“Una misura che va certamente nella direzione giusta e che consolida la tenuta del sistema finanziario e monetario dell’area euro. Ora però gli Stati membri facciano la loro parte, accelerando sulla strada delle riforme strutturali e riaprendo i rubinetti del credito alle imprese ”. Con queste parole Aldo Patriciello, europarlamentare di Forza Italia e membro del Gruppo Ppe, interviene sull’annuncio della Banca Centrale Europea del programma di quantitative easing esteso anche ai titoli di stato.
Il piano, annunciato dal governatore della Bce, Mario Draghi, e che prevede acquisti per 60 miliardi di euro al mese, partirà a marzo e proseguirà fino a settembre 2016 e comunque fino a quando l’inflazione non tornerà a livelli ritenuti coerenti con gli obiettivi della Bce.
“Siamo difronte ad una decisione senz’altro importante – ha spiegato Patriciello – che potrebbe influire positivamente sull’economia reale, arrestando la spirale deflattiva che soffoca i timidi tentativi di ripresa presenti nell’eurozona. Non bisogna, però, commettere l’errore di pensare che il quantitative easing possa rappresentare la panacea di tutti i mali: occorre insistere nel percorso di risanamento dei bilanci nazionali e continuare sul cammino delle riforme strutturali che sono indispensabili per l’Unione nel suo insieme. L’aumento controllato dell’inflazione ed una maggiore liquidità – ha aggiunto l’eurodeputato forzista – devono essere funzionali agli obiettivi comuni di rilancio delle nostre economie. Nessun assegno in bianco alle banche, ma più soldi per le nostre imprese, quindi. L’esempio statunitense ci dimostra come la sola leva monetaria non sia sufficiente a risolvere tutti i problemi se non è supportata da una strategia più ampia che comprenda altri aspetti egualmente importanti, primo fra tutti il rilancio della competitività delle nostre imprese. Tocca alle banche nazionali, dunque, stimolare la ripresa del nostro settore produttivo e concedere maggior credito alle aziende – ha concluso Patriciello -, specie in un periodo caratterizzato da bassi tassi d’interesse, dalla diminuzione del prezzo del petrolio e dall’indebolimento dell’euro: tutti fattori che, in questa fase, potrebbero contribuire alla ripresa delle esportazioni”.