Patto per il lavoro: come si fa a chiederlo per una Regione che lavoro non ha?

MASSIMO DALLA TORRE

Con molta attenzione abbiamo letto le varie missive dove si chiede il patto per il lavoro. Richieste che sotto certi aspetti ci trova concordi, anche se nel Molise il lavoro è utopia.

Non è un “j’ accuse” ma una semplice considerazione che sorge spontanea perché la ventesima regione d’Italia, come del resto altre realtà soprattutto del Mezzogiorno, non offre nessuna speranza a chi o è in cerca di prima occupazione o addirittura chi il lavoro l’ha perso. Considerazione facilmente deducibile dai dati che ci relegano agli ultimi posti delle graduatorie economico/finanziarie e ci condannano e fanno si che moltissime attività lavorative chiudano i battenti. Fa bene chi detiene le redini di questa “biga” anomala a chiedere un patto per il lavoro.

Fa bene a chiedere attenzione del Governo centrale a quelle che sono le emergenze che da sempre caratterizzano questa porzione di stivale.

Fa bene a reclamare a voce alta il rispetto per chi non vuole abbandonare il territorio che purtroppo è desertificato sotto tutti i punti di vista. Desertificazione, morale e materiale incrementata dal menefreghismo di chi potrebbe agire e non agisce. Desertificazione che aumenta a vista d’occhio e costringe ad apporre sulla porta d’ingresso della Regione il cartello: chiuso per mancanza di volontà. Carenze che non depongono assolutamente a favore di chi vuole a tutti i costi recuperare il terreno perso, anche se sa che il terreno è franoso, anzi scivoloso, dove è estremamente difficile far attecchire qualsiasi realtà imprenditoriale, almeno che non si tratti di un “affaire” che possa portare vantaggi a pochi, pochissimi.

Un “affaire” di non facile connotazione perché non è decifrabile il codice che ne regola i meccanismi. I quali, fanno si che tutto diventi “desueto”. Meccanismi che minano quelle che sono le basi che potrebbero essere la chiave d’accesso a un diritto sacrosanto: Lavoro. Parola che nella realtà molisana è alla stregua dell’araba fenice che tutti sanno che esiste ma che nessuno ha mai visto. Parola che in queste ore alquanto concitate per la visita del Santo Padre ha “infarcito” forse anche ampollosamente, discorsi, i proponimenti pur sapendo che sarà vanificata per l’inesistenza di materia prima. Con questo lungi da noi dover criticare o  abbattere sia le richieste sia i proponimenti, altrimenti saremo tacciati di negatività. La quale, si palesa e si contrappone a quanti sperano in una ripresa, anche se quest’ultima è lontana. Ripresa che potrebbe far pendant con riconquista di un qualcosa che è un diritto sacrosanto perché contenuto nella legge delle leggi: la Costituzione, che però a quanto pare, e i fatti sono sotto gli occhi di tutti, è vanificata dal continuo esodo verso realtà più produttive e propositive.

Per questo con disillusione invitiamo a ponderare anzi a pesare attentamente gli scritti perché se le cose dovessero rimanere come sono: a “bocce ferme” rimarranno solo una inutile sequenza di lettere con l’auspicio  che qualcuno dia un segnale positivo a quanti aspettano anzi sperano.

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