Al centro della ricerca c’è il gene che codifica la proteina BPIFB4, la cui funzione era ignota se non per proteine della stessa famiglia coinvolte nelle difese immunitarie, in particolare nell’azione contro i batteri a livello di naso, bocca e polmoni. Ma, secondo lo studio appena pubblicato, la BPIFB4 è implicata anche nel mantenimento dell’efficienza dei vasi sanguigni, e qui entrano in gioco le differenze genetiche tra centenari e persone “normali”. “Abbiamo confrontato – spiega Annibale Puca, professore nell’Università di Salerno presso MultiMedica – il DNA di tre gruppi di persone particolarmente longeve (nel Cilento, in Germania e negli Stati Uniti, per un totale di tremila individui) con un gruppo di controllo composto da duemila persone giovani. E abbiamo visto che nei centenari prevaleva una particolare variante del gene BPIFB4, da noi denominata LAV (longevity associated variant)”.
A questo punto le ricerche sono passate a valutare l’azione della specifica variante genetica, tecnicamente definita anche “polimorfismo”. “Usando sia modelli sperimentali in vitro che in vivo, – spiega Carmine Vecchione, professore nell’Università di Salerno al Neuromed di Pozzilli – si è visto come l’inserimento del gene LAV-BPIFB4 attivava una serie di funzioni, in particolare l’enzima eNOS, responsabile della produzione dell’ossido nitrico, la più importante molecola protettiva della funzione vascolare. Bisogna ricordare, al riguardo, che una alterazione della funzione vascolare, tipica dell’età avanzata, è correlata a diverse patologie, soprattutto quelle cardiovascolari come infarto, ictus e ipertensione, ma anche metaboliche e neurologiche”.
Inoltre, gli effetti osservati si sono tradotti anche in vere prospettive terapeutiche. Il trattamento con il gene LAV-BPIFB4 su topi anziani ha effettivamente riportato alla normalità la loro funzione vascolare, mentre su animali affetti da ipertensione ha normalizzato la pressione sanguigna. Infine, in modelli sperimentali di interruzione del flusso sanguigno (ischemia), si è visto che il trattamento portava ad una migliore riparazione dei vasi colpiti e ad un potenziamento dell’angiogenesi, il processo alla base dello sviluppo di nuovi vasi sanguigni. In questo modo i danni derivati dal blocco dell’afflusso di sangue venivano limitati.
La proteina LAV-BPIFB4 è quindi da oggi sotto i riflettori, come sottolineano Annibale Puca e Carmine Vecchione, “questa scoperta apre nuovi scenari nella cura e prevenzione delle malattie cardiovascolari, candidando questa proteina come un nuova prospettiva terapeutica mirata a proteggere il benessere cardiovascolare ed allungare la durata della vita”.