Gioco e psicologia camminano di pari passo: lo dice la scienza

Non è più corretto parlare di gioco come di un passatempo. Soprattutto dopo i recenti fatti che hanno interessato tutto il mondo, più o meno a cominciare dalla fine del 2019. Da anni ormai il gioco ha preso piede nella mentalità comune delle società, uscendo fuori anche da qualche stereotipo di troppo che in contesti come l’Italia avevano relegato l’intero mondo del gioco a fenomeno da stigmatizzare e censurare. L’accusa, storica quanto falsa, era quella del gioco come mezzo di alienazione. Poi si è capito che non è così, e che il giocatore, o gamer, alla fine può arrivare anche a fare della sua passione un lavoro. Tempi che cambiano, anche grazie ai recenti fatti legati alla pandemia da Covid-19. Con il massiccio spostamento della vita dai luoghi fisici a quelli online, anche il gioco ne ha beneficiato, con un considerevole aumento di utenti e di ore spese a videogiocare, come testimoniano i dati resi noti da tech.everyeye.it

Dalle classiche piattaforme di gioco alle slot machine online, ne ha beneficiato tutto il settore. “L’attenzione è cominciata ad aumentare quanto più si è capito che il gioco non è solo svago o intrattenimento, ma una questione psicologica”, ci spiegano gli esperti del nuovo portale specializzato Nonsoloaams.net. “Nel momento in cui si decide di giocare entra in campo il cervello e la psicologia è dunque da sempre collegata a stretto braccio a tutte quelle dinamiche che interessano il motore del funzionamento umano. Al punto che oggi molti aspetti della psicologia classica entrano nei videogiochi. Dove si fondono sia la psicologia cognitiva sia le neuroscienze, la psicologia positiva fino a coinvolgere la psicologia della personalità, quella sociale e clinica”.

La psicologica cognitiva, coadiuvata dalle neuroscienze, è ormai fondamentale per progettare l’esperienza del videogioco, al punto che si parla di User Experience. Quando si progetta un titolo, difatti, operatori e sviluppatori devono interessarsi alla capacità di percezione, di attenzione e di memoria. Il tutto pur di rendere fluida, funzionale, gradevole e trasparente l’esperienza del giocatore”, concludono gli analisti di Nonsoloaaams.

Un ramo della psicologia, quella positiva, va infine a dare contributi sulla motivazione, rispondendo a domande semplici che risposte non ne hanno mai avute: perché videogiochiamo e perché proprio un determinato genere? Risposte che possono essere comprese solo se si coinvolge la psicologia della personalità: tra la motivazione di un videogiocatore e la propria personalità esistono delle strette correlazioni. Insomma, in una sola parola, si gioca ad un titolo in base alla personalità che si ha. Al di là della tipologia di gioco, la psicologia è alla base della scelta stessa di giocare. Il tutto suggellato dall’esperienza, che per un videogiocatore resta veramente l’unica cosa che forse davvero conta.

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