ALESSANDRO CAJANI
Man mano che passano i giorni, aumenta sempre più la tensione tra i candidati sindaci e degli aspiranti ad occupare uno degli scranni di Palazzo San Giorgio. Attesa su cui pende la spada di Damocle del ballottaggio vero e proprio incubo per chi, se non dovesse raggiungere e superare il quorum previsto per l’elezione, sarebbe costretto a continuare a “pedalare” tra i cittadini, le associazioni, i grandi elettori pur di accaparrarsi il maggiore numero di voti che lo porterebbe a salire le scale di Palazzo di città e cingersi con la fascia tricolore da sindaco.
Evenienza che, a distanza di pochissimi giorni dalle elezioni, si fa sempre più strada perché, da quello che si sente in giro, a giocare un ruolo determinante sarebbero tre fattori: il primo l’astensionismo, il secondo la non forza di alcune liste, specialmente quelle della sinistra, terzo ed ultimo, ma non per importanza, lo sbandamento e l’incertezza dell’elettore a chi affidare il mandato a rappresentarlo per i prossimi cinque anni nell’assise civica.
Sul primo e sul terzo non ci sono problemi, sul secondo invece i problemi sono seri nonostante il quartier generale si affanni a far passare la tesi della vittoria al primo turno.
Una vittoria che, però, allo stato attuale, è in bilico perché, chi affianca il candidato sindaco che ha vinto brillantemente le primarie, non è molto presente, anzi spesso, almeno che non si mimetizzi come un camaleonte, è assente, etereo, evanescente, muto.
Cosa estremamente pericolosa se si pensa che prima dell’inizio della campagna elettorale moltissimi hanno sgomitato per far parte del parterre che a detta loro era vincente. Un parterre che, per le caratteristiche che presentava, oggi un po’ meno, faceva presagire un successo inaspettato, anche perché supportava un candidato con tutte le carte in regola, almeno questo è il responso dei cinquemila elettori alle primarie. Una coalizione che invece, i fatti lo dimostrano, è deboluccia e fatecelo dire sfugge al confronto con gli elettori, il che danneggia e non è assolutamente utile all’elezione. Senza voler apparire menagrami e tanto meno vestire i panni del personaggio della patente di Pirandello, ossia Rosario Chiarchiaro, la sensazione è che ai piani alti del partito di Via Ferrari si sono resi conto, che forse è meglio correre ai ripari e di conseguenza studiare attentamente a tavolino le strategie giuste per conseguire il risultato elettorale positivo.
Un risultato che però, è minato, anche dagli asti e dalle divergenze interne al partito del Tosco dal parlare svelto: il Matteo come lo chiamano i cittadini della ex repubblica gigliata. Partito che vede ancora una volta contrapporsi due, se non tre, schieramenti che non giovano assolutamente a chi vuole ridare dignità alla città e in particolare ai campobassani. I quali, stanno realizzando che la tornata elettorale di maggio avrà un proseguo nel mese di giugno, anche se è il mese per pianificare le ferie estive e non l’elezione del primo cittadino.
Un candidato sindaco che, se dovesse arrivare al ballottaggio, da subito non solo deve strigliare i suoi “compagni” di viaggio ma deve guardare con attenzione alle mosse degli avversari, che da questa evenienza otterrebbero il successo e non certamente una sconfitta.
Ecco perché è bene non fare voli pindarici di fantasia e, soprattutto, non fidarsi di chi si riempie la bocca di propositi, paroloni e rassicurazioni. Tutte cose che danneggiano e non sono certamente a favore della causa su cui, questa è la sensazione generale, aleggia l’ombra dell’esercito di Giacchino, leggasi Gioacchino Murat, che pur di governare, non tenne assolutamente in considerazione la scena politica, tant’è che fu fucilato a Pizzo Calabro il 13 ottobre 1815 nonostante avesse tentato di conquistare il territorio quando aveva a disposizione ottantamila uomini.