedersi più tentativi e, quindi, attendere anche più di un anno dopo il conseguimento della maturità.
Gli studenti appartenenti alle classi più disagiate, viceversa – non potendosi permettere lunghe attese prima di inserirsi nel mondo del lavoro e trovandosi, pertanto, nella condizione di dover terminare quanto prima gli studi – nel caso in cui dovessero “fallire” il primo tentativo al test d’ingresso, sono costretti dalle circostanze ad orientarsi su altro corso di studi, rinunciando alle legittime aspirazioni e trovandosi in una condizione di grave frustrazione morale e materiale.
Dalle limitazioni all’accesso ai corsi universitari di ambito sanitario consegue un ulteriore effetto nefasto per il sistema socio-economico italiano: la perdita, per il Paese di tutti quei giovani che, per il perseguimento delle loro vocazioni, sono costretti ad iscriversi ad università straniere, con conseguente depauperamento di competenze in un settore delicatissimo come quello della tutela della salute.
L’attuale sistema, dunque, non trova più alcuna ragion d’essere. D’altra parte, le limitazioni all’accesso ai corsi universitari di ambito sanitario non trovano più giustificazione nella normativa euro-unitaria soprattutto alla luce degli ingenti finanziamenti disposti nei confronti dell’Italia – anche tramite il PNRR – e a fronte dell’attuale contesto, che evidenzia molteplici profili di problematicità sul piano Costituzionale, sia in ordine alla tutela del diritto alla salute, che in ordine al diritto allo studio e al principio di eguaglianza del sistema delineato dalla legge n. 264 del 1999.
Scopo della proposta di legge che depositerò nei prossimi giorni è proprio quello di porre un argine alle gravi problematiche evidenziate, rendendo il quadro normativo più consono al sistema di valori costituzionale.
Inoltre, sempre lungo il solco dell’obiettivo di far crescere l’offerta sanitaria ed il livello dei servizi, in vista della riforma del nostro sistema sanitario, questa legge favorirebbe anche il rafforzamento della collaborazione tra Università ed Asrem, per creare le condizioni affinchè le professionalità formate all’Unimol possano scegliere di lavorare in Molise, così come altre regioni hanno già fatto.
Per questo, auspico che il Consiglio Regionale possa, nel più breve tempo possibile, esaminare e licenziare la mia proposta di legge, trasmettendola successivamente al Parlamento, dove è già in atto una discussione sul tema, che vede la convergenza di diversi partiti, sia di maggioranza che di minoranza.
Servono medici e – conclude Fanelli – serve abolire il numero chiuso. Dalle parole, passiamo agli atti, permettiamo ai nostri ragazzi di iscriversi liberamente alle Facoltà di Medicina e risolviamo il problema della carenza di medici, soprattutto per il nostro Molise”.