Considerando il numero di patologie rare conosciute, nonostante la bassa frequenza per ciascuna di esse, si calcola che in Europa siano 30 milioni le persone affette. Un numero enorme di malati, sesso solitari, spesso senza conoscere nessuno che abbia lo stesso problema. Una sofferenza isolata, insomma.
E’ per questo che il tema dell’ottava edizione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare 2015, Vivere con una malattia rara, rende omaggio ai malati, alle famiglie e a chi presta loro assistenza sanitaria. Sono donne, uomini, bambini che affrontano ogni giorno la sfida di vivere, direttamente o indirettamente, con una patologia rara. Lo slogan Giorno per giorno, mano nella mano richiama la solidarietà tra le famiglie, i malati e le comunità.
Anche quest’anno l’Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed e la sua Fondazione promuovono, grazie alla stretta collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale e con la dirigenza del Liceo Scientifico Romita di Campobasso, un convegno sul tema con un approfondimento a cura del dottor Augusto Di Castelnuovo, ricercatore del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione Neuromed, dal titolo “Malattie Rare. Tristi orfanelle della Ricerca”. Il convegno si terrà sabato 28 presso l’Aula magna del Liceo Scientifico Romita, a partire dalle ore 11:00; oltre alla testimonianza di una famiglia, interverranno la Dirigente scolastica dell’Istituto, dottoressa Anna Gloria Carlini, e la dottoressa Maria Lucia Di Nunzio, Coordinatrice del Centro per le Malattie Rare dell’Ospedale Cardarelli. Un incontro che intende approfondire la conoscenza della malattie rare, i passi in avanti fatti dalla ricerca nello studio di tali patologie con coloro che sono detentori delle scelte future della nostra società, i giovani.
“Le malattie rare sono spesso su base genetica e si manifestano in età precoce. Le persone colpite nel complesso sono milioni, – dice Di Castelnuovo – ma gli individui colpiti da una specifica malattia rara sono pochi, a volte poche centinaia in tutto il mondo. Questo aspetto comporta da una parte una oggettiva difficoltà a studiare la malattia per mancanza di un numero sufficiente di casi clinici, e dall’altra riduce fortemente l’interesse delle industrie farmaceutiche ad investire nella ricerca di cure contro di esse. L’eventuale cura/farmaco avrebbe un mercato molto limitato, tale da non giustificare gli investimenti, tanto meno recuperarli. E così la malattie rare sono diventate le tristi ancelle della ricerca e della medicina”.
“E’ importante dare un contributo chiaro di informazione ai giovani ed ai cittadini tutti – commenta Mario Pietracupa, Presidente della Fondazione Neuromed – e soprattutto sollecitare affinché la ricerca venga finanziata non per elargire prebende ma per trovare soluzioni che migliorino le condizioni di vita dei cittadini, soprattutto per questi pazienti doppiamente sfortunati e che ripongono in noi fiducia. In un momento in cui ci si accapiglia sulla sanità con una visione ragionieristica, preoccupiamoci dei problemi reali delle persone, delle cure e dei servizi essenziali da garantire. Migliorare l’assistenza in questa direzione significa puntare sulla ricerca e sull’eccellenza delle prestazioni perché è l’unica strada per dare risposte in futuro. Noi crediamo che questa missione, nel rispetto della gente”.
Un’attività di divulgazione scientifica quella promossa dall’I.R.C.C.S. Neuromed che parte dal laboratorio, dove i ricercatori studiano quotidianamente nuovi approcci alle patologie neurodegenerative e, in questo caso particolare, alle malattie rare. “La natura complessa delle malattie rare, oltre a determinare un accesso limitato alle cure e un investimento inferiore in ricerca, – spiega il professor Ferdinando Squitieri, direttore dell’Unità di Neurogenetica e Malattie Rare dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli – ha come conseguenza che familiari e amici siano la fonte primaria non solo di sostegno ma anche di reperimento di informazioni. Naturalmente, non è facile per i non addetti ai lavori capire cosa il contenuto di un articolo scientifico significhi concretamente in termini di possibilità di guarigione per la propria malattia. Ecco perché noi ricercatori, gli Istituti e le Fondazioni che promuovono la ricerca (come il Neuromed e, per altri versi, la Fondazione LIRH onlus) abbiamo il dovere di divulgare correttamente, chiaramente e tempestivamente i risultati della ricerca, anche quando essi sono negativi e di farlo in una maniera eticamente corretta, ovvero senza dare false speranze ma, allo stesso tempo, senza far mai perdere la fiducia nel progresso della ricerca”.
È di questi giorni la notizia dell’ultima ricerca portata avanti da Ferdinando Squitieri; uno studio epidemiologico, tra i pochi al mondo sulla malattia di Huntington eseguiti su una popolazione caratterizzata sul piano genetico, che fornisce una stima del numero di casi di malattia di Huntington in Italia dopo la scoperta del gene, avvenuta 22 anni fa. La ricerca è statacondotta con riferimento alla regione Molise, punto di osservazione privilegiato in quanto è un territorio poco esteso e dunque bencircoscritto, il centro specializzato sulla malattia di Huntington è uno solo e ben noto e infine un’unicastruttura inserisce dati nel registro malattie neurologiche rare. Ne è risultata una prevalenza di 10,85 persone affette da una patologia rara per 100.000 abitanti, estremamente superiore alla stima precedente. Non solo. Dall’indagine è emersa anche una proiezione per il futuro: è verosimile attendersi un aumento di un ulteriore 17% di malati – rispetto ai circa 6.500 stimati attualmente in Italia – entro il 2030, per via dell’allungamento della vita media nella popolazione italiana. Questi dati, probabilmente ancora sottostimati, sono stati pubblicati sulla rivista scientifica ‘Clinical Genetics’ e si pongono come un punto di riferimento nell’epidemiologia della Malattia di Huntington. Al tempo stesso forniscono un importante spunto di riflessione alle Istituzioni del nostro paese preposte a garantire l’assistenza e ad incentivare la ricerca scientifica per tutte quelle patologie, come l’Huntington, per le quali ancora non è stata trovata una cura risolutiva.