ANDREA VERTOLO
Torna a parlare di sanità e lo fa in un incontro con la stampa in cui non manca di utilizzare toni aspri. Nella sala dell’Hotel San Giorgio di Campobasso, il medico Angelo Di Stefano, si esprime duramente sulle ultime vicende che hanno interessato i vertici della sanità molisana e spiega i motivi della sua denuncia, presentata alla Procura della Repubblica, alla Corte dei Conti di Campobasso e all’Ufficio Nazionale Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza presieduta da Raffaele Cantone. “Oggetto dell’esposto – spiega il medico – è la verifica dei titoli della dottoressa Giuseppina Arcaro, che ai sensi di legge, non risulta avere irequisiti richiesti, dunque, non può ricoprire l’incarico di direttore sanitario dell’Asrem”.
“I requisisti – spiega infatti Di Stefano – sono disciplinati dal decreto legislativo numero 502 del 1992 nel quale si stabilisce che per ricoprire il ruolo, svolto oggi dall’Arcaro, bisogna aver maturato almeno 5 anni di servizio da medico primario”. Proprio su tale requisito Di Stefano polemizza, sottolineando: “l’Arcaro ha svolto per 11 anni il ruolo di primario in sostituzione, tale ruolo può essere svolto solo per 6 mesi, prolungabili ad un anno, quindi tutti gli atti posti in essere nel periodo successivo, per legge, sono nulli.”
Inoltre si registra, da parte dello stesso Di Stefano, anche la denuncia contro Mauro Pirazzoli, direttore generale Asrem, “per aver commesso il reato previsto e punito dall’articolo 479 del codice penale vigente”. Per Di Stefano, in sostanza, “si è difronte a falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici”.
Non manca la stoccata al presidente della Regione Paolo Di Laura Frattura. “Dopo la sentenza del Tar – ha tuonato l’ortopedico – che ha indicato la Regione come unico ente che può predisporre la chiusura degli ospedali, è assurdo che gli inquilini di Palazzo Moffa hanno ancora il coraggio di delegare altrove tale responsabilità. Ci troviamo di fronte – ha poi concluso – ad un Consiglio regionale incapace di garantire al proprio popolo il diritto alla salute. Una questione che sarebbe già sufficiente a riportare tali soggetti a casa a fronte della loro espressa incapacità”.