Si è tenuta oggi, giovedì 22 ottobre 2020, l’udienza della causa promossa dall’ex consigliere regionale Massimiliano Scarabeo contro la Regione Molise volta a far dichiarare il suo diritto a partecipare al Consiglio Regionale per procedere alla surroga dei Consiglieri supplenti in favore degli assessori nel frattempo dimissionari ai sensi dell’art. 15 della legge 5 dicembre 2017 e la sua permanenza quale consigliere supplente dopo la nuova nomina degli assessori regionali.
“Gli assessori regionali sono stati invitati a dimettersi dal Presidente della Giunta regionale affinché tornassero a ricoprire il ruolo di consiglieri regionali al fine di approvare la legge di bilancio; ben consapevole che in caso di mancata approvazione la sua legislatura sarebbe terminata”, ricorda l’ex consigliere regionale Massimiliano Scarabeo.
Scarabeo ha evidenziato come “il Presidente del Consiglio, preso atto delle dimissioni e in violazione di legge, ha disposto l’immediata decadenza dei consiglieri supplenti ancor prima dell’adunanza consiliare che avrebbe dovuto decidere con la partecipazione dei consiglieri stessi per deliberare il subentro degli assessori dimissionari. Il Presidente del Consiglio, invece, ha ritenuto di dover convocare gli assessori che avrebbero dovuto votare la loro stessa reintegra con evidente con evidente violazione di legge e nullità di ogni atto conseguenziale”.
“Il 20 aprile 2020 – ricorda ancora Massimiliano Scarabeo – si è tenuto così un Consiglio regionale illegittimamente convocato e pertanto illegittimamente composto, dove gli assessori dimissionari hanno votato la loro reintegra. E in data 30 aprile 2020 hanno addirittura deciso di approvare la legge n. 1 con la quale hanno abrogato l’art. 15 della legge del 2017 che regolava le incompatibilità tra carica di assessore e carica di consigliere, ritenendo addirittura di dover interpretare la norma così abrogata con effetto retroattivo al fine evidente di sanare l’operato del Presidente del Consiglio regionale”.
“Si ricorda – continua l’imprenditore di Venafro – che tale legge è stata già osservata dal Governo in sede di approvazione e che il Presidente della Giunta si è impegnato ad abrogarla autonomamente, cosa che allo stato non è dato di sapere sia avvenuto. Ma sta di fatto che, con tale modus operandi, la Regione ha inteso modificare le regole elettorali nel corso di una legislatura interferendo altresì sulla funzione giurisdizionale al punto da condizionarne le relative decisioni nonostante la palese illegittimità costituzionale di legge-provvedimento interpretativa, con effetto retroattivo, contraria ad ogni criterio di ragionevolezza, e lesiva di ogni principio di legittimo affidamento che ogni cittadino può riporre in merito all’applicazione di una legge”.
“E’ stato, infatti, evidenziato al Giudice, come la riforma adottata con la legge n. 1/2020, casomai, avrebbe potuto avere effetto dalla legislatura successiva a quella di approvazione, proprio come accaduto in occasione della modifica della legge elettorale intervenuta con l’approvazione della legge n. 20/2017, art. 15, ed invero da tale data in poi gli assessori regionali hanno continuato a partecipare ai Consigli regionali anche nella loro qualità di consiglieri, ciò a dimostrazione della inapplicabilità di una riforma elettorale nel corso della legislatura.
E’ stata evidenziata, inoltre, nel corso della discussione, la condotta illegittima del Presidente della Giunta che ha ritenuto di gratificare uno dei Consiglieri supplenti nel frattempo illegittimamente dichiarati decaduti dal Presidente del Consiglio, con la nomina a commissario del Consorzio del Nucleo Industriale di Campobasso-Bojano, in spregio alle regole che ne determinano l’assoluta incompatibilità e pertanto in violazione di legge.
E’ evidente l’uso strumentale della funzione normativa, esercitata invero in violazione di principi costituzionali che avrebbero dovuto suggerire maggiore cautela in capo a colui che ha utilizzato strumenti istituzionali piegandoli a scopi politici e certamente non consoni al buon andamento e all’imparzialità della Pubblica amministrazione – conclude Scarabeo – Ora la parola passa al Tribunale”.