Da oggi, 16 gennaio nel calendario dei lavori del Senato è previsto l’inizio della discussione del Ddl Calderoli sull’attuazione dell’autonomia differenziata. La FLC CGIL ha inviato nei giorni scorsi un appello, affinché si tenga la scuola fuori dal processo di regionalizzazione avviato dal Governo.
“Rilanciamo oggi questo appello, rivolgendoci alle Senatrici e ai Senatori della Repubblica eletti in Abruzzo e in Molise, – fanno sapere dal sindacato – perché siamo convinti che le nostre Regioni possano essere ulteriormente svantaggiate da questo scellerato progetto. È in gioco, infatti, la missione principale della scuola ovvero la costruzione della cittadinanza, la condivisione di valori e il senso di appartenenza, che fondano la convivenza democratica. Questo ruolo del sistema di istruzione statale sarebbe inevitabilmente pregiudicato da una scelta regionalistica che va assolutamente scongiurata. Oggi, nel giorno dell’avvio dell’iter in Senato, la FLC CGIL rinnova il suo appello: “Fermatevi! Si tenga la scuola ‘organo costituzionale’ fuori dal processo tracciato dal Ddl Calderoli”.
L’APPELLO
Agli onorevoli Senatori e Senatrici
I lavoratori e le lavoratrici che noi rappresentiamo non possono astenersi dal far sentire con forza la propria voce, manifestando grandissima preoccupazione, in merito agli esiti, deprecabili, che possono determinarsi ove giungesse a compimento l’iter del DDL n.615 contenente “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell’art.116, terzo comma della Costituzione”.
E ciò con particolare riguardo alle conseguenze negative che deriverebbero all’ordinamento scolastico, finalizzato in primo luogo all’esercizio del diritto all’istruzione degli alunni e alla libertà dell’insegnamento, fondamenti intangibili su cui si costruisce la cittadinanza, la libertà e l’unità del nostro popolo e della nostra comunità.
Quanto previsto dal citato Disegno di legge potrebbe radicalmente mutare il quadro, in peggio, della scuola italiana e quindi del nostro Paese.
Infatti attraverso le intese regionali si prevede che si possa giungere perfino a far diventare “le norme generali sull’istruzione” – oggi legislazione esclusiva dello Stato – oggetto di legislazione concorrente. Altro non significa “regionalizzare” e quindi differenziare le norme che disciplinano le finalità della scuola e che – al contrario – dovrebbero essere applicabili in tutto il territorio nazionale in modo uniforme riguardanti ad esempio, gli ordinamenti scolastici, le funzioni e dell’organizzazione del sistema educativo, la disciplina dell’organizzazione e del rapporto di lavoro del personale della scuola. Non solo, ma, ancora, le leggi regionali potrebbero disciplinare l’istituzione di ruoli del personale della scuola, la sua consistenza organica, la stipulazione di contratti collettivi regionali, con gravi e devastanti conseguenze sulla tenuta delle finalità nazionali dell’ordinamento scolastico, sul contratto collettivo nazionale e trattamento economico di docenti, Ata e dirigenti scolastici, sulla mobilità territoriale, sulla valenza di concorsi per il reclutamento a sbarramento regionale. Inoltre la stessa autonomia scolastica costituzionalmente riconosciuta rischia di essere pregiudicata e collocata in ambito subalterno rispetto alle nuove funzioni e poteri regionali e locali.
Ci permettiamo ancora di ricordare che la nostra Costituzione definisce negli articoli 33 e 34 le caratteristiche basilari del sistema scolastico e che alle prescrizioni derivanti da tali articoli si attribuisce “valenza necessariamente generale ed unitaria che identifica un ambito di competenza esclusivamente statale” rappresentando «la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario ed uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra coloro che fruiscono del servizio dell’istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale)” (Corte cost. sentenza 24 giugno 2009, n. 200).
Vogliamo quindi sottolineare che esiste un tema che chiama direttamente in causa la missione principale della scuola ovvero la costruzione della cittadinanza, la condivisione di valori e il senso di appartenenza, che fondano la convivenza democratica. “La democrazia infatti non è solo una forma di governo ma il sentire condiviso dalla comunità.”
Questo ruolo del sistema di istruzione statale sarebbe inevitabilmente pregiudicato da una scelta regionalistica e territorialistica. Per queste molteplici ragioni crediamo che tutto ciò vada scongiurato.
Già oggi le Regioni godono di ampie funzioni amministrative: sulla programmazione dell’offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale, sulla programmazione della rete scolastica, sulla suddivisione del territorio regionale in ambiti funzionali al miglioramento dell’offerta formativa, sulla determinazione del calendario scolastico, sui contributi alle scuole non statali, sulle iniziative e le attività di promozione relative all’ambito delle funzioni attribuite.
Oltre queste competenze non si può e non si deve andare. Il diritto all’ apprendimento dell’alunno, le finalità dell’istruzione ancorate all’esercizio della cittadinanza italiana, sono diritti dell’individuo/persona/lavoratore-lavoratrice, che devono essere esercitati e garantiti in ogni luogo del nostro paese perché sono diritti nazionali, non regionalizzabili, ed esigibili a prescindere dai confini territoriali dei governi locali.
Il nostro appello e la nostra richiesta, esplicita e non incrinata da dubbi, è una sola: si tenga la scuola “organo costituzionale” fuori dal processo tracciato dal DDL n. 615. Perché nella scuola – unica nelle finalità, nazionale nell’ordinamento, uguale nei diritti dell’alunno – risiede la nostra appartenenza alla comunità nazionale, il nostro orgoglio di essere europei in quanto italiani e italiani in quanto europei.
FLC CGIL Abruzzo Molise