L’austerità negli anni della crisi ha logorato la tenuta delle nostre reti di welfare locale, con tagli pesantissimi (oltre 30 miliardi di euro in 5 anni). Le politiche di contenimento della spesa per il personale hanno poi ridotto fortemente, quando non pregiudicato, la capacità del sistema pubblico di rispondere alle esigenze di cittadini, famiglie e imprese, punendo inutilmente lavoratrici e lavoratori a cui è stato negato il rinnovo del contratto nazionale di lavoro. Quando è invece dalle professionalità che bisogna ripartire per costruire servizi più veloci, più attenti e più vicini alle persone.
I cittadini chiedono un cambiamento. I lavoratori di Comuni, Province e Regioni sono i primi a volerlo. Nella spesa delle autonomie locali: quasi la metà, il 45%, finisce nella cosiddetta “spesa intermedia” in acquisti, appalti, incarichi, mentre i redditi da lavoro dipendente pesano solo per il 29%, inoltre entro il 2018, secondo il DEF 2014, la spesa crescerà di circa 8 miliardi, trascinata dai consumi intermedi (più 10 miliardi), mentre quella per il personale scenderà ancora di oltre mezzo miliardo. Il tutto mentre le tasse locali continuano a crescere.
Il personale diminuisce e non riesce a ingranare la paventata “staffetta generazionale” pur se i servizi pubblici locali hanno subito una riduzione del personale del 7% circa. E da qui al 2018 il turn-over promesso dal Governo si risolverà in un nuovo taglio di oltre 12mila lavoratori, continuando a tagliare sui servizi alla cittadinanza e, come di consueto, senza alcuna riduzione degli sprechi.