“Una data da non dimenticare quella del 2 giugno del 1946 – afferma in una nota la consigliera di Parità della Regione Molise Giuditta Lembo – quando le donne italiane votarono per la prima volta, dopo decenni di battaglie suffragiste”. Le donne, ammesse per la prima volta nella storia italiana ad esprimere un voto politico, si recarono alle urne in massa: l’89,1% delle aventi diritto, una percentuale quasi identica a quella degli uomini. Tina Anselmi, partigiana, politica e prima italiana ad aver ricoperto la carica di Ministro, ricorda in un suo intervento: “Noi ragazze che avevamo partecipato alla Resistenza, una volta raggiunta la pace, dopo aver contribuito rischiando la vita ad accelerare la fine della guerra, avremmo potuto non renderci conto di quale conquista fosse il diritto di voto alle donne? Peccato che molte di noi non avessero ancora l’età per votare!” Con l’esito del voto a favore della Repubblica, le donne elette lasciarono un segno indelebile nonostante il loro esiguo numero, solo il 3,7% pari a 21 su 556 deputati uomini. E, nella commissione dei 75 incaricata di redigere la Carta Costituzionale, le donne furono soltanto cinque: Angela Gotelli, Maria Federici, Lina Merlin, Teresa Noce e Nilde Iotti, che otterrà la carica di Presidente della Camera dei deputati per ben tre legislature. “Fu in quel preciso istante – prosegue la consigliera – che si può dire che iniziarono le battaglie democratiche per l’affermazione dei diritti delle donne. La qualità della partecipazione delle Madri costituenti ha contribuito in modo determinante alla scrittura degli articoli che enunciavano i principi più moderni della Costituzione, tra cui gli articoli 3, 29, 31, 37, 48 e 51, principi, che hanno ispirato successivamente tutte le conquiste fondamentali quali: la tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri (1950), l’apertura della magistratura alle donne (1963), il divorzio (1970, legge confermata dal referendum del 1974), il nuovo diritto di famiglia (1975), la parità di trattamento sul lavoro (1977),l’aborto (1978, legge confermata dal referendum del 1981). La stessa importante evoluzione però non si è verificata per quanto riguarda il diritto di rappresentanza della donne – continua la Lembo – che, al Senato e alla Camera dei deputati, ha registrato troppo a lungo percentuali molto basse. Alle elezioni del 1948, le donne elette alla Camera furono il 7,7% ma nei primi venticinque anni della Repubblica questa percentuale è scesa addirittura vicino allo zero, ed è rimasta bassissima in Senato, stentando a sollevarsi oltre il 3%. Nei decenni successivi l’andamento è stato altalenante, fino a raggiungere il 21,1% di donne alla Camera e il 18,4% al Senato nel 2008. Poi un incremento record nel 2013: le donne elette alla Camera diventano il 31,4%, al Senato il 27,3%. Un andamento simile si evidenzia alle elezioni europee. Al Parlamento di Strasburgo, la percentuale di donne tra gli eurodeputati italiani è scesa dal 14% della prima elezione nel 1979 all’11% nella successiva, per poi risalire lentamente fino al 21% del 2004 e al 23% nel 2009. Nel 2014 il balzo in avanti, con una presenza femminile nella delegazione italiana che ha raggiunto il 40%.
All’incremento della rappresentanza femminile nelle ultime tornate elettorali hanno contribuito senz’altro due fattori, strettamente legati l’uno all’altro: il consolidamento di un legame positivo tra elettorato femminile e candidate, e l’impatto dei dispositivi elettorali volti a garantire la parità di genere nelle istituzioni. Nelle elezioni amministrative che abbiamo alle porte, voteremo per esempio con la quota di lista e la doppia preferenza di genere, introdotti dalla Legge numero 215 del 2012 per garantire il riequilibrio della presenza di donne e uomini nei consigli e nelle giunte degli enti locali e con queste novità ci accingeremo a rinnovare anche i futuri consigli regionali. Sono risultati importanti, che non danno forza e autorevolezza soltanto alle donne delle istituzioni, ma anche alle donne e alle ragazze che a scuola e all’università, sul lavoro e nel privato, affrontano un mondo in cui, nonostante i cambiamenti positivi, perdurano sessismo, stereotipi e violenza di genere. C’è ancora un vulnus – prosegue la consigliera Lembo – che dà adito al fatto che le donne sono l’unica maggioranza che vivono nella minoranza in politica e ai vertici nell’ambito lavorativo. Per questo non mi stancherò mai di invitare le donne a dire basta, a non tacere più. A denunciare sistematicamente tutte le osservazioni sessiste, i gesti inappropriati, i comportamenti inopportuni, ad incoraggiare tutte le vittime di molestie e di violenza sessuale a parlare. Non mi stancherò mai di chiedere alle Istituzioni che ci governano di supportare tutti gli interventi finalizzati a contrastare questi persistenti atteggiamenti discriminatori. Prevenire questi fenomeni è un atto di responsabilità sociale e politica. In Italia, dove abbiamo ratificato la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e il contrasto della violenza di genere, è giunto il momento che tutta la classe dirigente ne applichi i princìpi e ne faccia uno strumento di trasformazione politica, sociale e culturale. In questa battaglia noi donne dobbiamo essere coese, iniziando a rivendicare, proprio in occasione della ricorrenza del 2 giugno, il recupero della memoria della storia delle donne, ed un primo gesto sarebbe quello di proporre di inserire nei libri di storia anche quella relativa alle madri costituenti e di tutte quelle donne che hanno avuto un ruolo determinante nella rivendicazione dei diritti femminili. A Palermo lo scorso 30 maggio ho preso parte ai lavori del tavolo internazionale per la stesura della Carta Euromediterranea sulla parità uomo-donna, ognuno di noi presenti, donne e uomini, in rappresentanza di vari paesi, abbiamo elaborato e condiviso una strategia unitaria che presenteremo prossimamente alle Istituzioni europee a Bruxelles. Questo per dimostrare che c’è una rivendicazione internazionale ancora in atto verso la totale affermazione dei diritti delle donne e la piena volontà di abbattere ogni forma di discriminazione che in tanti paesi ancora calpesta la dignità femminile. Pertanto – conclude la Lembo – l’incitazione a continuare a rivendicare i diritti delle donne deve rivolgersi soprattutto alle donne che ci rappresentano in Parlamento e in Senato e tal proposito mi piace ricordare quello che nel 1909 l’Alleanza pro-suffragio lanciò in un Manifesto di protesta alla riapertura del Parlamento: ‘I deputati eletti da soli uomini, di qualsiasi partito essi siano, lasceranno ancora per troppo tempo sussistere quell’ingranaggio di leggi restrittive, di costumi medioevali, di giurisdizione antiquata, che inceppano la libera espansione delle forze femminili e ritardano il cammino del progresso civile. […] Nell’Italia di Mazzini e Garibaldi, voi non dovete più oltre sopportare l’ingiuria di essere respinte dalle urne come gli idioti o i mentecatti. Venite dunque a unirvi al nostro pacifico esercito delle donne che vogliono il voto per il bene proprio, dei figli, dell’umanità!’.
“Evviva in 2 giugno , evviva le donne”.