Visita di Mattarella, il messaggio dell’arcivescovo Bregantini

Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Bojano

«Anche noi, come Chiesa di Campobasso –Bojano, con gioia vera e cordiale, diamo il nostro benvenuto al Presidente della Repubblica italiana. Sentiamo di potergli aprire i cuori, perché ogni visita, nel piccolo Molise, si fa gratitudine. E’ stima che cresce poi, già nel gesto della visita. Che si traduce sempre in precisi impegni. Come è avvenuto, il 5 luglio 2014, con la visita del Papa in Molise. Specie a Campobasso. Ed anche allora, con un particolare gesto di simpatia e di vicinanza a questa terra, proprio partendo dalla sosta, graditissima e luminosa, presso la nostra Università!

La figura del nostro Presidente è già entrata nel cuore della nostra gente. Amato per la sua sobrietà di stile, cordialità di relazioni, chiarezza di interventi.  Ben scelti; messaggi precisi; significato che supera il singolo evento. Rivive in lui la forza del suo dolore personale, che si è fatto fecondità sociale, nella logica biblica ed evangelica: “non lasciarti vincere dal male, ma vinci, con il Bene, il male” (Romani 12, 21).

Nel suo porgersi, sentiamo il sapore del sud. Quel “sud fatto casa cordiale ed ospitale”, che ho sempre amato, nei miei 25 anni vissuti in Calabria e 5 in   Puglia e 8 anni in Molise. E’ la voce, ora, delle periferie, che si fanno specifica riflessione attorno al tema prescelto, con grazia per questa visita. Su cortese invito della stessa Università nella persona del Magnifico Rettore Gianmaria Palmieri.

Ci stanno così a cuore, con animo crescente, le nostre arre interne, che rischiano di essere volutamente dimenticate da uno stile di produzione che punta solo sul numero, sull’ efficienza (ma non sull’efficacia!), sulla produzione (e non sulla crescita!)

E’ uno stile illusorio. Premia subito. Ma poi delude, a lungo termine. Inoltre, genera pericolose conflittualità interne, nella infeconda contrapposizione tra £periferie e centro”. Ritorna la grande figura di don Lorenzo Milani, che proprio dalle periferie di Barbiana ha insegnato a tutta l’Italia la forza degli umili. Anzi, la loro voce si è fatta reale riforma dell’intero sistema scolastico. Mi piace ripetere una sua frase: “sortirne da soli, dai problemi, è avarizia; sortirne insieme, è politica!”.

Affidiamo anche noi al nostro amato Presidente alcuni compiti a casa. Che di certo saranno fatti. Insieme. Per la crescita e la difesa della nostra identità molisana. E’ il nocciolo più denso di questa importante visita. Scrive così papa Francesco, nella sua Laudato Sì: “bisogna integrare la storia, la cultura e l’architettura di un determinato luogo, salvaguardandone l’identità originale”. (N.143).

Anche tramite questa visita, giunga in alto l’appello popolare della difesa della nostra Corte d’Appello, come garanzia concreta di una filiera di istituzioni, che rendono il Molise una delle Regioni italiane più 2vivibili”, per clima, storia, bellezza rurale, bontà della nostra gente.

La visita al Museo Sannitico ci onora. Ed è un segno efficace di crescita culturale che diverrà di certo spinta anche sociale ed economica. Nella concretezza di tutti gli strumenti giuridici di sostegno. Grazie di questa delicatezza culturale. Siamo certi che diverrà ulteriore difesa delle nostre sane “tipicità” rurali e gastronomiche, su cui puntiamo da sempre. Un agro –industriale da rilanciare. Grazie anche delle parole che di certo rivolgerà ai giovani, perché seguano queste nostre strade. E non altre. Non le fughe. Non le partenze. Ma rimanere, pur con sacrificio, in questa nostra amata terra molisana”. Un rimanere per cambiare!

Per dare qualità alla nostra sanità, dignità alle nostre stalle, lucidità alle nostre aule scolastiche, impulso alle piccole aziende artigianali. Con la forza di una Chiesa locale, che “cammina insieme”, come dice il nostro periodico delle quattro diocesi molisane “Molisinsieme”!

Grazie, allora, signor Presidente. Pregheremo per lei, con cuore grato, perché la sua voce sia e resti sempre limpida, ascoltata e seguita, in un Paese che vuole crescere proprio partendo dalle periferie, perché sono esse che creano la centralità della storia».

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