“Sono sempre più numerose le famiglie molisane in difficoltà e, sul territorio, contestualmente alla chiusura di aziende ed emorragia di posti di lavoro, assistiamo alla continua crescita di progetti di solidarietà per persone bisognose”: ad affermarlo il consigliere regionale Angiolina Fusco Perrella, prima firmataria e proponente (insieme a Nunzia Lattanzio, Michele Iorio e Giuseppe Sabusco) di una proposta di legge per il ‘reddito minimo garantito’.
“Bisogna – continua la Fusco – contrastare e prevenire il fenomeno della povertà dando sostegno a coloro che hanno oggettive difficoltà ad inserirsi nel mondo lavorativo La presente proposta di legge nasce dalla volontà di introdurre nella nostra regione il Reddito Minimo Garantito, pensato e concepito come uno strumento idoneo a contrastare la povertà, la disuguaglianza e l’esclusione sociale. Non una semplice protezione o misura assistenziale ma un’opportunità, ancor meglio un investimento sul futuro, uno strumento di garanzia di libertà per i cittadini con lo scopo di ridurre il condizionamento della scelta del lavoro, favorendo in maniera tale la qualità dello stesso.
Vogliamo altresì promuovere le condizioni necessarie che rendono effettivo sia il diritto al lavoro sia quello alla formazione, attraverso strumenti finalizzati al sostegno economico e all’inserimento sociale di tutti quei soggetti che sono a rischio di emarginazione nel mondo del lavoro e, più in generale, nella società.
L’Unione Europea già nei primi anni Novanta, con la raccomandazione 92/441 CEE, stabilì criteri comuni, anche se molto generici, in relazione a “risorse e prestazioni sufficienti nei sistemi di protezione sociale”. Venne chiesto agli Stati membri di riconoscere, “nell’ambito di un dispositivo globale e coerente di lotta all’emarginazione sociale, il diritto fondamentale della persona a risorse e a prestazioni sufficienti per vivere conformemente alla dignità umana”, e di dare accesso a tale diritto senza limiti temporali e di stabilire una quantità di risorse sufficienti in tale proposito.
Un principio ribadito con la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (2000/C 364/01) che all’art. 34 stabilisce che: “L’Unione riconosce e rispetta il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali che assicurano protezione in caso di maternità, malattia, infortunio sul lavoro, dipendenza o vecchiaia, oltre che in caso di perdita del posto di lavoro, secondo le modalità stabilite dal diritto comunitario e le legislazioni e prassi nazionali”. In virtù, quindi, di quanto stabilito dalla Carta di Nizza e in attuazione dei principi emanati il reddito minimo deve essere considerato con un diritto sociale fondamentale, destinato a svolgere lo strumento di protezione della dignità della persona e della sua possibilità di partecipare pienamente alla vita sociale, culturale e politica.
Anche con la Strategia Europa 2020 la Commissione Europea ha ribadito il conseguimento dell’obiettivo di coesione economica, sociale e territoriale da ricercare all’interno dei Stati membri; difatti tra le cosiddette flagship initiatives (iniziative faro) ha inserito quella della Crescita Solidale da raggiungere mediante due iniziative prioritarie: l’agenda per nuove competenze e nuovi lavori e la piattaforma europea contro la povertà e l’esclusione sociale. Quest’ultima ha come obiettivi: sostenere economicamente le persone, aiutandole a integrarsi nelle comunità in cui vivono; ottenere una formazione; trovare un lavoro e avere un accesso alle prestazione sociali.
Al momento, tra i 28 Stati facenti parte dell’Unione Europea troviamo che la mancanza di un reddito di base è una circostanza riscontrabile solamente in Italia, Grecia e Ungheria; In Italia si riscontra quindi un ritardo e un vuoto legislativo non più procrastinabile, soprattutto in considerazione degli effetti della crisi economica, confermati dall’ultimo rapporto Eurostat che ha evidenziato un valore del 28,4% delle persone a rischio di esclusione sociale, in pratica più di una persona su quattro è a rischio povertà. Nel nostro paese l’unico esempio positivo, e che dovrebbero essere preso a modello sia a livello nazionale che a livello regionale, è quello del Lazio, che con Legge Regionale 20 marzo 2009 n. 4 ha istituito il reddito minimo garantito.
La negatività degli ultimi dati statistici sulla condizione della nostra Regione – continua la nota – ci ha spinto a redigere questo testo normativo, anche per dare attuazione a quanto stabilito dalla Legge Regionale 6 maggio 2014 n. 13 (Riordino del sistema regionale integrato degli interventi e servizi sociali) che all’art. 49, comma 2, lettera c) include tra gli interventi e i servizi per le persone a rischio di esclusione sociale da mettere in atto anche quello del reddito minimo di cittadinanza.
Il rapporto di Bankitalia dello scorso giugno ha evidenziato come in Molise la soglia della disoccupazione è salita al 15,8% , e nel particolare quella giovanile è arrivata al 43,8% mentre il tasso di occupazione è al 47,4%; ancor più preoccupante il dato relativo alla soglia di povertà, che nella nostra Regione in base al rapporto Eurostat riguarda il 44,8% della popolazione.
Per questo riteniamo necessario attivare lo strumento del Reddito Minimo Garantito, così da promuovere e sostenere le politiche passive e attive per il lavoro e le politiche di protezione sociale, nel rispetto del succitato art. 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dei principi di cui agli artt. 2, 3, 4 e 38 della Costituzione.
I beneficiari dell’intervento sono disoccupati; inoccupati; lavoratori autonomi; lavoratori a tempo parziale; lavoratori precariamente occupati e lavori privi di retribuzione, soggiornanti nella Regione Molise da almeno 24 anni, in età non pensionabile e con un reddito annuo inferiore agli 8 mila euro. Il beneficio ha durata di un anno e può essere rinnovato nel caso in cui permangano le condizioni di accessibilità.
La volontà del dispositivo normativo – terminano i firmatari della proposta – è quella di realizzare due obiettivi: inclusione sociale e diritto al lavoro e alla formazione; si vuole altresì concretizzare una vera e propria azione di workfare, dove chi vuole usufruire di questa sostegno economico deve dichiararsi disponibile a trovare un’occupazione, ma deve anche impegnarsi a ricevere le proposte che gli verranno formulate dai Centri per l’Impiego”.