Ordine dei Giornalisti, il consigliere nazionale Vincenzo Cimino risponde a Di Tota, Petta e Luongo

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO DA VINCENZO CIMINO, CONSIGLIERE NAZIONALE DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI: RISPOSTA ALLA NOTA DI GIOVANNI DI TOTA

“Rispondo ai signori Di Tota, Petta e Luongo, illuminati consiglieri pro-tempore dell’Ordine del Molise, chiudendo non una polemica, ma un dibattito che ritengo utile e costruttivo.

Il Consiglio nazionale dell’Ordine, organo gerarchicamente superiore, ha stabilito le modalità per la revisione dell’albo nel 2013-14, con un provvedimento partito dalla commissione giuridica e fortemente ispirato da me. Tale procedimento, come giustamente sostenete voi, è stato dettato per unificarne le modalità, diverse da regione a regione; venti autonomie regionali che come in altri frangenti (iscrizione pubblicisti, praticantati, more e cancellazioni) sono tanto diverse da mettere i colleghi a volte nelle condizioni anche di fare ricorso al Nazionale o persino di indurli a cambiare residenza. Si procede pertanto con chi è a ridosso del 14mo e 13.mo anno di iscrizione all’Ordine, si estende subito ai morosi e a chi non adempie alla formazione.

È un primo passo. Una procedura avvalorata all’unanimità dalla Consulta dei presidenti e vice presidenti d’Italia e recepita subito anche dal Molise. O mi sbaglio?

Questa procedura, se recepita, va applicata e, quindi, è norma vincolante, depositata ed avvalorata dal ministero di Grazia e Giustizia. O mi sbaglio?

La legge 69/’63 ed il regolamento del ‘65, come ben affermate, presenta dei parametri ora non più di facile attuazione, tanto che migliaia di sentenze ne hanno sradicato la portata legis.

Pronunce che fanno giurisprudenza e che non possono essere disattese. Senza quelle sentenze, molti pubblicisti sarebbero ancora tali, molti pubblicisti non avrebbero potuto dirigere testate, molti pubblicisti avrebbero continuato a subire discriminazioni anche previdenzialmente, per colpe non addebitabili a loro, migliaia di professionisti non sarebbero più tali e tantissimi pubblicisti e professionisti sarebbero stati cancellati. Grazie ai magistrati della Corte Costituzionale, della Cassazione, dei tribunali del lavoro, alle Corti d’appello, grazie ai pretori, al Consiglio nazionale ed all’Ordine del Molise, molti pubblicisti sono diventati professionisti, con la deroga all’art. 34 con sentenza del 1999, con il ricongiungimento, con il praticantato d’ufficio avviato dal prof. Franco Abruzzo (interpretazione estensiva dell’art. 36 del CCNL). Con il praticantato free lance, le scuole di giornalismo, molti pubblicisti hanno raggiunto il traguardo dell’esame di stato, appannaggio soltanto degli editori. Purtroppo è così, la legge che tanto citate stabilisce che siano gli editori a scegliere col praticantato, chi diventa professionista e non le singole capacità e desideri dei colleghi. O mi sbaglio?

Contro tale situazione il Cnog ha approvato la riforma della professione, l’atto è al vaglio del Ministero da qualche mese e voi cosa chiedete, di applicare una legge tassativamente quando a Roma l’abbiamo rivoltata?

Complimenti, siete davvero fantastici: per anni, cari Di Tota, Luongo e Petta, siete stati iscritti nell’Ordine del Lazio, come me del resto. Avete mai subito una revisione dell’albo? Però allora non vi siete posti il problema. O mi sbaglio?

Andiamo avanti. Molti professionisti hanno ottenuto delle deroghe anche sulla esclusività, non solo dal Cnog ma anche dalla Corte. Grazie ad altre sentenze sono diventati giornalisti pubblicisti e professionisti, i grafici, i tco, i fotografi, i vignettisti: se fossimo rimasti ancorati a quella legge, il mercato sarebbe fermo, vista anche l’avanzata della tecnologia e dei mezzi di comunicazione. Grazie a circa 2000 sentenze ed all’immane lavoro dei Consiglieri nazionali dell’Ordine, molti pubblicisti ora hanno ottenuto la legittima rivendicazione di decenni di umiliazioni, rospi ingoiati e torti subiti. Nel Molise, ispiratore del praticantato per i direttori fu il primo presidente Feole, e tanti, forse proprio chi si scalda, è diventato professionista senza i necessari 4 professionisti assunti.

Lui come mariti, mogli, figli, cugini… cumpar e cumpariell..si dice a Campobasso.

Se fossimo rimasti del Lazio, questi praticantati, legittimi, si sarebbero ottenuti? Memoria corta? O mi sbaglio?

Forse in Molise chiede il rispetto delle regole (o spinge gli altri a farlo) proprio chi farebbe bene a farsi un esame di coscienza, rendendosi conto che chi è in difficoltà va aiutato, altro che revisione, espulsioni, purghe e more.

Chi chiede la revisione, lo fa solo ora, come se poi all’Ordine regionale non ci sieda da anni! O mi sbaglio?

Pertanto, a mio avviso, l’Ordine del Molise ha rispettato le norme in questa consiliatura, adeguandosi alle procedure impartite da Roma; l’Ordine del Molise è come tutti gli Ordini sotto la vigilanza ministeriale che non mi pare abbia accertato sanzioni, avviato ispezioni… quindi le vostre idee, pur comprensibili, sfociano in una situazione giuridica e di mercato difficilmente attuabili nel concreto. Però, per carità, qualora riteniate sussistano delle omissioni, esiste una strada a Campobasso, si chiama viale Elena: lì insiste una struttura a 3 piani, andrete e sarete ascoltati. Già di recente qualcuno di voi ha assaggiato il sapore delle sentenze amministrative, per ben due volte.

Poi, in ultimo, ci sono le elezioni all’Ordine. Chiedete all’elettorato dei giornalisti molisani il voto per procedere tassativamente alla revisione. Sarete sicuramente apprezzati e votati. Io sarò il primo a togliervi quella preferenza che vi ho dato. Quando sarà avviata come dite voi, prendetevi cura di istruire le pratiche, dividetevele e vi renderete conto della complessità e del tempo occorrente. Facendo due calcoli, sarebbero 200 pratiche a testa per ognuno di voi: ci vogliono almeno 5 anni,10 consigli monotematici l’anno e circa 400 audizioni sempre per ognuno di voi, una stanza per i documenti, un avvocato part time ed un consulente fiscale, per i ricorsi e i danni che chiederanno i cancellati.

In pratica trasferitevi con il lettino in via XXIV maggio e passate i successivi dieci anni in tribunale per i ricorsi. O mi sbaglio?

Poi aggiungetevi il costo economico di uno sforzo simile (spedite per ben 4 volte 600 raccomandate ai colleghi) e vedete se sussiste una copertura di bilancio nelle magre casse ordinistiche (scarse 15 mila euro solo di a/r).

Dico questo non per scoraggiarvi, ma perché l’Ordine del Molise non ha personale dipendente formato a tal riguardo. Io se fossi in voi, penserei che i problemi della categoria sono ben altri che la revisione, o la presenza di uno o più colleghi in un albo. Colleghi che poi non vedo che fastidio diano. Ad ogni modo, in ordine alle altre questioni da voi sollevate, è giusto che risponda chi di dovere”.

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