“Ho sempre sostenuto, e sostengo, che per intraprendere una strategia che sia vincente bisogna conoscere di che cosa si sta parlando e quale deve essere l’obiettivo. Quindi, nessuna strategia sarà utile al territorio e alle tante persone che, finora, hanno resistito in queste aree desertificate demograficamente, economicamente e socialmente se non si basa sulla conoscenza dei luoghi, le loro anime e chi li abita”. A dirlo è Nicola Messere, che ha ricoperto il ruolo di sindaco di Molise e anche quello da presidente della Comunità Montana Molise Centrale per circa tre anni, nonchè consigliere Anci.
Messere fa il punto sull’importanza di ripensare le aree interne in modo strategico. Saranno loro a salvare il Paese, ma chiama anche a raccolta istituzioni e operatori economici per una maggiore condivisione di strategie.
“Il nostro Pelpaese – prosegue Messere – è caratterizzato da borghi incantevoli che, per molti anni, sono stati abbandonati a favore di città e metropoli; verso quella ricerca di turismo di massa e cultura che ha ‘massimizzato’ si a volte il risultato ma che ha, però, indebolito l’identità, la storia, le tradizione e la cultura del nostro patrimonio materiale e immateriale delle aree più interne, nascoste e isolate. E’ da quando ho avuto l’onore di fare il sindaco nel mio piccolo paesello Molise, si Molise come il nome della Regione, che non perdo occasione per rivendicare la potenzialità delle aree interne se, ovviamente, ben organizzate e assistite politicamente, tecnologicamente, urbanisticamente ed economicamente.
Anche quando ho svolto, per circa tre anni, il ruolo di Presidente della Comunità Montana Molise Centrale, mi sono sempre impegnato a che si mantenesse accesa la fiammella della speranza di permanenza in vita delle aree interne e dei magnifici borghi disseminati sul territorio molisano.
Pensiero che si è rafforzato sempre di più anche nell’ANCI avendo fatto il consigliere nazionale per un mandato.
Ora, visto anche quello che è successo con l’emergenza sanitaria Covid – 19 e che, probabilmente non è detto non accadrà più, è il momento giusto per una grande battaglia ‘comune’ istituzioni, cittadini e operatori economici, a favore di queste aree che potranno così tornare ad essere fulcro di socialità, convivenza civile, buone relazioni Umane ma anche fonte di ricchezza. Certo, non bastano decreti, ci vogliono investimenti, strategie e innovazione in ogni settore a favore di questi territori”.
“Nel Piano per il Sud, e – ricorda Messere – anche negli ultimi Decreti a seguito della pandemia questa volta, le risorse ci sono, non sciupiamo questa occasione. Esistono paesi di cui non si occupa più nessuno, che giorno dopo giorno si svuotano lasciando intravedere porte e finestre sbarrate. Dov’è finita tutta l’umanità che li abitava? Questo si chiedeva a “Che ci faccio qui”, di Domenico Iannacone (anche lui per metà di Torella del Sannio e per metà di Frosolone) Franco Arminio, il poeta-paesologo. In questi anni il suo impegno lo ha reso un simbolo contro lo spopolamento e l’abbandono di tante piccole comunità, mentre l’amore di Domenico Iannacone per la sua terra è noto a tutti.
Un viaggio per far comprendere che anche la parola di un poeta può far rivivere quei luoghi, io aggiungo anche dei folli come me che ci hanno sempre creduto e ci continuano a credere.
Sono nato a Torella del Sannio (circa 700 anime), ho vissuto con i mie genitori fino agli anni 70 a Molise (paese di mia madre meno di 200 anime), ho trascorso la mia “effervescente” infanzia girovagando per i comuni di Duronia, Castropignano, Bagnoli, Salcito, Pietracupa, Frosolone, Casalciprano, Fossalto, insomma tutti paese di una spettacolare area interna del Medio Molise pregna di storia, arte, tradizione, cultura ma soprattutto abitata da fantastiche ‘Genti’.
Una delle cose che mi ha dato più fastidio di questa ‘quarantene’ è stata proprio la mancanza di questi luoghi, di non poterli raggiungere, di non poter respirare quell’aria quasi incontaminata e godere dei colori di una natura ancora degna del nome, ma soprattutto di non aver potuto incontrare quelle ‘Genti?.
Scusate la personale digressione, torniamo a parlare della potenzialità di questi territori: Ora è il momento di osare come osano le aquile.
Investimenti innovativi, cooperative di comunità, agricoltura tradizionale affiancata a nuove tecnologie agroalimentari, recupero edilizio dei manufatti (pubblici e privati) ridando, però, anima agli stessi, turismo esperienziale, una sanità sul territorio che abbandoni l’idea di sanità = ospedale, ripristino di infrastrutture viarie idonee e funzionali a queste aree abbandonando l’idea di grandi opere se non quelle di interesse strategico per l’aera stessa.
Per fare questo e per farlo bene in fretta c’è bisogno di una classe dirigente che ami il proprio territorio, che accetti la sfida, che abbia timore dei rimproveri dei cittadini ma che allo stesso tempa gioisca per i risultati positivi esultando insieme a loro quotidianamente per i risultati raggiunti, che non lasci nessuno indietro, che tenga conto del bene collettivo a scapito, evidentemente, di quelli personali che a volte sono delle vere e proprie miserie umane, insomma che mettano cuore, anima e passione in questa fida. Solo cosi potremo vincerla e ricompensare, con orgoglio giusto, quelle persone che hanno resistito nelle tenere accesa l’ultima fiammella, certo l’ultima, dopo di che la luce andrà via definitivamente”.
“Ho sempre inseguito sogni e sfide – conclude Messere – impossibili quindi non credo mi sottrarrò a questa se richiesto, nel mio partito e al di fuori di esso”.